Contratto nazionale del lavoro, Astori (Aib): “Da alleggerire nelle norme e diversificare”

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Con un comunicato il vice presidente Relazioni Industriali di Aib, Fabio Astori, invita i sindacati a ripensare a se stessi e al variegato mondo del lavoro regolato dal contratto nazinale che oggi “deve divenire strumento agile e leggero nei contenuti normativi ed evolversi in una dimensione intercategoriale, assumendo le funzioni tradizionalmente svolte dagli accordi interconfederali”.

DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DEL COMUNICATO:

Nei giorni scorsi si sono tenuti a Brescia i congressi provinciali della CGIL e in più occasioni è stata ribadita la centralità del contratto nazionale di lavoro.

Su questo tema è giunta l’ora di un profondo ripensamento da parte sindacale, perché non è più possibile ignorare che la diversificazione dei mercati di riferimento, degli impianti, dell’organizzazione del lavoro e della composizione della manodopera rendono sempre meno efficaci regole standardizzate.

La contrattazione nazionale dovrebbe essere un momento di sintesi e di risposta alle esigenze del sistema produttivo, lavoratori e imprese. In realtà non è così: il contratto nazionale non soddisfa più nessuno e tutti guardano immediatamente dopo alla contrattazione aziendale come la vera sede in cui cercare le risposte alle proprie istanze.

Con grave danno per l’intera economia, perché la rincorsa tra contrattazione nazionale e contrattazione aziendale duplica gli oneri e le tensioni sociali senza sostanziale beneficio nell’utilizzo dei fattori produttivi.

Il contratto collettivo nazionale di lavoro, con il quale si pretende di disciplinare all’interno di un unico contenitore situazioni diverse è ormai uno strumento anacronistico di regolazione dei rapporti di lavoro. Con la competizione internazionale ha perso anche la sua originaria funzione di sottrarre le condizioni di lavoro alla concorrenza tra le diverse imprese operanti sul territorio nazionale.

Ha un’unica chance di sopravvivenza: divenire strumento agile e leggero nei contenuti normativi ed evolversi in una dimensione intercategoriale, assumendo le funzioni tradizionalmente svolte dagli accordi interconfederali.

Potrà così servire soprattutto a regolare i rapporti di lavoro nelle piccole imprese, garantendo quelle norme di base legate al rapporto di lavoro che non risentono delle specificità delle singole aziende.

Ma andrà alleggerito anche nella parte economica, perché una politica salariale coerente alle esigenze di equilibrio del sistema deve assicurare il mantenimento del potere d’acquisto soltanto a quella parte di salario destinato a soddisfare una fascia non comprimibile di bisogni. Mentre la parte eccedente deve essere affidata alla sede aziendale, con un collegamento, a volte scientifico a volte collaudato da lunga esperienza, tra rendimento, qualità della prestazione e retribuzione.

Un’attenta manovra sul sistema salariale, rendendolo più sensibile all’andamento della produttività aziendale, potrebbe offrire un contributo non indifferente alla ripresa economica.

Brescia è stata spesso indicata come un laboratorio sindacale e non può far mancare il suo contributo su un tema così importante. Per questo mi aspetto che una proposta condivisa possa partire proprio dal nostro territorio, raccogliendo la vera sfida, che non è quella di un perdurante antagonismo, bensì di un nuovo protagonismo in quel sistema industriale cui, piaccia o meno, è legato il destino del Paese.

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