“L’altra faccia della curva”: gli atalantini rivalutati da una tifosa bresciana

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“L’altra faccia della curva”. Così s’intitola il docu-film sugli ultrà dell’Atalanta girato dall’ex arbitro Milva Cerveni. Dura circa un’ora e documenta l’impegno sociale dei tifosi neroazzurri. Qualche biancoazzurro potrebbe offendersi: non solo Milva è una tifosa bresciana, ma anche la moglie di Diego Piccinelli, leader storico del gruppo Brescia 1911.

"È una via dimezzo tra un film e un documentario sui tifosi della Curva Nord dell’Atalanta e sul loro modo di intendere il tifo, fatto di solidarietà e di gesti concreti verso i più deboli – spiega la regista nelle pagine del Corsera edizione di Brescia – Con questo lavoro non intendiamo nascondere gli errori degli ultrà, che sono stati commessi e su questo non ci piove, solo abbiamo voluto approfondire quel lato meno noto, quello pulito, quello che non va sui giornali". E alla domanda: “Come la mettiamo con le rivalità tra bresciani e atalantini?” Milvia risponde: “Oggi il mondo ultrà è cambiato, molte battaglie sono divenute collettive, di sistema, ad esempio contro la tessera del tifoso o la repressione. La rivalità esiste ancora ed esisterà sempre, questo è chiaro, ma oggi gli ultrà sentono moltissimo il bisogno di fare fronte comune”.

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1 COMMENT

  1. Penso che ormai chi va a vedere il brescia non possa definirsi "amante del calcio" ma "amante disperato". Quei 4000 che ogni fine settimana seguono lo sterile spettacolo al rigamonti devono sorbirsi infiniti soprusi e sbarramenti che una persona normale potrebbe pensare che si sia arrivati alla follia pura! Sbarramenti vari, tornelli, code, difficoltà nel acquistare un biglietto e assurdità come il divieto di portare ombrello e accendini che è assurdo (l’acendino costa 1euro meno di una moneta da 50 che può entrare ma che a nessuno è mai venuto in mente di lanciare). Se ci si reca allo stadio si capisce subito l’inadeguatezza di chi deve studiare i fenomeni e legificare in tal caso. Oggi non ci sono più gli ultras che concepiscono la lotta come uno scontro frontale e fisico come elemento primario, ma le battaglie sono per un’appartenenza a dei valori e ad un luogo a cui si è legati da un amore viscerale. I valori sono antichi come la lealtà e il rispetto per chi non abbassa la testa davanti ai soprusi, il lavoro che nobilita e l’impegno sempre e comunque. Questa bandiera fa male a chi cerca ogni giorno di metterci un centremetrino di pisellino nelle natiche, perchè non riesce ad educarli, non riesce a fargli capire che devono stare zitti e al massimo protestare con i metodi canonici di protesta, sui programmi alla morfina che la nostra tv ci offre, dove si condivide il dispiacere ma poi la simpatica conduttrice riesce a smorzare i toni e facendo vedere un malato terminale, un cane ucciso o un politico di secondo piano troppo arraffone che viene sacrificato dai suoi pari per salvare gli altri che continueranno a mangiare a stocco, per farci incanalare il nostro disprezzo in una direzione controllata. Le curve sono ora l’unico posto poco controllato, perchè non difficilmente allineate alla politica, perchè storicamente contro il sistema, ed oggi che il sistema crolla da tutte le parti e mostra il suo enorme fallimento che si incattivisce ancor di più contro i "teppisti" dello stadio. Si siamo teppisti, se questo vuol dire andare contro all’assurdità di questo potere che rende tutto difficile, che svuota i valori, che crea paura e non da soluzioni solo per giustificare se stesso.

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