Recupero immobili abbandonati, ok della Regione al piano con fondi e semplificazioni

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Sede della Regione Lombardia, foto da Wikipedia

Via libera a maggioranza in Consiglio regionale alla legge che mette in campo incentivi e meccanismi di semplificazione per favorire il recupero di immobili abbandonati e per prevenire il degrado urbano. Dopo un intenso lavoro di confronto e approfondimento che ha portato all’approvazione di diversi emendamenti sia di maggioranza che di minoranza, hanno votato a favore i gruppi Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia, Energie per la Lombardia e gli esponenti del Gruppo Misto Viviana Beccalossi e Paolo Franco: non ha partecipato al voto il Movimento 5Stelle, astenuti i Lombardi Civici Europeisti e la rappresentante di Italia Viva nel Gruppo Misto Patrizia Baffi, contrario il Partito Democratico.
“L’immobile abbandonato rappresenta un costo negativo per tutta la collettività –ha sottolineato il relatore Gabriele Barucco (Forza Italia)- mentre un immobile rigenerato è un valore. Ecco perché questa legge è un volano per dare una svolta all’attività di proprietari ed enti locali e potrà essere la base per dare finalmente un volto nuovo ai vecchi centri abitati”.

I contenuti del piano

La nuova legge cerca di affrontare in modo sistemico il grave problema dei centri abitati degradati, oltre che degli edifici agricoli e rurali abbandonati, e pone i presupposti per tentare di risolvere anche questioni di carattere sociale. Gli interventi si pongono infatti l’obiettivo di risanare singole case o porzioni di quartieri, realizzando iniziative di rigenerazione con ricadute positive su abitabilità e attrattività dei centri abitati (anche in termini turistici e non solo urbanistici), nonché sul piano della sicurezza e della vivibilità urbana. Viene incoraggiata la trasformazione di aree con spazi verdi, servizi e infrastrutture. I progetti dovranno rientrare nelle previsioni dei piani territoriali, rispettando la già operante legge sul consumo del suolo. E dovranno essere in armonia con la carta di consumo del suolo che i Comuni dovranno realizzare, una sorta di censimento degli immobili abbandonati o dismessi da aggiornare annualmente.
La Regione assumerà il ruolo di “regista” e coordinerà le operazioni, lasciando il potere di dare il via all’iniziativa ai privati proprietari e ai Comuni. I primi potranno segnalare situazioni di particolare criticità (edifici fatiscenti e non abitati da almeno cinque anni), mentre i secondi potranno vagliare le istanze e inserire il progetto di recupero negli appositi piani annuali. Il privato che non dovesse procedere nei tempi dati a fronte di un progetto di rigenerazione che risolva problemi di sicurezza o di degrado, potrà essere destinatario di penali, fino all’esproprio nei casi più gravi.
Tra gli incentivi, previsti uno sconto fino al 60% sugli oneri di urbanizzazione e la possibilità di incrementi delle volumetrie fino al 20%, a fronte di tutta una serie di prescrizioni che comporteranno, in sostanza, il miglioramento delle condizioni degli edifici innanzitutto dal punto di vista energetico e della sicurezza. Altro obiettivo la legge si prefigge di raggiungere, è la lotta alla burocrazia per garantire agli investitori tempi certi per la realizzazione degli interventi, una volta dichiarato lo stato di degrado di un immobile attraverso perizia giurata e asseverata.
La norma finanziaria prevede un primo stanziamento iniziale di due milioni di euro, che serviranno per promuovere soprattutto i censimenti comunali. Poi si procederà con piani annuali cui concorreranno le risorse statali e regionali per somme da definire in base alle necessità.

Gli emendamenti approvati

L’Aula ha approvato oggi anche diversi emendamenti che recepiscono alcune delle sollecitazioni avanzate anche dai gruppi di minoranza e che, pur mantenendo in essere la centralità della Regione e confermando sostanzialmente le norme già approvate in Commissione Territorio, consentono in casi particolari maggiori margini di intervento ai Comuni.
Nello specifico gli emendamenti più significativi presentati dal relatore Gabriele Barucco certificano che il bonus volumetrico previsto per interventi di rigenerazione urbana non sarà più calcolato sulla base della superficie esistente, ma dell’indice di edificabilità previsto dal PGT, in quanto più rispettoso delle scelte pianificatorie comunali; l’intervento di recupero non deve interferire o in qualche modo andare a discapito dell’attività agricola già esistente; i Comuni con popolazione non superiore ai 20mila abitanti potranno mediante delibera di Consiglio comunale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, individuare gli ambiti e le aree del territorio alle quali non si applicano gli incentivi e le deroghe introdotte da questa stessa legge; dalle novità e dai bonus introdotti da questa legge sono esclusi non più solamente i recuperi finalizzati alle grandi strutture di vendita, ma anche alle attività di logistica e autotrasporto incidenti su una superficie territoriale superiore ai 5mila metri quadrati e alle attività insalubri.
Accolti anche alcuni emendamenti del Movimento 5 Stelle, recepiti dal relatore Barucco in altrettanti subemendamenti: si segnala in particolare la disposizione secondo cui, per gli interventi nell’ambito della logistica che saranno effettuati al di fuori delle aree interessate da rigenerazione urbana, è previsto un aumento del 50% degli oneri. Inoltre per gli interventi che prevedono movimenti di terra e eventuali operazioni di bonifica, è previsto “l’utilizzo di metodiche, protocolli e tecnologie innovative per il tracciamento dei rifiuti e dei sottoprodotti di cantiere, nonché l’assunzione di sistemi interni di valutazione dei subappaltatori e meccanismi di sicurezza sul lavoro”.
Approvato l’emendamento proposto da Patrizia Baffi (Gruppo Misto) che precisa come un immobile, per beneficiare dei contenuti e delle agevolazioni della nuova legge, dovrà essere stato abbandonato da almeno cinque anni (e non più da tre anni come inizialmente previsto) e quello presentato da Barbara Mazzali (Fratelli d’Italia) che assegna al proprietario un arco di tempo di massimo 10 anni per poter avviare interventi di rigenerazione e ottenere le premialità previste “con l’obiettivo di dare impulso alla legge stessa e di evitare speculazioni”.
Infine un emendamento dell’Assessore regionale all’Urbanistica Pietro Foroni, recependo anche alcune sollecitazioni avanzate dal Comune di Milano, stabilisce che un regolamento che sarà a breve definito e approvato dalla Giunta regionale stabilirà i criteri di riferimento per attribuire ai Comuni la possibilità di modulare gli incrementi volumetrici per interventi sul patrimonio edilizio esistente, tenendo conto di specifiche situazioni territoriali.

