Il monologo “Gleno, 1 dicembre 1923”

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    88 anni dopo rivive il dramma della diga che cancellò Val di Scalve e Valle Camonica.

    Piana del Gleno, 1500 mslm, 6 agosto 2011 ore 9:30.

    Il 6 agosto nella piana del Gleno si svolgerà l’evento più importante dell’estate 2011 per il territorio della Val di Scalve. In quella data, ai 1500 metri che sovrastano l’abitato di Bueggio, Emanuele Turelli racconterà il suo monologo “Gleno, 1 dicembre 1923”. Particolarità della giornata: l’evento si svolgerà alle 9.30 del mattino. Insieme a Turelli, durante il monologo, ci sarà la band “The Prismas” e il cantautore Tiziano Incani (in arte “Il Bepi”) che accompagneranno il monologo eseguendo le colonne sonore scritte da Claudio Cominardi ed eseguendo lo struggente brano “Gleno” che ha dato il titolo al penultimo e particolarmente fortunato Cd del Bepi. L’evento si svolgerà proprio a due passi dalla diga che, nel 1923 crollò seminando distruzione e morte (le vittime accertate furono oltre 500) in Val di Scalve e Valle Camonica. Un ferita ancora aperta per i luoghi dove il dramma si consumò come dimostra l’interesse verso il lavoro di Turelli, giornalista bresciano, già firma del Corriere della Sera e autore di fortunati monologhi verità. L’evento è promosso da un gruppo di enti: la Comunità montana di Scalve, il Bim dell’Oglio, il Parco delle Orobie, i comuni di Vilminore, Schilpario, Colere e Azzone, la Fondazione della Comunità Bergamasca, Enel Green Power (che nell’occasione inaugurerà anche il nuovo impianto idroelettrico del Gleno, con una grande valenza anche simbolica oltre che industriale) e alcuni sponsor privati. Un notevole dispiego di forze per assicurare all’evento la miglior riuscita possibile.

    Il monologo tratta della storia del Gleno, diga di sbarramento costruita in alta Val di Scalve e crollata, appena terminata la costruzione, il primo dicembre del 1923. Il crollo arrivò dopo una sola giornata di pieno regime della diga, portata alla massima altezza il 30 novembre del 1923. E’ una vicenda che si tramanda di generazione in generazione e che vede ancora vivente qualche reduce. La ricostruzione di Turelli prende spunto da una sua inchiesta pubblicata su “Il Corriere della Sera” nel 2003 (Premio della giuria al concorso internazionale di giornalismo di montagna) e si sviluppa in un coinvolgente monologo che racconta alcuni tratti salienti della storia. Partendo dalle vicende che portarono la fraternità Viganò a edificare la diga del Gleno per poter sfruttare la corrente prodotta nei propri cotonifici, evidenziando i difetti di edificazione e gli sbagli di progettazione che portarono alla costruzione di un’opera ad alto rischio di crollo, narrando la cronologia della triste vicenda, concentrata negli ultimi giorni prima del disastro, raccontando infine il crollo e la distruzione della Val di Scalve e della Valle Camonica, con un ultimo parallelismo alla tragedia del Vajont, avvenuta esattamente 40 anni dopo quella del Gleno, ma simile ad essa per alcuni presupposti. Della lunghezza di un’ora abbondante, il monologo, nella sua versione originale è intervallato da tre spezzoni filmati curati dal regista Ulderico Fenaroli (che ha firmato con Turelli il successo “Il coraggio di Vivere”) ma per la rappresentazione alla diga, al posto degli spezzoni filmati, verrà eseguito, suddiviso in tre tronconi, il brano “Gleno” scritto da Tiziano Incani, in arte “Il Bepi” che eseguirà personalmente l’accompagnamento musicale al fianco di Turelli. Le colonne sonore originali, che verranno eseguite dai Prismas (band de “il Bepi”) sono state composte e arrangiate da Claudio Cominardi. Il monologo “Gleno, 1 dicembre 1923” intreccia tre storie umane per costruire il racconto del crollo. La storia di Virgilio Viganò, giovane imprenditore milanese e padre/padrone della diga. La ditta che rappresentava (la “Fraternità Viganò”) possedeva cotonifici e centrali di produzione dell’energia elettrica. Ottenne la concessione di sfruttamento dell’acqua ai piedi del Gleno nel 1916 e iniziò a costruire il muro di sbarramento nel 1917. Morì a soli 46 anni nel giugno del 1928. Francesco Morzenti, guardiano della diga dal novembre del 1921 al momento del crollo, era nato a Oltrepovo nel 1888. Cavaliere di Vittorio Veneto, fece di tutto per segnalare le continue perdite nello sbarramento ed evitare la tragedia. La mattina dell’1 dicembre si salvò per miracolo riuscendo a aggirare il crollo. Fu il testimone chiave del processo. Giuseppe Bazzana, amico di Francesco Morzenti, guardiano della centrale di smistamento dell’energia elettrica sul lago d’Iseo. Era il bisnonno di Emanuele Turelli e dai racconti di famiglia il giornalista bresciano ha preso lo spunto per la creazione del monologo. Pochi minuti prima del crollo della diga Morzenti telefonò a Bazzana per confidargli tutta la sua preoccupazione.

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