All’Università di Brescia 55.000 dollari per studiare la predisposizione alla schizofrenia

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La Brain & Behavior Research Foundation , organizzazione no profit statunitense impegnata ad alleviare la sofferenza causata dalla malattia mentale mediante la concessione di sussidi, ha concesso, nell’ambito del “NARSAD Young Investigator Grant 2013”, un finanziamento di ben 55.000 dollari ad un progetto biennale dell’Università degli Studi di Brescia per lo studio sui geni e la predisposizione alla schizofrenia utilizzando strategie genetiche innovative.

DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DEL COMUNICATO

“È un riconoscimento di grande livello per il nostro Ateneo quello della Brain & Behavior Research Foundation – afferma il prof. Maurizio Memo, Prorettore delegato al coordinamento delle attività di ricerca, internazionalizzazione e alta formazione – che dal 1987 ad oggi ha già assegnato più di 300 milioni di dollari attraverso oltre 4.500 borse NARSAD a più di 3.700 scienziati di tutto il mondo”.

Tutte le donazioni dell’istituto vengono erogate mediante borse di studio che agevolano continue scoperte nella comprensione delle cause e nel miglioramento dei trattamenti dei disturbi come la depressione, la schizofrenia, l’ansia, l’autismo, il bipolarismo, il deficit di attenzione-iperattività, lo stress post-traumatico e i disturbi ossessivo-compulsivi, sia nei bambini che negli adulti.

Il gruppo di ricerca, di cui fa parte la dott.ssa Chiara Magri del Dipartimento Medicina Molecolare e Traslazionale, vincitrice del contributo, valuterà quale sia il reale apporto di varianti di sequenza rare in omozigosi per lo sviluppo della schizofrenia, ossia di varianti presenti nel DNA in due copie identiche: una di origine paterna e l’altra di origine materna.

L’idea che questo particolare tipo di mutazione del DNA possa essere coinvolto nella patologia scaturisce dall’osservazione che alcuni pazienti affetti da schizofrenia hanno estese regioni del loro genoma in autozigosi. Le regioni in autozigosi sono zone in cui i due segmenti cromosomici, ereditati da ciascun genitore, sono identici per discendenza, cioè provengono dallo stesso antenato. Questa situazione, che si verifica normalmente quando i genitori sono imparentati fra loro, aumenta infatti il rischio che mutazioni rare potenzialmente patologiche vengano a trovarsi in una condizione di omozigosi. Per verificare tale ipotesi, l’intero genoma di pazienti schizofrenici con elevati livelli di autozigosità verrà sequenziato utilizzando la piattaforma per il sequenziamento di nuova generazione disponibile, grazie all’impegno del prof. Emilio Sacchetti, docente di Psichiatria al Dipartimento Scienze Cliniche e Sperimentali, e del prof. Massimo Gennarelli, docente di Genetica Medica al Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale. Il progetto permetterà di aggiungere informazioni completamente nuove alle conoscenze scientifiche in questo settore e di rispondere alle fondamentali domande biologiche e mediche circa la fisiopatologia, la causa e la prevenzione della malattia. A lungo termine, l’identificazione di geni-malattia e la valutazione delle loro funzioni fornirà nuovi traguardi terapeutici per l’industria farmaceutica. La scoperta genetica infatti rappresenta al momento una delle vie migliori per l’identificazione e lo sviluppo di nuovi trattamenti farmacologici.

 

 

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