I commenti bresciani

“E’ una legge liberale e di grande attualità –ha detto Claudia Carzeri (Forza Italia), Presidente della Commissione Territorio,- che pone e mette al centro dell’iniziativa il singolo proprietario che potrà ora contare su un’alleanza tra enti tutti orientati a raggiungere l’obiettivo. E’ inoltre uno strumento importantissimo per promuovere bonifiche di territorio, anche in quelle aree oggi di difficile intervento a causa di costi e regole impraticabili”.

Questo nuovo tassello vede ancora una volta la Lombardia all’avanguardia nel rispetto dell’ambiente e del territorio -ha evidenziato Viviana Beccalossi (Gruppo Misto)-, coniugandolo con la valorizzazione della sua economia trainata dall’industria e dall’agricoltura”.

“Abbiamo limitato il danno di una legge che rimane sbagliata nell’impianto – ha ribattuto l’esponente del Pd bresciano Gianantonio Girelli – perché non aiuta chi deve fare le bonifiche, perché non si concentra sulle aree dismesse e non tiene conto delle differenze dei diversi territori della Lombardia. Questa legge non fa abbastanza per la rigenerazione: la Regione poteva e doveva essere più ambiziosa. Con i nostri emendamenti approvati dall’Aula si è almeno restituita ai Comuni la possibilità di decidere la quantità di premialità, sia per i volumi che per gli oneri, al contrario di com’era la legge nella sua formulazione originaria. Ora saranno i Comuni a decidere, in linea con i propri Piani di governo del territorio, e non la Giunta regionale con criteri imposti dall’alto. Abbiamo anche messo un freno alla trasformazione delle cascine verso destinazioni che nulla hanno a che fare con l’agricoltura, limitando le premialità agli immobili già dismessi all’entrata in vigore della legge, evitando le interferenze con le attività agricole”, lo dichiara Gianantonio Girelli, consigliere regionale del Pd, dopo l’approvazione, questo pomeriggio, in consiglio regionale, della legge sulla rigenerazione urbana, passata con i voti favorevoli di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Contrario il Pd, astenuti i Lombardi Civici Europeisti e Italia Viva, M5S non ha partecipato al voto. La nuova legge, come modificata con gli emendamenti presentati dal Pd, dà la possibilità ai Comuni di assegnare bonus volumetrici fino al 20% e riduzioni di oneri fino al 60%, secondo criteri che la Giunta regionale definirà con una propria delibera, per chi recupera un’area dismessa o sostituisce un fabbricato in disuso. Nella formulazione originale, molto contestata dal Pd, la Regione imponeva dall’alto ai Comuni incentivi e sconti degli oneri, in modo indiscriminato su tutto il territorio comunale. Durante la discussione è stato approvato anche l’emendamento che limita le trasformazioni del patrimonio agricolo alle aree già dismesse all’entrata in vigore della legge e non, quindi, a tutte le aree dichiarate dismesse da almeno tre anni dal proprietario: questa norma veniva contestata dal Pd in quanto incentivo di fatto a dismettere il patrimonio agricolo per ottenere la possibilità di trasformarlo, ottenendo anche i benefici volumetrici e di sconto degli oneri di urbanizzazione”.

Superfici e numero di aree dismesse e siti da bonificare in Lombardia: i dati del Politecnico

Secondo i dati del Dipartimento di Architettura e Studi urbani del Politecnico di Milano, in Lombardia (aggiornamento alla data del 29 ottobre 2019) esistono 3.393 aree dismesse che occupano una superficie di 4.984 ettari e sono distribuite in 650 Comuni.
Il 33% della superficie “dismessa” è localizzata a Milano e provincia, con 988 aree coinvolte; segue Brescia con il 14% e 276 aree, quindi Mantova con il 10% e 201 aree. Troviamo poi con il 9% Pavia (299 aree) e Varese (246 aree). L’8% della superficie dismessa è localizzata a Bergamo e coinvolge 237 aree, il 5% a Monza e Brianza con 489 aree prevalentemente di piccole dimensioni, il 4% a Lecco (289 aree) e a Cremona (95 aree), il 2% a Como con 153 aree. Infine solo l’1% della superficie regionale dismessa interessa rispettivamente i territori di Sondrio (88 aree) e Lodi (32 aree).
Sempre secondo i dati del Dipartimento di Architettura e Studi urbani del Politecnico di Milano, in Lombardia ci sono anche 914 siti da bonificare, quasi la metà dei quali (ben 425) localizzati nella Città metropolitana di Milano, a cui si aggiungono i 188 del capoluogo milanese. A seguire Varese con 86 siti da bonificare, Bergamo con 85, Brescia con 76, Monza e Brianza con 49, Pavia con 46, Mantova con 42, Como con 36, Lodi con 34, Lecco con 24, Cremona con 8 e Sondrio con 3.

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