CORONAVIRUS, il governo ripensi ad una riapertura delle chiese | di Claudio Bragaglio

"Non nascondo la mia obiezione sulla vicenda della esclusione dei fedeli per funzioni religiose in Chiesa, come è stata riconfermata dal Governo"

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Claudio Bragaglio, opinionista BsNews

di Claudio Bragaglio – Ho condiviso l’impostazione rigorosa sulla vicenda Coronavirus proposta dal Governo Conte, così come la linea prudenziale imboccata dalla Fase 2. Ma non nascondo la mia obiezione sulla vicenda della esclusione dei fedeli per funzioni religiose in Chiesa, come è stata riconfermata dal Governo.

Non per ragioni di opportunità politica, a fronte delle reazioni scomposte ed evidentemente strumentali della Destra, che già ci aveva provato. Non per i grandi principi di libertà religiosa che nessuno ovviamente vuole conculcare. Ma per due valutazioni che a mio modo di vedere vanno tenute in seria considerazione.

La prima, e più evidente, è quella della adozione di un criterio di distanziamento sociale, a garanzia della salute, che viene applicato per vari spazi pubblici, per i trasporti, negli uffici e nei luoghi di lavoro… che a mio parere ragionevolmente può e deve essere applicato anche nelle chiese e nei luoghi religiosi, avendo assicurate le necessarie garanzie di rispetto del distanziamento da parte dei diretti responsabili e più in generale della CEI, come peraltro essa si era e si è impegnata a fare.

La seconda valutazione di carattere generale, oltre che evidentemente religioso – che sottolineo da laico non credente – è di natura morale e civile. Conclusivamente anche di natura politica.

Soprattutto in momenti drammatici come questi, dove il dolore si intreccia con le riflessioni sulla fragilità ed il valore della vita penso che tutti gli spazi e le occasioni di riflessione, di preghiera, di raccoglimento, di meditazione, e tra queste indubbiamente quelle offerta anche dalle Chiese e da luoghi religiosi, possano costituire motivo anche per poter riguadagnare fiducia, solidarietà e speranza nel futuro delle nostre comunità.

Già Papa Francesco, in quella totale solitudine, in basilica e piazza S.Pietro nelle giornate di Pasqua ha dato al Paese uno dei più straordinari contributi all’impegno generale – e dei cattolici in particolare – contro la pandemia, al rispetto delle leggi ed a sostegno della tenuta della Comunità nazionale.

Ma tanto grande, doloroso e straordinario è stato in quei giorni il totale sovvertimento delle cerimonie religiose davanti al Paese ed al mondo stesso, tanto era ed è indispensabile, nella fase nuova, dare un segno di apertura alla partecipazione religiosa, quand’anche limitato, garantito e analogo a quello fatto per altre attività ritenute necessarie alla vita sociale e lavorativa.

Questo a mio parere l’errore, tutto politico, che è stato fatto ed a cui porre rapidamente rimedio con il Protocollo già annunciato dal presidente Conte.

Si parla molto di risorse finanziarie, ma a mio parere va fatto tutto ciò che è possibile per ridare al Paese risorse anche morali e civili. Che sia con preghiere, meditazioni, invocazioni, riflessioni, partecipazione od esempi di impegno civile come quelli che abbiamo visto in queste settimane…Ognuno, con le proprie rispettive convinzioni interiori, è chiamato a fare ciò che meglio ritiene, guardando dentro se stesso, per immaginarsi e ricercare – di fronte ad un male che così profondamente ci affligge – le ragioni di un impegno e di un riscatto per un cammino comune di ripresa.

Infine anche un cenno di carattere più culturale che vale a maggior ragione per realtà che hanno la storia di Brescia, della Lombardia, ma non meno – ritengo – anche a livello europeo e che rinvia al dibattito irrisolto sulle nostre comuni radici. Jurgen Habermas, il grande sociologo e filosofo, è ritornato anche di recente su una riflessione riguardante il rapporto tra religione-conoscenza-vita delle comunità, valorizzando la religione come una fonte della cultura e della normativa di società anche post-secolari. Esempio vivente di come un grande pensiero laico e democratico sappia comprendere il valore straordinario delle religiosità, delle loro diverse fonti originarie e degli sviluppi attuali, nel cammino difficile di questa nostra civiltà. Quand’anche civiltà secolarizzata.

Cosa evidente per i credenti delle diverse religioni, ma – ritengo – non meno anche per i non credenti nella cornice valoriale di uno stato laico dei diritti…di tutti i diritti. Ritrovandosi nei vari spazi che si possano riaprire, con garanzia della nostra sicurezza, al fine di sentirci a pieno titolo ancor più come comunità…delle tante, diverse, plurali ed indispensabili nostre comunità.

* Presidente della Direzione lombarda del PD

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2 Commenti

  1. Le chiese sono deserte da tempo: semplice constatazione che rende ancor più imcomprensibile la scelta del Governo. A meno che non si sia valutato che i pochissimi fedeli nonchè i celebranti sono quasi tutti…anziani, ossia la categoria più a rischio.

  2. Stradivarius, leggo su Bs News, di un don Loda di Leno che sostiene – aspramente e giustamente criticato da Piero Bisinella – “ le autorità ecclesiastiche sono prone al potere…contiamo meno dei cani! Anche quelli sono stati nominati dal signor Conte”… “. Ma andate a casa e vergognatevi fantocci!”. Si parla dell’ira dei Vescovi, della rivolta dei parroci… Poi ancora una volta…Papa Francesco, che interviene con saggezza, ma accompagnato anche con un qualche commento sbagliato del tipo: li ha messi in riga. No, proprio non ci siamo. Proprio perché condivido la linea rigorosa del Governo Conte, va pur detto che un errore è un errore. Anche per le fenditure che apre, per i famosi vasi di Pandora che scoperchia (come se di don Loda non ce ne fossero abbastanza!) e che potevano e dovevano essere evitati. Ricorrendo da subito alla saggezza della politica e non già a quella, in soccorso, del Papa. Solo dopo la gaffe il Protocollo è stato annunciato. Perché non prima? Poi regole rigorose e limitazioni si son date per tutto e perché – nel confronto – non anche per le chiese? E poi perché non differenziare in base alla gravità? Se la Lombardia con i suoi 10 milioni di abitanti ha l’emergenza di 75 mila casi totali (positivi, guariti, morti) non son la stessa cosa altre Regioni, come una Sicilia od una Campania con circa la metà degli abitanti della Lombardia, ma che hanno solo 3 mila e 4,5 mila casi totali.

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