La mineralità vulcanica del Soave | BARBERA & CHAMPAGNE/9

Diverse sono le espressioni italiane dei vini vulcanici, molte ricomprese nell’associazione Volcanic Wines, che vede tra i principali sostenitori il Consorzio del Soave

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Stefano Bergomi
Stefano Bergomi

di Stefano Bergomi* ([email protected]) – Si fa presto a dire che un vino è minerale. Ma bisogna mettersi d’accordo sulla valenza della parola. Perché gli esperti di vino in argomento non sono concordi.

Sul libro di testo utilizzato per gli studi da sommelier l’accezione del termine rimanda a sentori olfattivi incisivi e penetranti, in parte riconducibili a rocce quali ardesia, pietra focaia, silice, grafite, e in parte a composti quali idrocarburi, benzina, inchiostro, polvere da sparo e salmastro.

Il termine del contendere è però se tali sensazioni siano o meno derivanti direttamente dal  tipo di suolo dove sono stati messi a dimora i vigneti. O meglio se vi sia correlazione diretta tra la presenza di minerali nel terreno (es. potassio, fosforo, zolfo e magnesio) e la sensazione di mineralità nel vino.

Secondo la tesi dei negazionisti il rapporto di causalità sarebbe da ricercare primariamente in altri fattori, quali il clima, l’altitudine, l’esposizione e l’irraggiamento.

In attesa che la scienza giunga a definitiva spiegazione, non resta che affidarsi alla pratica.

E allora il mio invito è di provare a degustare vini provenienti da suoli vulcanici. In tali tipi di terreno le sostanze minerali risultano infatti particolarmente concentrate.

Il vino che ne deriva solitamente è caratterizzato da uno spettro olfattivo che al primo impatto appare non troppo complesso; l’attacco non pone in evidenza le percezioni fruttate e floreali che caratterizzano i sentori primari di molti vini ai quali siamo abituati. La successiva indagine rivela però sensazioni sottili e intense. Anche al gusto i vini vulcanici hanno caratteri di distintività, colpiscono sempre per freschezza, con acidità e sapidità in bella evidenza.

Diverse sono le espressioni italiane dei vini vulcanici, molte ricomprese nell’associazione Volcanic Wines, che vede tra i principali sostenitori il Consorzio del Soave.

Soave versus – Gran guardia + Giulietta

Lo stesso Consorzio lo scorso week-end (31 Agosto) ha organizzato a Verona l’annuale evento “Soave Versus”, imperdibile occasione per conoscere ed approfondire la denominazione, o meglio, le denominazioni. Esistono infatti diversi disciplinari, che distinguono la DOC anche nelle sottozone Soave Classico e Soave Colli Scaligeri, nonché la DOCG del Soave Superiore. Inoltre il suolo, vista anche l’estensione abbracciata, non si presenta sempre uniforme. In particolare, la derivazione vulcanica non appare rintracciabile nell’ambito dell’intero territorio. Ben ha fatto il Consorzio, con lodevole sforzo, alla caratterizzazione in 33 UGA (unità geografiche aggiuntive); ogni CRU presenta caratteristiche pedoclimatiche esclusive che contribuiscono a rendere unico il vino prodotto in quello specifico vigneto.

Di seguito è riportata la recensione degli assaggi che mi sono piaciuti di più, effettuati durante la manifestazione.

Vigneti di Carbonare 2017, Cantina INAMA, Soave Classico DOC

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Come visibile dalla foto, la cantina Inama presentava in batteria l’intera produzione aziendale di vini soave. L’esperienza di degustazione è stata arricchita dalla possibilità di valutare in modo concomitante le diverse espressioni.

Nell’ingrato compito di sceglierne uno, tutti i vini erano infatti di ottima fattura, il mio voto va a Vigneti di Carbonare.

Il vino rappresenta la valorizzazione di uno specifico vigneto aziendale, con terreno basaltico di origine vulcanica, in piena zona del Soave Classico. Allevamento con pergola veronese, esposizione a est, e un microclima con brezze tendenzialmente più fresche rispetto ad altre zone circostanti, portano generalmente ad un ritardo di maturazione dell’uva, per la cui vendemmia è necessario attendere la piena maturazione degli acini anche fino a Ottobre. In cantina si è optato convintamente per una valorizzazione senza compromessi, confermando la garganega in purezza, una breve macerazione sulle bucce, con fermentazione e affinamento di 12 mesi in solo acciaio.

Il risultato finale è un vino teso e verticale.

Al naso l’attacco è leggermente agrumato, ma lascia ben presto il passo a lievi sentori di erbe aromatiche e a quell’innegabile sensazione che posso solo definire come “minerale”.

In bocca il vino si presenta equilibrato, senza appesantimenti da sovrastrutture. Di buona persistenza. Intrinsecamente ancorato ai capisaldi di sapidità e freschezza.

Sospettando un certa longevità, la tentazione è stata di comprarne alcune bottiglie e metterle in cantina, in attesa di scoprirne l’evoluzione nel tempo.

Soave Vintage 2017, Cantina Bertani, Soave Classico DOC

Bertani – presentazione bottiglia new

Le uve derivano da vigneti nel Comune di Soave, con terreni di origine calcarea e misto di argilla.

La caratterizzazione del vino non si fonda, quindi, sulla derivazione esclusiva da suoli di origine vulcanica ma sulla reinterpretazione in chiave moderna di un’antica filosofia di concezione del soave.

Perseguendo infatti l’obiettivo di esaltare le caratteristiche di aromaticità e gustosità della garganega, si procede a doppia e separata fermentazione. Per una parte, circa il 40%, l’uva viene raccolta verso la fine di settembre e vinificata in bianco; per la parte restante la raccolta viene eseguita alla fine di Ottobre, con pigiatura e fermentazione con le bucce.

La maturazione sui lieviti avviene poi in cemento, unendo insieme i prodotti delle due vinificazioni.

Il risultato finale nel bicchiere è un vino dal colore giallo paglierino con evidenti riflessi dorati, luminoso.

Al naso è inteso, con apertura verso fiori bianchi di piante da frutto ed evoluzione verso leggere note fruttate.

Avvolgente in bocca, accompagnato da una sensazione di morbidezza, rimane però fresco e leggermente sapido, comunque equilibrato ed armonico. L’accento finale regala anche in bocca alcune sensazioni fruttate, di pesca e albicocca.

Nelle confidenze strappate al banco d’assaggio è emersa l’impaziente attesa per la prossima annata 2018, con tutti i presupposti per essere memorabile.

Rivedendo i vari appunti sul mio taccuino emerge la mia predilezione per vini con garganega in purezza e provenienti dalla zona del Soave Classico, caratterizzati da personalità propria e particolare, mentre il fattore “vulcanico” non è risultato così determinante per la scelta.

E voi, quale tipo di soave preferite?

Castello di Soave – Particolare porta di ingresso delle mura new

 

* sommelier per passione

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