Elezioni dei consigli di quartiere, cosa resta? | di Giorgio Maione

Sono due le immagini che mi sono rimaste impresse relativamente alle recenti elezioni dei Consigli di Quartiere di Brescia

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Giorgio Maione in un frame del video pubblicato su Facebook
Giorgio Maione in un frame del video pubblicato su Facebook

di Giorgio Maione – Sono due le immagini che mi sono rimaste impresse relativamente alle recenti elezioni dei Consigli di Quartiere di Brescia.

La prima raffigura il candidato di Porta Cremona che si posta(va) con tanto di arma da guerra su facebook e la seconda è la fotografia scattata a tutti i capigruppo del Consiglio Comunale di Brescia impegnati nel chiedere congiuntamente ai cittadini di andare a votare.

Voglio partire da questa seconda diapositiva che ha visto raffigurati su quotidiani e televisioni locali le une a fianco agli altri le componenti di minoranza e i gruppi di maggioranza.

Devo ammettere che mi è parso veramente strano vedere presente, con sorprendente disinvoltura, Paola Vilardi di Forza Italia che fino a pochi mesi prima diceva “peste e corna” di questi organismi (non riformati, nella sostanza, dall’ultima versione sperimentale del 2014).

Ciò detto, ho comunque pensato che la mobilitazione di tutti questi partiti avrebbe portato a vincere la scommessa della partecipazione dei cittadini alla tornata elettorale di domenica 2 dicembre o, quanto meno, vi sarebbe stato un risultato più gratificante di quattro anni fa.

Il coinvolgimento del centro-destra che nella scorsa tornata aveva scelto l’Aventino avrebbe dovuto toccare le corde di una parte della Città che non ha come riferimento il PD e i suoi alleati .

Purtroppo così non è stato. Anzi l’affluenza alle urne è diminuita, sia pur di pochi decimali, passando dal 10, 4 al 10, 24%.

Questo dato conferma due elementi: il primo che probabilmente i cittadini che in entrambe le tornate del 2014 e del 2018 sono andati a votare (e anche quelli che hanno disertato) non sono etichettabili in categorie partitiche, la seconda che i partiti (tutti) rimarcano la loro crisi.

La incapacità di mobilitare grandi numeri è la cartina di tornasole di una distanza dal cittadino stesso. Credo che questa sia la lezione ed il messaggio più importante che arriva da questo dato: le forze politiche devono uscire dalla logica dell’autoreferenzialità e dal verticismo feudale come forma di legittimazione del potere. Nulla è perso, anzi, c’è un gran lavoro da fare ma certo la cura non è la creazione di organismi come gli odierni consigli di quartiere che chiedono l’impegno di bravi cittadini senza che questi possano realmente incidere: una scelta di questo tipo risulterà alla lunga deludente ed allontanerà i volenterosi che si sono avvicinati alla politica e alla civitas.

Chi non è andato a votare aveva anche altre ragioni: votare per organismi senza reali poteri, privi di risorse economiche e con candidati a cui non si richiedeva un programma è apparso a molti un esercizio inutile. La vera riforma della partecipazione a Brescia passa dalla cessioni di deleghe e fondi da parte della Loggia: diversamente tra quattro anni commenteremo risultati simili.

Dimenticavo… l’immagine del candidato in tenuta da guerra, lui ha vinto (purtroppo) è stato (legittimamente) eletto.

Avv. Giorgio Maione

Brescia

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2 Commenti

  1. Eh, già, proprio così. Una sorta di “perseverare diabolico” nel disperato tentativo di far credere che i quartieri possano avere una voce vagamente politica non già flebile, irrilevante e pure inascoltata come già hanno sperimentato gli eletti della tornata precedente. Già il Consiglio è un luogo dove alcuni “pigiatasti” vestiti da consiglieri della maggioranza avallano ciò che è già stato proposto, discusso e deciso altrove, cioè da Sindaco e Giunta che hanno per legge e per statuto un potere immenso. Resta l’opposizione, cioè un gruppetto di desaparecidos che a Brescia si sono da tempo ridotti poco più che ad uditori delle sedute. Altri tempi, altri scenari, altre persone, altra qualità politica verrebbe soprattutto da dire guardando fino agli anni ottanta e ai primi anni novanta.

  2. Su questo tema mi trovo d’accordo, stranamente, con stradivarius e maione. L’inutilità di questi consigli era già fin troppo chiara dall’inizio. E l’esperienza non ha fatto altro che confermare quanto molti, compreso me, dicevano. E cioè il solito contentino democristiano-postcomunista di far credere di dare spazio al basso (che loro a parole osannano) salvo poi quando il basso vuole poteri e competenze, negarlo. Oltretutto, ed è il caso di questa e la precedente amministrazione del bono, lasciando inascoltate le segnalazioni e a se stessi i pochi consiglieri che veramente si danno da fare (gli altri, con la scusa della gratuità, sempre irreperibili e solo di facciata). A questo punto quindi, è inutile lasciare sulla carta dei consigli che alla fine non servono a niente e quindi siamo realisti ed eliminiamoli. Oppure cominciamo a ragionare su una seria e logica riforma degli stessi. Questo, per esempio, potrebbe essere un cavallo di battaglia per le sonnolente opposizioni (sempre che le stesse siano sulla linea di cedere competenze e poteri. Il che mi pare abbastanza remoto come tema, perchè tutti alla fine vogliono comandare e basta).

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