Mille sfaccettature di uno stesso quadro (Zona Stazione)

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di Bruno Forza – Ogni stazione è un attendibile termometro sociale cittadino, luogo capace di connettere il passato al presente sulla linea dei binari, che ci consentono di accostarci ai racconti dei nonni e al genio di scrittori e poeti, che osservando locomotive e viaggiatori hanno tratto l’ispirazione per opere memorabili fissate su carta e su tela. L’arte ha raccontato nei più svariati stili l’essenza ferroviaria e umana di periodi differenti. Lo ha fatto regalando all’umanità tasselli profondamente diversi tra loro, ma assolutamente fedeli a ciò che in ogni epoca – compresa la nostra – si può vivere passeggiando in stazione e nei suoi dintorni. La vena romantica di Monet, le visioni futuriste di Carrà, Boccioni e Severini, l’assenza immobile di De Chirico provengono da universi lontanissimi che raccontano la stessa storia, quella che ancora oggi possiamo leggere nella nostra Brescia, là dove i treni sfrecciano incuranti dei contrasti profondi di una società spezzettata nei ritmi, nei volti e nei colori. Quelli del giorno e quelli della notte. La stazione di Brescia è il luogo più camaleontico della città. Al mattino e di pomeriggio è un’area che brulica di vita. Studenti, lavoratori, viaggiatori e nullafacenti conferiscono dinamismo a una zona che si è trasformata in un ombelico del mondo confusionario. Le ripercussioni sono state negative. Via Togni ne è l’esempio: una via-ghetto degna dell’appellativo di China-street, con insegne in zhongwen (la lingua scritta cinese) dappertutto. I commercianti orientali della zona hanno poca voglia di parlare, anche per le difficoltà con la lingua italiana. Sono stati capaci di creare una vera e propria rete “made in Pechino”, come testimoniano gli incomprensibili annunci appesi ai muri. Loro, tuttavia, sono estremamente impegnati, mentre nel piazzale della stazione ci sono veri e propri crocchi di africani e mediorientali che trascorrono ore e ore all’ombra delle piante che abbelliscono un’area rinata dal punto di vista estetico, ma che continua ad essere afflitta da due piaghe profonde: gli scippi e lo spaccio. La decisione di intensificare la presenza delle forze dell’ordine, sostenute dagli alpini, funziona soprattutto come deterrente finché il sole è alto, ma residenti e commercianti lamentano una situazione insostenibile dopo il tramonto. In effetti di sera tutto si trasforma. La vivacità giornaliera diventa staticità notturna. Qualcuno cerca un posto sicuro dove riposare negli angoli della stazione e gli occhi vispi dei protagonisti dell’andirivieni diurno si trasformano negli sguardi persi di chi avrebbe molto da dire, ma è troppo solo per farlo. Vigili, soldati e poliziotti si vedono più raramente mentre i crocchi giornalieri dimostrano di avere radici profonde. I loro componenti, con il calare delle tenebre, si fanno promotori di commerci illeciti. Le serrande di bar e negozi si abbassano presto e resta aperto solo qualche “kebabbaro”, mentre in lontananza risuonano i rumori del traffico di via XX Settembre e il vociare dei giovani che animano il Lio Bar fino alle prime luci dell’alba, quando i quadri della mostra che abbiamo visitato iniziano a cambiare nuovamente il loro volto.

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