Fatturazione elettronica: sei Pmi su dieci continuano a bocciarla

A osservarlo è l'indagine fatta da Apindustria interrogando nei giorni scorsi un campione di 100 imprese associate

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La fatturazione elettronica? Sei imprese su dieci continuano a non trovarla adatta alla realtà dimensionale delle PMI e sette su dieci rilevano un aumento dei costi di gestione. Solo un’impresa su due ritiene inoltre che il rischio di perdita di documenti si sia ridotto e che ci siano state semplificazioni. A osservarlo è l’indagine fatta da Apindustria interrogando nei giorni scorsi un campione di 100 imprese associate. L’indagine è stata effettuata a due mesi (1 gennaio 2019) dall’entrata in vigore del nuovo sistema di fatturazione. Se tali perplessità erano in qualche modo attese e confermano in buona parte le perplessità degli imprenditori fotografate da un’altra ricerca prima dell’entrata in vigore della fatturazione elettronica, la vera sorpresa riguarda la presunta infallibilità del sistema. Solo il 36% delle imprese non trova falle nel sistema, poco meno di 4 imprese su 10 riscontrano ritardi nella ricezione delle fatture, 2 su 10 emettono fattura ma sono bloccate dal sistema.

Nel complesso la fatturazione elettronica è promossa solo dal 39% delle PMI intervistate (a pieni voti dal 14%), mentre il 33% dei rispondenti resta cauto e preferisce attendere prima di prendere posizione. La procedura in sé non viene considerata complessa (o, meglio, solo un terzo registra tale aspetto), ma l’introduzione non è stata semplice. La spesa per il rinnovo degli strumenti tecnologici (pc, connessioni, etc.), è gravata su 46 imprese su 100, 7 su 10 hanno avuto bisogno dell’oneroso appoggio di commercialisti e altri professionisti (sei su dicei ritengono che sarà così anche in futuro).

Più piccola è l’azienda più aumentano le perplessità. Il 71% degli imprenditori con meno di 15 dipendenti (e che rappresentano il 31% del campione) ritiene che i margini di errore siano elevati.

«Dall’indagine fatta tra i nostri associati risulta sempre più evidente una situazione differenziata in base alle dimensioni delle aziende coinvolte – afferma Mario Magazza, vicepresidente e tesoriere di Apindustria Brescia -. Le aziende che già emettevano informaticamente le fatture hanno ottemperato agli obblighi adeguando i software gestionali. Quelle più piccole, meno organizzate, quelle per intenderci che emettevano fatture senza ausilio di software gestionali, hanno sopperito all’obbligo mediante il ricorso ai consulenti aumentando di fatto i costi operativi». Per tutte le imprese – osserva Magazza – vi sono anche difficoltà dovute alla lentezza e ai blocchi del sistema di interscambio, nonché alla laboriosità di riscontrare ed allineare le fatture fra quelle ricevute o spedite e quelle acquisite dal cassetto fiscale. «Avrebbe giovato a tutti – sottolinea Magazza -, alle imprese ma anche all’Agenzia delle Entrate, un approccio scaglionato, obbligatorio per le aziende medio grandi e volontario per quelle più piccole.

In tal modo si avrebbe avuto il tempo, prima di estenderlo a tutta la platea di aziende, di confermare la struttura informatica pubblica e a valutare l’impatto tecnico applicativo che oggi ha generato una serie di chiarimenti in corsa. Vero che fino a giugno non ci sono sanzioni, ma un approccio più graduale avrebbe generato meno ansie e preoccupazioni».

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