Testamento biologico, la legge non convince un medico bresciano su tre

L'Ordine dei medici di Brescia ha deciso di lanciare un sondaggio on line tra i propri aderenti sulla nuova normativa che valorizza il principio di autodeterminazione della persona e introduce le Disposizioni anticipate di trattamento

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Le “Questioni di vita e di morte” sono tornate al centro del dibattito pubblico, dopo l’ampio confronto che ha portato all’approvazione della legge sul consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento (l. 219/2017), entrata in vigore lo scorso 31 gennaio.

Per questo l’Ordine dei medici di Brescia ha deciso di lanciare un sondaggio on line tra i propri aderenti sulla nuova normativa che valorizza il principio di autodeterminazione della persona e introduce le Disposizioni anticipate di trattamento, ovvero la possibilità per ciascuno di esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari (accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche, singoli trattamenti), in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi. La legge interviene anche su aspetti come il consenso informato e la relazione di cura, destinati ad incidere sensibilmente sulla prassi medica e sul rapporto medico-paziente.

I risultati del voto sono per certi versi sorprendenti: pochi medici conoscono in maniera completa la normativa e tantissimi hanno perplessità.

I MEDICI BRESCIANI E IL TESTAMENTO BIOLOGICO

Il quadro che emerge dai contributi della rivista è variegato, presenta opinioni e sensibilità differenti e non sempre concordanti, che proprio per la loro varietà contribuiscono a cogliere la materia da angolazioni diverse, nelle sue molteplici sfaccettature.

Cosa pensano i medici bresciani della nuova legge? Quali problemi o difficoltà individuano nell’applicazione di queste norme? Per trovare risposte l’Ordine ha proposto un sondaggio on line cui hanno partecipato 453 iscritti, i cui risultati sono presentati nel nuovo numero di Brescia Medica.

  • Dall’indagine emerge che il livello di conoscenza della legge è molto basso: solo il 34,9% dei medici intervistati dichiara di conoscerla bene o abbastanza bene, mentre il restante 65.1% dice di conoscerla poco o per nulla. Il 61,8% degli intervistati ritiene comunque che la legge sia “necessaria” o “utile”.
  • I medici rivendicano un ruolo attivo nel percorso decisionale insieme al paziente, non riconoscendosi come meri “esecutori”: se la nuova normativa valorizza il principio di autonomia del paziente – mediante il consenso informato – come elemento guida nelle decisioni diagnostiche e terapeutiche, la maggioranza degli intervistati (55.8%) è convinta che il rapporto medico-paziente sia naturalmente asimmetrico e il medico non possa rinunciare ad avere un ruolo di indirizzo nelle scelte del paziente, secondo il principio della beneficialità.
  • La stragrande maggioranza dei medici (77.5%) è concorde con la nuova normativa nel considerare trattamenti sanitari la nutrizione e idratazione artificiale, che sono quindi praticabili solo con il consenso del paziente, anche se viene richiamata la necessità di calare ogni decisione nella specificità del singolo caso.
  • Per la maggioranza degli intervistati la legge non contempla la pratica dell’eutanasia (53,2%), anche se viene sottolineata la necessità di evitare atteggiamenti di “abbandono” (13.5%) o omissivi.
  • Destano perplessità le modalità con cui le DAT sono redatte, sia per la non obbligatorietà della presenza di un medico (aspetto sollevato dall’80% dei medici) che per la “non attualità” delle volontà espresse, che potrebbero essere riferite a situazioni troppo generiche (per l’83.4% degli intervistati).
  • Il dibattito sull’obiezione di coscienza: la maggior parte degli intervistati reputa corretta la mancata previsione dell’obiezione di coscienza, perché la legge afferma che il medico non applica le Dat se palesemente incongrue o contrarie alla deontologia o alle buone pratiche cliniche, escludendo di fatto applicazioni improprie (44%), o perché ritiene il rispetto della volontà del paziente vincolante per ogni medico (27%).
  • Il ruolo dell’Ordine viene sottolineato dalla quasi totalità degli intervistati: per il 57% dovrà avere un ruolo attivo nel monitorare l’applicazione della legge e i risvolti che avrà sull’attività dei medici, e di formazione degli operatori sanitari, mentre per il 29% dovrà avere un ruolo di sorveglianza e di intervento qualora sorgano conflitti operativi.
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