Referendum, Lacquaniti: tanti i voti, il centrosinistra non li sottovaluti

L'ex deputato del Partito democratico sottolinea che l'affluenza non è stata bassa e chiede di avviare una discussione seria sull'autonomia lombarda

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Luigi Lacquaniti
Luigi Lacquaniti

“Seppur la maggioranza dei cittadini lombardi, ed io tra questi, ieri non si sia recata ai seggi, i risultati del referendum lombardo parlano chiaro: hanno votato in tanti, e forte è l’indicazione di una maggiore autonomia. L’affluenza è stata alta, soprattutto se si considera che non vi era quorum per questa consultazione e che di recente la partecipazione, a referendum e anche alle elezioni, non è stata certo esaltante”.

A dirlo è l’ex deputato Pd bresciano Luigi Lacquaniti, che – con una nota – invita a non sottovalutare il risultato del referendum di domenica in Lombardia (qui i risultati).

“Il Centrosinistra”, continua l’ex Pd e Sel, “non deve sottovalutare questo risultato e la richiesta di maggiore autonomia che esprime e con la quale tutti dovremo fare i conti anche nel futuro. Anche se è bene precisare che si è votato perché la Regione Lombardia, nel quadro dell’unità nazionale, richieda allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, e non si è votato seguendo le pulsioni egoistiche della propaganda Leghista semplicemente per essere “padroni a casa nostra”, tenersi tutti i soldi frutto della ricchezza lombarda, né tanto meno avviare un processo di secessione”.

“Ora”, continua l’espoente di Campo Progresssista, “vediamo che cosa si vuole davvero fare con l’autonomia, quali saranno le proposte che il Consiglio Regionale formulerà allo Stato. Si tratta di passare dagli slogan ai fatti. Non basta invocare più soldi, occorre chiarire bene anche per che cosa e come li si intende impegnare. Ed è questa concretezza che fino ad ora è mancata”.

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4 Commenti

  1. Ci elenchi Lei, Lacquaniti, su quali competenze concorrenti può essere indirizzata la trattativa con lo Stato sulla maggiore autonomia o quali nuove competenze esclusive andrebbero trasferite alla Lombardia magari secondo il “modelo progressista” (la sua casa politica attuale) scelato dall’Emilia Romagna. E poi ci dica quante risorse finanziarie su tali competenze, pensando magari anche a Brescia, sarebbe per Lei opportuno trattenere dal residuo fiscale di 54 miliardi l’anno. Questo è ciò che vorrebbero i bresciani che l’hanno mandata in Parlamento, a prescindere dalla nomina di SEL. Da onorevole, onori in questi ultimi mesi il mandato anche con qualche sua proposta bresciana e non solo con quanto chiunque potrebbe dire oggi, 23 ottobre. Sempre se possibile. Grazie.

  2. Capisco chi, contrario all’autonomia, in Veneto non sia andato al voto. Sperando in una affluenza non sufficiente, il suo comportamento poteva essere di aiuto a invalidare il referendum. Chi invece, contrario all’autonomia,in Lombardia non ha votato, non essendoci il problema del quorum, ha fatto una sciocchezza, ed inoltre non ha espresso il suo NO.
    Un fatto significativo, infatti, è che i NO sono stati pochissimi, non dico in percentuale ( era ovvio) ma in valore assoluto !

  3. Condivido le riflessione di Belli. Temo però che questo referendum sia stata una manovra della Lega per dare un contentino ai tanti elettori della Lega sfiduciati dalla svolta salviniana di allargare il consenso al sud sacrificando la questione settentrionale. In sostanza mi pare di capire che con questo referendum si sia data speranza ad una fetta di elettorato leghista che si sarebbe rivolto altrove, tipo Cinque Stelle, oppure astensione.

    • Non vi è alcun dubbio che i referendum siano stati politicamente voluti e strumentalizzati dalla Lega, preoccupata da uno spostamento del proprio elettorato veso altri lidi. Il probema vero, come segnalo da sempre, è che spendere 50 milioni dui euro (nel caso della Lombardia) senza che Maroni sappia ad oggi cosa si vuole esattamente negoziare con lo Stato in ordine a competenze e riequilibrio delle risorse finanziarie è quantomeno inquietante difronte a quel 36% di cittadini lombardi aventi diritto al voto che comunque reclama maggiore autonomia. Ricordando però che il “Sì” era sponsorizzato anche dai pentastellati, mentre forzisti e piddini avevano lasciato libertà di coscienza nell’espressione del voto e pur rispettando qualsiasi esercizio della democrazia partecipativa, non parlerei proprio di un’operazione ben riuscita e neppure, purtroppo, foriera di effettivi cambiamenti se non, forse, a lunghissimo termine.

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