Brescia: lavorare duro non basta, serve un patto per il futuro | di Gian Antonio Girelli

A Brescia quasi 30% non consegue il diploma e abbandona la scuola: siamo la maglia nera in Lombardia, più di 5 punti sopra la media nazionale

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Gianantonio Girelli, opinionista BsNews.it

di Gian Antonio Girelli – Lo scorso mercoledì, il 19 febbraio, Enrico Letta è intervenuto all’apertura del nuovo anno del Collegio universitario Luigi Lucchini di Brescia. Tema della sua lecito magistralis “la formazione dei giovani nella società globalizzata”. Articolato il suo intervento, capace di partire da una seria analisi di contesto (attuale e futuro) e di cogliere e stimolare le esigenze dell’oggi e del domani, con un forte richiamo al valore di un’Europa davvero unita.

Fra tutto è emersa la necessità di una sempre maggior capacità di coniugare la propria appartenenza ad una messa in condivisione. Vale per le radici culturali e sociali, vale per la scienza, dove le specializzazioni sempre più devono connettersi e sviluppare sinergie. Non è mancato un richiamo alla capacità, tutta italiana, di inventarsi soluzioni geniali (non è un caso la nostra ampissima attività e produzione scientifica). Non è stata omessa, ancora, la messa in evidenza di alcune palesi criticità. Si investe troppo poco in cultura, formazione, ricerca. I numeri sono lì a dimostrarlo in modo impietoso. Ancor di più é bassissima la percentuale di laureati rispetto la media europea e di molti Paesi emergenti.

Brescia non è da meno. Rispecchia in toto la realtà italiana. Da un lato possiede una riconosciuta capacità, dall’altro evidenzia alcuni dati che non possono lasciarci indifferenti. Tra tutti, il quasi 30% di chi non consegue il diploma e abbandona la scuola: siamo la maglia nera in Lombardia, più di 5 punti sopra la media nazionale.

Chiaro che in un contesto di grande cambiamento – in cui dominano l’internazionalizzazione di ogni settore economico e la necessità di sviluppare una capacità competitiva sempre più globale – questo quadro non può non preoccuparci. Anzi, visto in prospettiva futura, rischia di essere davvero dirompente.

Brescia, la sua grande Provincia, si è sempre caratterizzata per capacità di innovazione e qualità di produzione. Dal Dopoguerra in poi ha saputo inventare, cambiare e sviluppare una vivacità imprenditoriale incredibile: dal nulla sono nate realtà economiche di grande rilievo, capaci di competere e guadagnarsi quote di mercato non indifferente. Il tutto attraverso un sistema di piccole e medie aziende che non si sono mostrate deboli di fronte all’avanzare del modello delle grandi – e impersonali – multinazionali. Spesso ciò è avvenuto in settori in cui la qualità del prodotto ha giocato un ruolo fondamentale. Il segreto? La cultura del lavoro, base del nostro dna, la capacità di adattarsi, di affrontare là novità, come antidoto ai cambiamenti.

Questo rischia di non bastare più. Lo scenario é cambiato, i competitori sono mutati. Dobbiamo reagire. Investire sui giovani e la loro formazione, sul mondo dell’impresa e del lavoro, per far maturare una sempre maggior consapevolezza della sfida che abbiamo davanti e delle misure da mettere in atto.

Organizzazioni economiche e sociali, Università, Istituzioni devono siglare un patto su questa sfida. Devono destinare le risorse necessarie per attivare azioni concrete ed efficaci, soprattutto devono far scattare quel meccanismo che sta alla base di ogni vero successo economico, dove la crescita e i punti in più di produzione si traducono in un benessere diffuso e collettivo. Devono porre fine a quel progressivo abbandono di tanti giovani che non guardano più al loro Paese come il luogo dove costruire e sviluppare il loro futuro.
Queste non sono opportunità, sono necessità.

Brescia, come l’Italia, ha la forza di fare tutto questo. L’hanno i ragazzi che frequentano luoghi di eccellenza come il collegio Lucchini, ma anche tutti gli altri, ai quali va data l’opportunità di crescere, l’hanno gli imprenditori, capaci di raggiungere una riconosciuta autorevolezza non solo in Italia, l’ha il mondo del lavoro, che ha tutte le potenzialità per sviluppare quella continua formazione, sempre più indispensabile.

Non farlo significherebbe imboccare una nemmeno lenta strada del declino. Non possiamo e non vogliamo che questo avvenga.

* Consigliere regionale Pd

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1 COMMENT

  1. Penso proprio che il problema non sia nei numeri o nelle poche risorse destinate alla scuola. Il problema sta proprio nell’organizzazione della scuola. Dal 69 in poi abbiamo assistito ad un costante declino qualitativo della scuola e dell’università che, in nome della scuola di massa (e non di merito) l’ha trasformata da luogo dove si trasmettevano conoscenze, tecniche e mestieri, ad asilo dove tenere nell’ignoranza I nostri giovani. Tutte scelte della sinistra che il nostro sig. Girelli rappresenta. E I risultati sono lì da vedere. Sempre più diplomati e sempre più laureati incapaci di fare O col bicchiere e sempre meno competitivi. È ancora questa la direzione che vuole perseguire la sinistra e il sig. Girelli?

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