Federacciai: il rilancio deve partire dall’Europa e dagli investimenti in infrastrutture

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Il 2014 ha confermato almeno un paio di tendenze (o per meglio dire necessità) che il settore siderurgico italiano sta affrontando: da una parte, una profonda riorganizzazione, puntando più chiaramente che in passato su produzioni ad alto valore aggiunto e sugli investimenti in ricerca e sviluppo, dall’altra un confronto sempre più necessario e stringente con l’Europa che, anche alla luce della presentazione dello Steel Action Plan da parte della Commissione (il terzo, dopo quello relativo alle costruzioni e al comparto automobilistico), si conferma un interlocutore imprescindibile per il rilancio del settore. In quest’ambito, va anche detto che, al momento, non è arrivato alcun intervento concreto di sostegno, al di là delle buone intenzioni; ma se davvero Bruxelles vuole un rilancio del manifatturiero dall’attuale 15% (di quota sul Pil) al 20% atteso nel 2020, non si potrà prescindere da un ridisegno complessivo dell’industria pesante. Insomma, la siderurgia italiana sta cambiando e le imprese dovranno dimostrare di saper governare il cambiamento. Gli esperti non hanno però dubbi sul fatto che il settore per ripartire abbia anche la necessità di un rinnovato impulso proveniente dal mercato interno, fattore che manca ormai da troppo tempo e che sta lasciando pesanti strascichi sui territori. A Brescia, per fare un solo esempio, il Gruppo Stefana (storica e prestigiosa realtà del territorio) ha chiesto alla fine dell’anno scorso l’ammissione alla procedura di concordato. «Che il secondo produttore italiano di travi finisca in concordato» sottolinea a questo proposito Antonio Gozzi, presidente di Federacciai «è un segnale al quale bisogna prestare grande attenzione». Ma non solo. La vicenda del Gruppo Stefana giunge dopo altre crisi, seppure diverse per dinamica e per dimensioni, basti pensare alla Lucchini di Piombino, all’AST di Terni, all’Ilva di Taranto. Che fare? «Non è sufficiente affrontare, singolarmente, le varie crisi» sostiene Gozzi, «serve un piano complessivo per la siderurgia dei lunghi e per l’acciaio in generale». Per parte propria, Federacciai è scesa in campo attivamente da tempo, intervenendo sui fattori produttivi e cercando di limitare quanto più possibile i gap che ci vedono sfavoriti rispetto ai competitors esteri (il difficile approvvigionamento del rottame, gli alti costi energetici, ecc.): da qualche mese ha infatti costituito una società ad hoc per realizzare un’interconnessione fisica con la Francia per garantire al sistema italiano energia a buon mercato. Da poco è stata presentata anche un’iniziativa per realizzare un impianto consortile per la produzione di DRI (preridotto). «In questa direzione stiamo lavorando anche sull’ipotesi di un interconnector per il gas» ricorda Gozzi, «abbiamo avviato un confronto con il Ministero per lo sviluppo Economico, e ci sembra che il Governo si stia mostrando sensibile e collaborativo». Quelle che mancano, però, nello specifico dell’acciaio da costruzioni, sono proprio le risposte politiche per favorire una ripresa del mercato interno. «Il tema è quello della domanda da investimenti» è l’analisi del numero uno di Federacciai «ed è un tema europeo: perché le politiche di austerity frenano inevitabilmente gli investimenti in infrastrutture. E poi ci sono lacci e lacciuoli burocratici: ci sono miliardi immobilizzati nelle casse di migliaia di Comuni italiani virtuosi che non possono programmare investimenti perché hanno le mani legate dal patto di stabilità». Le direttrici di intervento sono chiare: vanno messi in sicurezza gli edifici scolastici, serve una riqualificazione del patrimonio edilizio statale attraverso il sociale housing. «Ci sono interi quartieri popolari» aggiunge Gozzi «che hanno più di 50 anni, andrebbero abbattuti per essere ricostruiti con criteri nuovi». E poi c’è il tema del dissesto idrogeologico, che interessa da vicino l’utilizzo di acciaio in grado di dare garanzie di sicurezza e anti-sismicità. «Manca ormai da un decennio, in Italia, una politica industriale infrastrutturale».

 

 

 

Sarà un 2015 di crescita per i laminati piani: dall’automotive agli elettrodomestici

Nel 2014 la produzione italiana di acciaio ha messo a segno un’altra battuta d’arresto, con un calo dell’1,4% sull’anno precedente (con i piani in flessione del 2,2% e i lunghi dell’1,0%). Anche il 2015 si è aperto con il segno negativo: la produzione di acciaio si è fermata a 1,9 milioni di tonnellate, in calo dell’11,3% nel confronto annuo. Ma la congiuntura macroeconomica è tutt’altro che negativa. Lo confermano i recenti dati sull’export italiano (nel 2014 è stato toccato il record storico di 398 miliardi di controvalore) e sul mercato dell’auto (a gennaio le immatricolazioni a livello europeo sono cresciute del 6,2% e il mercato italiano a febbraio ha fatto ancora meglio, aumentando le vendite del 13,2 %). A livello mondiale il 2014 della siderurgia non può essere definito brillante. Il segno più, però, è stato confermato anche quest’anno (0,8% l’incremento complessivo). E l’Europa a 28, in particolare, cresce dell’1,7%, con un consolidamento in Francia (+2,9%), Belgio (+3,4%), Olanda (+3,7%) e, seppure in misura minore, in Regno Unito (+1,8%) e Germania (+0,7%). Federacciai ha rilevato, nel 2014, la tenuta della domanda extra-europea (che si aggiunge al lieve miglioramento di quella interna): l’anno scorso le esportazioni verso i Paesi Extra-Ue sono cresciute complessivamente dell’1,9%, trainate dai lunghi +5,2%, mentre quelle di piani sono diminuite del 2,1%. Tuttavia le crisi delle diverse realtà siderurgiche hanno reso il mercato nazionale terra di conquista, con le importazioni dai Paesi Extra-Ue in aumento del 9,6% sul 2013 (lunghi +8,4% e piani +21,5%). E, a proposito di Ilva, i piani si confermano nei primi undici mesi dell’anno, a livello di volumi, sia i prodotti più importati che quelli più esportati nell’Unione europea, con 5,7 milioni di tonnellate in entrata e 4,8 milioni in uscita. Per il 2015, nonostante permangano difficoltà, ci si attende un miglioramento in alcuni mercati specifici. Tra questi, brilla proprio quello dell’automotive. Una previsione questa, confermata anche da Eurofer, l’associazione europea dei produttori siderurgici, che prevede per il prossimo biennio un rafforzamento dei settori di destinazioni dei laminati piani. Si consoliderà, come detto, proprio l’auto, che dopo avere messo a segno una crescita del 5% nel 2014, crescerà di un altro 3,8% (nel 2016 ci si attende un altro +2,5%). Bene anche gli elettrodomestici, che dopo il -1% dell’anno scorso torneranno positivi, con una crescita attesa del 2,1%. Identica previsione per la meccanica strumentale, statistica che rafforza il +1,2% dell’anno appena trascorso e che dovrebbe ulteriormente consolidarsi l’anno prossimo (+3,1%).

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