Pene confermate in appello per i vertici di Green Hill. La Corte d’Appello di Brescia ha ribadito la sentenza di primo grado. A distanza di quasi quattro anni dalla sua chiusura nessun cambio di rotta in merito alle accuse di maltrattamenti nell’allevamento di beagle destinati alla vivisezione.
Il veterinario e il cogestore della struttura sono stati condannati a un anno e sei mesi. Un anno al direttore dell’allevamento. Secondo il magistrato Ambrogio Cassiani è emersa una precisa strategia aziendale da parte di Green Hill volta a sopprimere i cani con problemi. Di diverso avviso gli avvocati difensori degli imputati, che hanno parlato di un’opinione pubblica già schierata a priori per la condanna al di là delle effettive prove.
Green Hill, intanto, prepara il ricorso in Cassazione, puntando il dito – a suo dire – contro una campagna animalista avversa alle finalità dell’allevamento e non ai suoi metodi, una macchina del fango che avrebbe influenzato le sorti del processo.
Viviamo in una dittatura del pensiero animalista. Gli avvocati difensori hanno ragione, il processo è inutile, sono considerati colpevoli fin dal primo giorno al di là delle prove. Su certi temi funziona così…