Con Zingaretti un Pd che torna a vincere sul modello di Brescia | di Claudio Bragaglio

Il futuro del PD sta solo in un partito che guarda avanti, che promuove coalizioni politiche e sociali. Che promuove unità e convergenze, con nuove politiche antipopuliste

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Claudio Bragaglio, Pd
Claudio Bragaglio, Pd

Alla “Piazza Grande” di Milano (Teatro Leonardo, 12.1.19) ho avuto netta la sensazione che Nicola Zingaretti ce la possa fare. E bene. Come Segretario nazionale e per la rinascita d’un nuovo PD. Clima generale, nuove politiche in campo sociale, interventi degli “esterni”, di chi si era allontanato e ritorna al PD, dei tanti Sindaci, di Pisapia, di Beppe Sala sindaco di Milano. Di Piero Fassino. Il riferimento ad un “modello Milano”, a tanti Comuni della Lombardia. E noi potremmo dire, con orgoglio, anche d’un più recente “modello Brescia”, con Emilio Del Bono, da assumere a pieno titolo come linea generale del PD.

Questo ha chiesto il sindaco Sala e questo ha pienamente accolto Zingaretti. Questa per me la novità sostanziale d’un PD che ritrova la sua identità di partito del centro sinistra partendo finalmente dalle Comunità locali, non come l’omaggio reso “alla base” dalla retorica – come finora è avvenuto – di vari imbonitori. Ma per la condivisione delle scelte politiche e sociali dei Comuni e delle Comunità locali. Per lo schieramento di centro sinistra e civico, per i contenuti anche sui fronti più esposti come quelli dell’integrazione.

Tutto questo vogliono rappresentare con forza i modelli di Milano, Brescia, Bergamo, Mantova, Cremona….di numerosi Comuni lombardi. Una linea nazionale che riparte per davvero dai modelli vincenti delle Comunità locali. Quindi: politica e società, sviluppo ed integrazione, lavoro e solidarietà, alleanze politiche, civiche e sociali. E tanto altro che in Lombardia abbiamo saputo costruire anche negli anni in cui il PD nazionale era sintonizzato su altre posizioni ed ha così collezionato troppe sconfitte.

Detto questo, contro Zingaretti adesso s’è aperta nel PD una nuova polemica strumentale, dopo quella surreale sul rapporto con il M5S. Colpi sotto la cintola. Parlo del simbolo del partito alle elezioni europee.

Stento a credere che il masochismo possa spingersi a tanto. C’è gente nel PD che pubblicamente ha brigato e briga per andare “oltre” il PD, per sciogliere il PD. E si fa finta di nulla. C’è persino chi si muove per una scissione. Che pare sia rientrata o posticipata, ma soltanto perché i sondaggi la danno poco sopra lo zero. Come già per D’Alema. E con i “Comitati Civici” di Gozi e Scalfarotto poco più d’un bluff.

Ebbene se c’è stato chi, in modo chiaro, vuole ripartire dal PD, da un “nuovo PD” quello è proprio Zingaretti. E questo in aperta polemica con vecchi smemorati e nuovi “rottamatori” del PD.

Ma gli avvoltoi dei social, e non solo, svolazzano per colpire duro. E su cosa? Sul fatto che il PD debba presentarsi alle europee soltanto col proprio simbolo. Anche se è pur quello passato dal 40 al 18 per cento. Può darsi che questo sia l’epilogo. Certo. Ma si può immaginare anche un qualcosa di meglio o no? Tentare, almeno? Magari anche per impedire una dispersione di voto nel centro sinistra, tra liste e listine.

Se è in atto – cambiando come va cambiata la linea dell’autosufficienza (arrogante e suicida) del PD – un positivo avvicinamento di forze, di nuove realtà e significative personalità, all’insegna d’una nuova Europa antipopulista, che si fa? Li mettiamo nelle liste, ma solo sotto il cappello del PD come semplici “indipendenti”? O non dobbiamo piuttosto mettere il PD – proprio il “partito” del PD – nella condizione di promuovere una lista unitaria in cui tutti si sentano a casa propria.

Troppi – dalla memoria ormai sempre corta – hanno dimenticato come si è vinto o comunque si è affermato l’Ulivo. Parlo dell’Ulivo e non dell’Unione che vien sempre evocata dai menagrami e che nessuno intende riproporre. Quindi che ci possa essere un nome nuovo e per una lista nuova non è problema. Anzi.

