Nuovo premio per il poeta (dialettale) bresciano Angelo Bergomi, che nei giorni scorsi ha ricevuto la comunicazione ufficiale di aver conquistato il secondo posto alla XXIX edizione del Concorso letterario Internazionale “Città di Pomezia”, organizzato dal Comune di Pomezia (Lazio) e dal Centro studi Sisyphus.
Il suo, come molti lettori ricordano, non è un nome sconosciuto alle cronache. Bergomi – ingegnere che lavora per A2A – è, infatti, uno dei principali animatori del Pd: è responsabile provinciale Ambiente ed è consigliere comunale a Rovato, dove è stato anche candidato sindaco nella scorsa tornata elettorale. Da qualche tempo, però, la poesia – rigorosamente in dialetto bresciano – sembra averlo conquistato più della politica, senza però rinunciae all’impegno civile anche nei versi. E in pochi mesi si sono visti i risultati.
La lirica premiata a Pomezia è “A cülmartei e birulù” (A capitomboli e capriole) con cui, racconta l’autore, “ho cercato di descrivere – in rima – la spensieratezza dei fanciulli che, sotto lo sguardo apparentemente burbero degli adulti, esprimono il loro inno alla vita”.
Ma poche settimane prima, a dicembre, Bergomi aveva anche conquistato la Basilicata, vincendo il secondo premio alla quinta edizione del concorso letterario nazionale di poesia in vernacolo organizzato dall’associazione culturale “A Castagna Ra critica” di Lagonegro (Potenza). In quel caso la lirica premiata era “Se fösem töcc precìs” (se fossimo tutti uguali) che parla “della ricchezza portata in dote dalle differenze, sull’importanza delle sfumature che rendono bellissima la vita, sulla vittoria della diversità sull’omologazione”.
“A cülmartei e birulù” (A capitomboli e capriole) – Angelo Bergomi
Maraèa per en zöch nöf!
Ne la soöla öda dopo la bögada, ‘na barchèta de carta scarabociàda
la treersa chèsto lach de scuprì töt.
En gat che pìa e sgrafègna
a fórsa de faga dispècc. ‘Na corsa trafelàda sensa calsècc,
tra le file longhe de la ègna.
Cülmartèi e birulù,
sö e zó da le bale de fé,
la nona e le sò orassiù
“Ve che e dizele apó te!”
Dit en fat a la fì de la giornada
i zönöcc rós e töcc zgröbiàcc,
el pensèr a la gran baltegàda l’è apó nei reşoi amò sberlengàcc.
Meraviglia per un nuovo gioco!
Nella tinozza vuota dopo il bucato,
una barchetta di carta scarabocchiata
attraversa questo lago tutto da scoprire.
Un gatto che morsica e graffia
a forza di fargli dispetti.
Una corsa trafelata senza calze, tra i lunghi filari della vigna.
Capitomboli e capriole, su e giù dalle balle di fieno, la nonna e le sue orazioni “Vieni qui e dinne anche tu!”.
In quattro e quatr’otto alla fine della giornata le ginocchia rosse e tutte sbucciate, il pensiero al grande gioco è anche nei riccioli ancora arruffati.