Nuovi vincoli per la discarica di via Brocchi. Il Comitato antinocività: non basta

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Con una nota il Comitato spontaneo contro le nocività torna a intervenire sulla discarica d’amianto di via Brocchi ribadendo la sua contrarietà e sottolinea che la Regione, ha imposto alla ditta realizzatrice nuovi vincoli per quanto riguarda lo spessore dello stato drenante. Ma attacca il Pirellone: “Perché”, si legge, “la Regione Lombardia interviene e ferma i lavori solo sulla base di obiezioni facilmente superabili dall’imprenditore?”.

ECCO IL TESTO DEL COMUNICATO

Da una comunicazione inviata dalla Prefettura di Brescia all’Avv. Pietro Garbarino, l’avvocato che ha seguito i vari ricorsi presentati contro la realizzazione della discarica di amianto di via Brocchi a San Polo, apprendiamo che la Regione Lombardia “di seguito alla comunicazione della ditta Profacta di approntamento della discarica – datata 16.5.2012 -, ha comunicato che la ditta esecutrice dei lavori dovrà provvedere, in talune aree, all’innalzamento di 5 centimetri dello strato drenante che sarà così uniformato ad uno spessore di 35 centimetri. La Regione Lombardia ha, altresì, subordinato il rilascio del nullaosta all’inizio delle operazioni di smaltimento all’interno della discarica, ai sensi dellart. 9/3° co del D.to L.vo n. 36/03, alla richiesta all’ARPA – da parte della ditta di un nuovo accertamento tecnico per verificare la conformità dello spessore dello strato drenante.”

Ancora una volta, dopo la duplice sospensione in via cautelare imposta dal TAR e la successiva imposizione da parte della Regione Lombardia del 21.11.2011 dell’innalzamento del fondo della discarica di 30 cm, l’area di Via Brocchi risulta inidonea ad accogliere i rifiuti per cui in data 10.02.2009 era stata autorizzata.

E ancora una volta risulta evidente quanto i dubbi da noi sollevati in numerose occasioni siano reali e supportati da elementi concreti: elementi che hanno condotto a questo ennesimo stop.

E’ da più di tre anni che il Comitato Spontaneo Contro le Nocività lotta contro la realizzazione di questo impianto che cozza contro tutte le più elementari regole di sicurezza, non solo per la distanza risicata dalla falda (che è stata riconosciuta in ben 2 occasioni) ma anche per l’infausta collocazione a ridosso delle abitazioni e all’interno di un’area destinata a diventare parco.

Alla luce di questo ennesimo riconoscimento della validità delle nostre ragioni ci domandiamo, oggi a maggior ragione, con quanta attenzione e con quali metri di giudizio i tecnici regionali preposti al rilascio dell’autorizzazione abbiano a suo tempo operato. Ci pare lecito chiederci se anche loro hanno analizzato gli stessi documenti che noi abbiamo più e più volte consultato con attenzione, muniti solo delle nostre limitate conoscenze, al fine di supplire alle mancanze dimostrate da chi, dotato di competenze molto più specifiche, non ha saputo vedere ciò che a noi pareva evidente.

Ma se nel febbraio 2009 è stata rilasciata un’Autorizzazione Integrata Ambientale nonostante il mancato rispetto dei limiti fissati per la distanza dalla falda, quali e quanti altri limiti non sono stati rispettati? Quali altri errori o omissioni sono nascosti fra le pieghe del progetto e della discarica ormai quasi completata?

Anche la magistratura, nel frattempo, sta indagando sugli atti e sui meccanismi che hanno condotto al rilascio di questa autorizzazione il cui iter burocratico ci è sempre parso troppo simile a quello della discarica di amianto di Cappella Cantone: discarica che è stata messa sotto sequestro in seguito all’arresto per tangenti del vicepresidente del consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani.

Mesi di presidio, assemblee pubbliche, manifestazioni, incontri con tecnici ed esperti, ricorsi, esposti, biciclettate, sciopero della fame … ecco alcuni degli strumenti che abbiamo utilizzato per informare e per ottenere attenzione ed ascolto; nello scorso mese di luglio il Consiglio Comunale si è espresso all’unanimità contro la realizzazione di questa discarica ed ha promesso iniziative per intervenire contro la sua realizzazione, ma ancora una volta l’impianto è stato fermato solo per un periodo limitato. Si chiede all’imprenditore di modificare ulteriormente il fondo della discarica, ignorando tuttavia che la destinazione finale di quell’area e la distanza minima dal centro abitato ne dovrebbero vietare la realizzazione.

A questo punto ci si pone un’ulteriore domanda: perché la Regione Lombardia interviene e ferma i lavori solo sulla base di obiezioni facilmente superabili dall’imprenditore e non sulle altre questioni che invece non possono in alcun modo essere superate così da mettere finalmente la parola fine sopra la discarica?

 

COMITATO SPONTANEO CONTRO LE NOCIVITA’

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