Bracconaggio nel Bresciano, il pentastellato Cominardi interroga tre ministri

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Mercoledì il portavoce M5S alla Camera Claudio Cominardi ha depositato un’interrogazione per chiedere ai titolari di tre Ministeri (Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Interno) come intendono arginare il fenomeno del bracconaggio, fortemente diffuso anche nel Bresciano. 

Nei prossimi giorni, inoltre, Cominardi parteciperà ad attività antibracconaggio per verificare sul campo l’attività di volontari e forze dell’ordine.

Di recente l’Ispra ha individuato sette «zone calde» in Italia. Le Prealpi lombardo-venete sono tra queste e la Provincia di Brescia continua a essere indicata come maglia nera. L’Ispra sottolinea che a Brescia è ancora fortemente diffusa l’uccellagione tramite archetti, reti, vischio e trappole per topi, mentre la relazione pubblicata il 3 ottobre 2016 da Legambiente sottolinea come dal bresciano provenga il maggior numero di procedimenti contro noti e ignoti, nonché il maggior numero di persone indagate per questo reato.

Secondo un studio delle associazioni ambientaliste e animaliste Lac e Cabs, il bresciano è il principale territorio di bracconaggio italiano con il 17,9% (236) di tutte le persone denunciate in Italia (1324). Il 5 ottobre 2016 Striscia la Notizia ha denunciato la presenza a Monte Isola (Bs) di un negozio nel quale vengono vendute illegalmente delle reti per intrappolare migliaia di uccelli.

”Di fronte al graduale smantellamento del sistema di Polizia Provinciale e allo scioglimento del Corpo Forestale dello Stato (che a Brescia conta 19 stazioni e 1 comando provinciale, ma solo 71 persone in servizio a fronte di 126 previste in pianta organica), di fronte alle insistenti richieste dell’UE che ci chiede misure concrete per combattere il bracconaggio”, scrive Cominardi in una nota, “ogni immobilismo non può più essere tollerato. Cancellare il bracconaggio è un’azione che può solo giovare al nostro territorio, agli abitanti, agli animali, al turismo, all’ambiente. Anche attraverso il dialogo con le associazioni venatorie, occorre ragionare attorno alla possibilità di garantire alle guardie volontarie maggiori capacità di intervento nel caso di illeciti”.  

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