Claudio Baglioni, il suo cantiere fa saltare di gioia il Palageorge

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(c.m) Uno dei suoi primi album si intitolava “Un cantastorie dei giorni nostri”. Dopo quarantacinque anni di musica, di dischi, di bagni di folla, di tour nazionali e mondiali, di premi e riconoscimenti di ogni tipo, Claudio Baglioni è rimasto un cantastorie. E così i bresciani ieri sera sono accorsi a riempire gli spalti del Palageorge di Montichiari per ascoltare ancora una volta le sue storie. È vario il pubblico di Baglioni. Ci sono quelli che sono stati giovani insieme a lui, ci sono coppie sposate e fidanzate che si tengono per mano, gruppi di amici ma anche bambini che vogliono vedere dal vivo il signore dai capelli bianchi che ha fatto da colonna sonora a tanti i viaggi in auto insieme a mamma e papà.

Il palco è coperto da un gigantesco lenzuolo retto dall’alto, le luci si spengono e i rumori di un cantiere edile annunciano l’arrivo dell’artista. Lungo cappotto bianco ed elmetto da muratore in testa, Claudio fa il suo ingresso sul palco intonando “Notte di note, note di notte” ed ecco svelato il tema dello spettacolo. La vita è un cantiere e tutti siamo chiamati a fare il nostro lavoro. La vicenda umana ed artistica di Baglioni è incentrata sull’idea del costruire, del raggiungere un obiettivo, del viaggio personale che diventa corale, perché tutti abbiamo la nostra storia, ma senza di noi la storia della vita sarebbe diversa. Tutti abbiamo qualcosa da fare e da dire e possiamo essere utili.

Claudio ha quasi sessantatré anni, ma ha l’energia di un tornado e l’entusiasmo di un ragazzino. Per tre ore infiamma i cuori dei bresciani, senza fermarsi, senza mai prendere fiato. Suona, canta e balla. Ed eccole lì tutte le storie che amiamo, quella dei due ragazzi che si baciano in riva al mare, del militare che va al mercato a comprarsi i pantaloni, quella dell’uomo che volava nello spazio e quella del del bimbo che nasce.

Il pubblico risponde con calore, gli riconosce più standing ovation nel corso dello spettacolo e durante i brani più accesi salta in piedi e balla insieme a lui. Quando attacca E Tu è il delirio e la gente canta così forte da coprire quasi la musica. Lui alla fine del brano ricambia il calore con un sorriso. Lo stesso sorriso di quel ragazzo che nel ’74 vinse il Festivalbar.

Il concerto propone principalmente i grandi successi del passato, ma dedica il momento centrale a quattro pezzi nuovi: la struggente Dieci Dita, In un’altra vita, canzone dell’amore perduto, Una Storia Vera e E Noi Due Là, canzoni dell’amore felice. La band lo accompagna e si diverte con lui, tra loro anche il violinista Pio Spiriti ed al pianista Roberto Pagani che lo scorso anno si erano esibiti per beneficenza al Teatro Santa Giulia del Villaggio Prealpino.

Al termine dell’eterna Questo Piccolo Grande Amore il pubblico invade più o meno pacificamente il sottopalco per il crescendo finale. Su Strada Facendo, la sicurezza riesce a tenere le prime file lontane dalle casse di diffusione, ma a La Vita Adesso il muro si rompe e l’entusiasmo diventa incontenibile: si balla sulla vita. La magica notte bresciana sta per giungere al termine.

Claudio resta a lungo sul palco a salutare il suo pubblico, si sbraccia e stringe mani ovunque. Il cantastorie se ne va con l’elmetto in testa e il telo torna a coprire il palcoscenico. Tornerà? Scriverà altre storie? Lui promette di sì, e per ora ci basta.

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