Da A2A ci divide la visione di fondo

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La Lega – attraverso il vicesindaco della città Fabio Rolfi – la corteggia da tempo. Con l’intento, nemmeno troppo nascosto, di bilanciare meglio un asse oggi troppo spostato verso Cl e la grande finanza. Ma Lgh sembra intenzionata ad andare avanti per la sua strada, quella del radicamento sul territorio. A confermarlo è proprio l’amministratore delegato Fabrizio Scuri, che – in un’intervista esclusiva a bsnews.it – propone collaborazioni fattive ai cugini bresciani di A2A, ma sottolinea anche che il modello federativo scelto dalle utility di Rovato, Cremona, Pavia, Lodi e Crema (che formano la realtà di Lgh) è già abbastanza solido per reggere il confronto con il mercato.

DOMANDA – I rapporti tra A2A e Lgh, oggi, quali sono?

RISPOSTA – Di buon vicinato, direi. Non abbiamo relazioni particolari sul piano operativo, ma trovo positivo che si stia avviando una riflessione comune nell’area bresciana sul tema della gestione dell’acqua. Al momento, comunque, posso dire che non sono in corso colloqui su questioni più complessive.

D – E a Rolfi, che propone l’integrazione, che risponde?

R – Oggi mi sembra difficile. Perché per arrivare a quel risultato dovremmo prima riuscire a trovare una visione di fondo comune. La strada più percorribile, al momento, è quella di collaborazioni sui singoli business. In alcuni settori stabilire percorsi comuni è imprescindibile. Nel gas, ad esempio, anche le dimensioni di A2A sono troppo piccole per reggere la concorrenza europea.

D – Ma in questo quadro come può pensare la "piccola" Lgh di sopravvivere alla liberalizzazione dei mercati? Il vostro modello è autosufficiente?

R – Io credo di sì, non ci vedo a rischio. Ma ovviamente dipende dai settori in cui si sceglie di operare. Noi, ad esempio, abbiamo deciso di puntare sulla nicchia delle energie rinnovabili e dei servizi ai territori. Cose forse meno redditizie di altre, ma alla nostra portata. Poi è chiaro che in determinati campi non si può immaginare di agire da soli. Nel frattempo, però, noi stiamo cercando di rafforzarci anche su un altro fronte. Da luglio il nostro patrimonio è praticamente raddoppiato, crescendo di ben103 milioni di euro grazie al conferimento di asset da parte di alcuni nostri soci (Cogeme, Aem Cremona, Astem Lodi, ndr). Vogliamo continuare lungo questa linea e stiamo lavorando ad ulteriori conferimenti da Pavia e Crema.

D – Pensate anche a nuove aggregazioni? A quali realtà guardate con maggiore attenzione?

R – Posso dire che guardiamo con molto interesse al Veneto, una Regione che vede oggi un tessuto di utility molto frammentato, e alle altre multiutility lombarde non ancora aggregate in grandi soggetti.

D – Per competere sul mercato sono necessari gli investimenti. Come si può conciliare questa esigenza con quelle di tenere basse le tariffe e di garantire dividendi ai Comuni soci, due obiettivi prioritari per una realtà come la vostra? Anche il presidente di Cogeme Gianluca Delbarba (azionista di riferimento di Lgh, ndr), in uno degli ultimi interventi pubblici, ha messo in evidenza questa contrapposizione, lanciando un accorato appello ai Comuni soci…

R – La nostra sfida è proprio quella di conciliare le due diverse esigenze, riuscendo a rimanere sul mercato. Certo è che non è possibile massimizzare i dividendi senza compiere scelte drastiche. Ad esempio noi manteniamo sportelli in tutte le realtà territoriali, mentre le realtà maggiori li hanno sostituiti spesso con call center in affitto per ridurre i costi. Ma questa non la nostra filosofia. Noi vogliamo essere attenti anche al tema della qualità del lavoro e porre un argine al fenomeno dilagante della precarizzazione, che anche nel nostro settore si sta facendo sempre più pesante.

D – Ma Lgh si sente minacciata da un quadro normativo che sembra spingere sempre più il pubblico ad allontanarsi dalle utility?

R – Siamo preoccupati dalla confusione normativa che ad esempio nel settore della raccolta rifiuti sta creando situazioni paradossali, mentre nella distribuzione gas il ministero e l’autority hanno svolto un buon lavoro. Parteciperemo fiduciosi alle gare sui nostri territori nei vari servizi con l’idea che è sicuramente importante il prezzo ma anche la qualità del servizio.

D – Un’ultima domanda. In questo periodo, in Italia, si fa un gran parlare di nucleare. E anche A2A ha manifestato il suo interesse. Voi che ne pensate?

R – L’Italia produce oggi un quantitativo di energia sufficiente per il proprio fabbisogno, infatti ad esempio un buon numero di centrali nei weekend è spento. Il nucleare non serve quindi per la quantità di energia generata, ma può avere senso per diversificare le fonti di produzione, riducendo la dipendenza da altri Paesi.E’ chiaro che le rinnovabili non bastano a raggiungere questo obiettivo.

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1 COMMENT

  1. Scuri ben dice…….. A2A ha perso qualsiasi legame con la città a causa della visione miope di chi ha fatto la fusione e la Lega arriva tardi…………. Tocca a Brescia dire se c\’è spazio per tornare indietro….

  2. Che il mercato sia troppo grande per tutti pare chiaro: per questo le due società devono assolutamente trovare un modo per collaborare, perché Brescia è troppo piccola per fare posto a tutti. Ma il vero nodo è quello delle tante società locali: cosa aspettano Palazzolo, Travagliato e il Garda a smetterla con i campanilismi inutili e dannosi? Di questo dovremmo parlare.

  3. Non hanno futuro sul mercato della concorrenza e lo affermano loro dicendo che mancando il gas, che è fondamentale, l\’unica via è la marginalità e la nicchia tutelata dalla politica locale. Scuri va oltre e dice che è Cogeme la meglio strutturata ed i problemi sono di A2A con la quale solo poche cose bisogna fare per non morire insieme.
    L\’idea leghista della grande municipalizzata lombarda è praticamente già a pezzi prima di partire a discutere…
    Cosa fare? e questo vale soprattutto per A2A: acquisire la maggioranza di Edison che di gas ne ha in abbondanza e non lasciarla ai francesi, e per avere liquidità necessaria, mollare sia il pericoloso Montanegro e il girone infernale di Acerra e dei Termodistruttori. E poi il resto verrà di conseguenza anche se bisognerà fare una politica di pochi dividendi e maggiori investimenti e tariffe più basse: di queste ultime ne ha bisogna anche la carissima Franciacorta.

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