Caporali tra le vigne, Semeraro (Flai/Cgil): solo con l’unità cancelliamo il problema

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Alberto Semeraro, Flai Cgil
Alberto Semeraro, Flai Cgil

(a.t.) La Franciacorta come Rosarno? Difficile sostenere il paragone. Ma anche nella nostra provioncia il fenomeno del caporalato si sta rivelando – tristemente – sempre più diffuso nei campi e tra le vigne. E’ delle scorse ore, infatti, la notizia dell’arresto di due persone di un’azienda di Passirano, accusate essere a capo di una rete “dedita all’attività di reclutamento di lavoratori stranieri per la raccolta di ortaggi o frutta nei campi in condizioni di sfruttamento”.

Ne abbiamo parlato con Alberto Semeraro (42 anni), segretario della Flai Cgil di Brescia (la federazione dei lavoratori dell’agricoltura): da sempre uomo di fatica e di battaglia, con in tasca una laurea in legge ottenuta da studente-lavoratore, che non ha paura di “sporcarsi le mani” nei campi insieme ai lavoratori.

Se l’aspettava questa notizia dell’arresto di 2 bresciani accusati di caporalato?

Da 6 anni, ormai, andiamo nelle vigne ogni estate a portare acqua e informazioni ai lavoratori proprio per evitare questi fenomeni. Conosciamo bene la situazione: non sono sbalordito.

La campagna Franciacortina, dunque, come Rosarno o Foggia?

Benchè i fenomeni siano simili, non li paragonerei per organizzazione, dimensione e soprattutto per diversità del tessuto imprenditoriale. Ma, certo, si tratta di un campanello di allarme che va ascoltato.

Il gran numero di rifugiati sul nostro territorio può essere tra le cause di questi fenomeni?

 No, sono 2 questioni diverse. Questi fenomeni avvengono da tempo, la differenza è che oggi c’è la legge 199 ( quella che prevede l’arresto in caso di Caporalato n.d.r.) fortemente voluta dalla Flai Cgil, mentre prima era prevista solo una sanzione ammnistrativa che non faceva certo notizia. Quando noi, nel 2013, parlavamo di sfruttamento e caporalato in Franciacorta, la gente ci prendeva per matti o pensava ad allarmismi infondati a puro scopo propagandistico. Ecco il risultato.

Inoltre, tra il 2017 e il 2018, ho fatto decine di assemblee negli Sprar della nostra provincia per informare rifugiati e richiedenti asilo su come evitare di cadere nel tranello. Se vogliamo fare bene il nostro lavoro dobbiamo uscire dai nostri uffici ed andare sul territorio. Oggi il segretario nazionale Landini parla di “sindacato di strada” ed ha ragione. Da anni la Flai è presente sul territorio con moltissime iniziative, possiamo rivendicarne anche il copyright.

Se siete così attenti come mai il fenomeno prende sempre più piede invece di diminuire?

Perché senza coordinazione si fatica e si ottiene poco. Da anni cerchiamo di discutere di queste tematiche con il Consorzio Franciacorta: ricordo che, nell’anno dell’Expo, con i colleghi di Fai Cisl e Uila, abbiamo anche scritto per chiedere un incontro, ma nessuno ci ha risposto.

Serve un lavoro a più mani, che coinvolga Prefettura, Consorzio sigle Sindacali datoriali e imprenditoriali. Senza inutili protagonismi e scetticismi potremmo sederci e fare sintesi. Uso questa intervista proprio per mandare un messaggio: troviamoci prima della prossima vendemmia, ne guadagneremmo tutti.

Oggi, a Brescia, avete 2743 iscritti: un dato in tenuta rispetto all’anno precedente, se pure con qualche decina di unità in meno. Così, forse, ne guadagnerebbe qualche tessera anche il sindacato…

Non è solo questione di tessere: è l’immagine di un prodotto di eccellenza bresciana che conta e che va tutelata, come coloro che lavorano nei campi. E’ ovvio a tutti che il guadagno tra un quintale di pomodori ed una bottiglia di Saten è ben diverso: i consumatori, sempre più attenti al tema, questo lo valutano. Inoltre vorrei ricordare che, la scorsa estate, molti imprenditori sono rimasti senza manodopera perché molti sono andati a fare la stagione di vendemmia in Germania, Francia ed Austria, dove sono meglio pagati.