Ma chi non condivide questo auspicabile passaggio non è che voglia il bene al PD e del Paese. Semplicemente è fermo allo schema bipartito che non c’è più. Sono solo incalliti passatisti, sempre con lo sguardo all’indietro. E ciò non può che richiamarmi alla mente la pena inflitta (giustamente) a quei dannati all’Inferno che, con la testa girata a rovescio, Dante faceva lacrimare di dolore sì che ” il pianto de li occhi le natiche bagnava per lo fesso”.

Il futuro del PD sta solo in un partito che guarda avanti, che promuove coalizioni politiche e sociali. Che promuove unità e convergenze, con nuove politiche antipopuliste. Un PD che invece pensa ancora che è meglio esser da soli o perché autosufficienti o perché per forza si è sempre mal accompagnati è semplicemente un partito che fa harakiri, che è finito, ancor prima di cominciare questa nuova e difficile avventura.

* Presidente Assemblea regionale Partito democratico

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5 Commenti

  1. Ho letto con attenzione ma non mi è chiaro il collegamento tra le posizioni nazionali del Pd e le elzioni comunali dove c’è anche un sistema elettorale diverso. Come fa Zingaretti a fare come Milano e come Brescia?

  2. Mi chiedevo, e lo chiedo a Bragaglio, quali vittorie attenderebbero nell’immediato Zingaretti come nuovo (in tutii i sensi) condottiero delle truppe progressiste nazionali. La sintesi dei sondaggi in circolazione dicono infatti che alle Europee, dopo i 180 seggi che andrebbero al PPE, ci sarebbe niemtemeno che la coalizione (assai probabile a questo punto) di sovranisti, nazionalisti e populisti con ben 160 seggi e davanti al PSE con circa 140 seggi. Non solo, ma il gruppo dei 26 parlamentari leghisti sarbbe il primo in Europa (!). Temo che le vere novità, nell’immediato, vengano purtroppo da qui con un Europa molto diversa, politicamente parlando, da quella vista sino al 2019. Con tanto di fronte progressista da rifondare un po’ ovunque e non solo in Italia…

  3. Stradivarius per l’Europa (e non solo) purtroppo…sottoscrivo. Ma toccato – come s’è toccato col 18% – il fondo, l’alternativa è tra lo sparire sprofondando ancor più a picco ed il risalire. Essendo per la seconda che ho detto, tempo al tempo, ci tocca la fatica temo non breve e dura del risalire. Zingaretti non è Nembo Kid, ma è una mia-nostra speranza di ripresa ben riposta. Mah…vedi – rispetto a tanti nuovisti, improvvisatori, illusionisti e rottamatori d’assalto che con poco nulla d’esperienza e di fatica, tutti imparati e tutti che si senton già arrivati ancor prima di partire a cariche e prebende politiche ed in Parlamento – ho un’età e gli anni di lunga opposizione, anche a Brescia, che mi fanno dire che la politica è molto più (e di diverso) delle sole sedie che ti capita di occupare. Cosa che non mi fa di certo demoralizzare di fronte alla dura fatica, perché tale sarà, della nostra risalita. Ci vuole anche un po’ di fisico. Chi ha vissuto il collasso 1993-94 (o del 2000) sa bene quel che dico…

    • Bragaglio, la ricetta vincente arriva da Cagliari: il centrosinistra recupera dal 19% di marzo 2018 al 40% di oggi e si aggiudica il collegio uninominale lasciato vacante dai pentastellati. Basta che a votare vada il 10% degli aventi diritto e il gioco…è fatto. Ecco, basterà in futuro convincere gli italiani a non andare a votare così hai appunto il 40% del 10% cioè vinci con ben il 4% del corpo elettorale. E via che si festeggia…

  4. Almeno evitare la dispersione di voto alle Europee nel centrosinistra, si dice. E infatti Calenda si è lanciato per primo in questa avventura. Peccato però che tutto il centrosinistra valga il 26% cioè quanto il “Movimento 5 stelle” da solo e cinque punti in meno della Lega. E le idee, quelle innovative, per resuscitare dove sono ? Non sarebbe magari il caso di partire proprio da quelle ?

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