L’arte di Raul Gabriel nella Chiesa di San Giuseppe a Brescia

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A partire da venerdì 14 marzo 2014, in occasione della Quaresima, e poi del tempo di Pasqua, la chiesa di San Giuseppe (nel centro storico di Brescia, capolavoro architettonico cinquecen­tesco a pochi metri da Piazza della Loggia, scrigno di importanti opere di Ferramola, Moretto, Mombello, Rama, Paglia, Scalvini e Avogadro), accoglie un inedito ciclo di opere dell’artista Raul Gabriel (Buenos Aires, 1966), tra i più intensi interpreti di una pittura innervata di una forte carica spirituale, resa attraverso un linguaggio denso di pathos e partecipazione. La Via Crucis e le altre opere di Raul Gabriel nella Chiesa di San Giuseppe saranno presentate al pubblico venerdì 14 marzo 2014 alle ore 17:45. Saranno presenti l’artista, don Giuseppe Fusari e Paolo Bolpagni.

 

DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DEL COMUNICATO

Si tratta dei quattordici pannelli di una Via Crucis realizzata nel 2013, pensata in un dialogo ideale con quelle di Lucio Fontana, di un grande monocromo di tre metri per due eseguito a Londra nel 2007, intitolato “Big Black”, e di una Deposizione del 2013, collocata nella cripta.

L’operazione, a cura di don Giuseppe Fusari, responsabile della chiesa di San Giuseppe e direttore del Museo Diocesano di Brescia, con la collaborazione diPaolo Bolpagni, direttore della Collezione Paolo VI – arte contemporanea, prelude a una mostra personale dello stesso Raul Gabriel, che si terrà in autunno al Museo Diocesano di Brescia, e si pone un intento preciso e ambizioso: inserire l’opera d’arte contemporanea in un contesto storico e caratterizzato, ma non certo come presenza esornativa o mera aggiunta, bensì con lo scopo di attivare un meccanismo percettivo inusuale, di proporre uno spunto di riflessione e di meditazione, di suscitare domande e di testimoniare un rovello spirituale, una ricerca di senso e di verità. È la sfida della modernità: comunicare un messaggio sempre valido e vivo con forme e modalità pienamente calate nel presente.

Le opere di Raul Gabriel collocate nella chiesa di San Giuseppe, in equilibrio costante tra figurazione e non-figurazione, tra segno e materia, adottano una sostanziale bicromia: l’uso preponderante del bianco e del nero, oltre a rivelare una determinata scelta cromatica e formale, vuole suggerire concettualmente una sorta di ‘coincidentia oppositorum’. Peraltro, nella percezione dei bianchi e neri, che di primo acchito posso apparire assoluti, e invece si rivelano venati di molteplici sfumature, tali da definire un “universo” bianco (più che un bianco assoluto) e un “universo” nero (più che un nero assoluto), l’artista vive la manifestazione paradossale di una presenza che all’apparenza si nega, ma in realtà, mentre sembra negarsi, si rivela.

Così ha scritto Paolo Bolpagni su Raul Gabriel: «È un artista singolare, la cui apertura di interessi e complessità di realizzazioni stanno a fronte di un’assoluta unitarietà di pensiero. È un mistico, ma un mistico della corporeità; nato come musicista nell’ambito della sperimentazione jazz, ha poi trovato la propria ‘casa’ nella pittura; e contemporaneamente, in maniera tutt’altro che collaterale, si misura con il video (lo straordinario “Xfiction”, per esempio), con la performance, con il disegno, con il libro d’artista, con l’architettura, con la progettazione di oggetti liturgici. La sua produzione è un’apoteosi del pensiero umanistico. In quest’epoca di iperspecialismo, di parcellizzazione del sapere e dell’operare, Raul Gabriel è un elemento di contraddizione: ci indica che un’altra strada è ancora possibile, anzi, che è necessaria per riprendere la via dell’autenticità. Il suo atteggiamento creativo, lontano da ogni anacronistico revival, dimostra una costante attenzione per la materia, il gesto, il simbolo, che rivestono per lui una precisa significazione, un rimando profondo all’“oltre”».

L’ARTISTA

Raul Gabriel è nato in un sobborgo di Buenos Aires nel 1966. Arriva in Italia molto giovane. Dopo un periodo dedicato alla sperimentazione in musica, e un lungo viaggio a Santa Fé di Bogotà, alla fine del 1998 le arti visive diventano il fulcro della sua ricerca, e lo portano prima a Milano, quindi a Londra, dove in pochi anni realizza molte mostre in gallerie private e spazi pubblici, delineando un percorso che, avendo come nucleo centrale i temi del corpo, della spiritualità, dell’identità biologica della realtà e dei suoi processi di mutazione, si declina in varie e differenti strutture estetiche e forme artistiche, dalla pittura al video, dall’installazione all’architettura.

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