Ma le soluzioni concrete quali possono essere?

Una è quella di creare una rete pubblica e pulita di incontro tra domanda ed offerta di lavoro agricolo avventizio per la stagione della vendemmia. Se l’imprenditore sa dove reperire manodopera ed il lavoratore sa dove cercare lavoro, eliminiamo alla fonte il problema. Nessun problema per l’azienda, nessuna problema per il lavoratore ed il caporale sparisce. Se poi si riuscirà a creare anche una rete di trasporti ad hoc (altro grande ricatto per i lavoratori) il problema sarà risolto. Potrebbe anche essere gestita dalla Regione Lombardia: dopotutto Mantova, Cremona e Pavia hanno problemi simili.

Progetti per il futuro sul tema?

Innanzitutto, il 5 aprile, terremo un direttivo dedicato al tema del caporalato. Nell’occasione proietteremo il film “The Harvest”, che tratta del fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori indiani di Latina, alla presenza del regista del film Paco Mariani, della Flai Nazionale (con Mininni) e della Camera del Lavoro di Brescia. Poi cercheremo di tradure in azioni quanto le dicevo prima. Infine, ad agosto, saremo come sempre nei campi a distribuire acqua per placare la sete dei lavoratori e volantini in multilingue per dire loro che non sono soli.

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4 Commenti

  1. Fenomeno vecchio quanto il mondo. Legato alle solite forme di sfruttamento verso il meno tutelato. Un tempo lavoro per studenti e giovani in cerca di occupazione, oggi quasi esclusivo appannaggio degli stranieri. Perchè? Perchè li pagano meno, sono più ricattabili, non rompono… Che sono poi le discriminanti che fanno scegliere uno o l’altro lavoratore…. E questo vale anche nella ristorazione: pizzaioli, cuochi, aiuto cuochi, camerieri, lavapiatti, addetti alle pulizie. Tutti stranieri. Se qualcuno chiede una paga decente e tutele è subito un lazzarone e uno che vuole solo diritti. E intanto i nostri giovani vanno all’estero, anche lì sfruttati e malpagati. La gente distratta, basta pagare poco, va in questi posti e tutto va al ribasso…. Che la Cgil si accorga adesso di questi fenomeni che c’erano già quando lavoravano gli italiani la dice lunga sul bacino di utenza al quale mira: stranieri senza capacità di critica che accettano tutto quello che il sindacato dice pur di stare qui e fare una vita migliore. E quindi, mi chiedo: questi stranieri, sono una risorsa? Per chi sono una risorsa? E i nostri, che un tempo trovavano, adesso subiscono questa concorrenza sleale e tocca emigrare?

    • Miscela oggi esplosiva l’aver sottostimato o sottovalutato in Italia per decenni il fenomeno dell’immigrazione e dell’impatto reale che avrebbe avuto sugli scenari sociali ed economici. E la realtà conferma che tutto si rincorre “al ribasso” in termini di capacità di reddito e di poter di acquisto di stipendi e salari così come di tutele, di sicurezza, di diritti nei posti di lavoro. ll sindacato ? Poco più che una comparsa in una complessità che si accentua di giorno in giorno e che vede comunque le controparti datoriali ed impenditoriali sempre più in affanno sul fronte della produttività e del confronto con i mercati globalizzati.

  2. Finchè le organizzazioni sindacali continueranno a tutelare chi ha già diritti e non si occuperà in maniera seria e gratuita (senza il ricatto della tessera e dei soldi a chi nn ne ha), nn avrà credibilità e nn potrà mai creare nuovi adepti che veramente credono nelle giuste rivendicazioni che oggi il mondo del lavoro abbisogna. La sensazione insomma pare essere quella che ogni bottega opera per salvare se stessa e chi ci lavora.

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