Perché il governo sta sbagliando direzione | di Marco Bonometti

Urge una decisa inversione di tendenza nell’azione della politica. Quanto più tarderà, tanto più pesanti dovranno essere gli sforzi per tentare il recupero

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di Marco Bonometti* – Ritengo che presentando i dati circa l’andamento economico, sia necessario essere assolutamente chiari e ritengo sia altrettanto necessario interpretare i numeri nel loro significato, in particolare quello politico. Le scelte del governo non vanno nella giusta direzione. L’abbiamo detto più volte, in Confindustria Lombardia così come a Roma. Nei principali territori a maggiore densità industriale le manifestazioni di dissenso, o di preoccupazione, si sono susseguite. L’indagine disaggregata dei singoli trimestri infatti mostra come, a partire dal terzo trimestre sia mutato il quadro politico, e si tratta di un mutamento epocale. Tutti gli indicatori infatti si sono dimezzati. Il dato tendenziale sulla produzione industriale lombarda nel quarto trimestre 2018 conferma il processo di rallentamento in atto, con una riduzione dei tassi di crescita rispetto ai trimestri precedenti. La crescita media annua è inferiore rispetto alla crescita dell’anno precedente (+3,0% contro il +3,7% del 2017). A preoccupare, per il 2019, è un fattore determinante per chi fa impresa, la fiducia, che si ripercuote nell’immediato su due aspetti: occupazione e investimenti. Si ferma l’occupazione che come abbiamo visto ha fatto registrare un -0,3% nel IV trimestre. Nonostante in Lombardia abbiamo un tasso di disoccupazione a livelli europei (6,5% nel IV trimestre 2018) la cassa integrazione sta ricominciando a crescere ed ha avuto una forte accelerazione nel mese di gennaio.

Sul fronte investimenti, nel 2018 abbiamo avuto un forte calo passando dal 13,7% del 2017 al 4,3% del 2018. Per il 2019 le previsioni non sono così rosee.

Urge una decisa inversione di tendenza nell’azione della politica. Quanto più tarderà, tanto più pesanti dovranno essere gli sforzi per tentare il recupero.

A nome degli industriali della Lombardia, invoco un pronto recupero del senso della realtà. Ci sono ancora le condizioni e c’è ancora una concreta possibilità di operare in questa direzione, ma bisogna fare presto partendo da azioni come l’eliminazione dell’ecotassa, che va cancellata da subito e rilanciando gli investimenti.

Per Confindustria Lombardia occorre al più presto sbloccare le 400 opere pubbliche già finanziate per circa 26 miliardi di euro: con la loro realizzazione si avrebbe un aumento del PIL di circa un punto percentuale rispetto a uno scenario base in tre anni; questo contribuirebbe a creare lavoro e rimettere in carreggiata l’Italia a livello infrastrutturale.

Interventi assistenziali come il reddito di cittadinanza non sono la soluzione. Se da un lato è condivisibile la volontà del governo di voler combattere la povertà (secondo il Rapporto Lombardia 2018 oltre 180 mila famiglie lombarde in condizione di povertà assoluta), il livello del beneficio economico è un disincentivo a cercare un impiego, considerando che in Italia lo stipendio medio dei giovani è di 830 euro (910 al Nord). Va tenuto presente che le imprese, per dare uno stipendio di 800 euro, ne pagano 1500. Per questo motivo è diventata improrogabile un’azione sul cuneo fiscale che consentirebbe di mettere più soldi in busta paga ai lavoratori, in modo da determinare l’aumento del potere d’acquisto della retribuzione e far ripartire la domanda interna, il nostro vero tallone d’Achille che, come vediamo anche dai dati altalenanti della congiunturale, lascia le imprese e il Paese in balia delle incertezze globali.

Inoltre l’autonomia può essere una risposta immediata per difendere la competitività dei territori. Auspichiamo un’azione di governo e amministrativa sempre più efficace a beneficio della crescita con interventi in ottica di semplificazione e di efficienza, oltre al riconoscimento di fabbisogni e costi standard, senza alcuna contrapposizione Nord-Sud. Il Paese intero deve rinnovarsi e non frenare con burocrazia e livelli di tassazione non competitivi chi, come la Lombardia e altre regioni, traina il Paese.

* Presidente Confindustria Lombardia

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2 Commenti

  1. Alcune domande al Sig. Bonometti bisogna però porle:
    sul cuneo fiscale. Sono già previsti e lo erano anche ai tempi di Renzi incentivi contributivi per l’assunzione di giovani e meno giovani a tempo indeterminato e, in alcuni casi anche a tempo determinato. In particolare questo governo ha previsto esoneri contributivi consistenti (vedasi quelli per soggetti dai 16 ai 34 anni e oltre per chi non ha un lavoro da almeno sei mesi, l’incentivo occupazione neet, quello nel mezzogiorno e il bonus eccellenze). Quindi, perchè lamentarsi sul cuneo fiscale? Non è già questa una misura? Invece chiedo: perchè, nonostante questi incentivi, le aziende preferiscono appoggiarsi all’interinale, assumere per poco, continuare ad avere personale precario, e pagare di più, visto che bisogna pagare anche l’agenzia interinale?
    Perchè non va il reddito di cittadinanza? Forse perchè potrebbe essere motivo di aumento delle paghe in quanto, se uno ne ha diritto, può chiedere un importo maggiore di paga rispetto al reddito di cittadinanza, che, lo ricordo, rappresenta una forma di inserimento sociale di soggetti a rischio emarginazione nella società e nel mondo del lavoro? Oppure le paghe, secondo Bonometti, sono già fin troppo alte?
    Quanto agli investimenti, ci possono stare, ma quando le opere siano utili e, magari, cofinanziate con il privato. Non che sia sempre il pubblico a pagare.
    Stranamente poi si nota come tutte queste considerazioni siano fatte sia dal mondo imprenditoriale che da quello sindacale e della sinistra. E poi anche da certa destra tipo Berlusconi. A dimostrazione come ormai le differenze e le distanze fra i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori ormai non ci siano più, in quanto si sono tutti consociati contro i veri problemi che affliggono sempre più italiani…

    • Riflessione totalmente condivisibile, dall’A alla Z. E magari ci aggiungo che il Bonometti dobrebbe spiegarci come mai (dati ufficiali di Confindustria) la crescita aggrgata in % del Pil italiano dal 2000 al 2017 è stata pari al +0,7% mentre la Spagna segna un +22%, la Germania +16%, la Francia +12% e la media dell’UE allargata è del +14%. Non è che magari gli imprenditori italiani, al di là dei dati dell varie componeti del PIL, sono stati i più lenti nell’affrontare le sfide globalizzate, quelli che meno hanno investito in tecnologia, digitalizzazione, processi produttivi, innovazione di prodotto e di processo, produttività del lavoro ? Ecco, signor Bonometti, guardi un po’ in faccia anche i suoi “simili” e poi ci faccia sapere.

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