CORONAVIRUS, la lettera aperta dei 43 alla politica

"Coloro che sottoscrivono questa lettera aperta alla politica sono semplici elettori che auspicano un profondo cambiamento sociale, politico ed economico in seguito all’esperienza di questa pandemia"

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Megafono, foto generica da Pixabay

Pubblichiamo di seguito la lettera aperta alla politica inviata al nostro giornale da Dante Mantovani a nome di 43 “semplici elettori”, anche se tra questi non mancano nomi piuttosto conosciuti del centrosinistra e del mondo cattolico.

LETTERA APERTA ALLA POLITICA

Coloro che sottoscrivono questa lettera aperta alla politica sono semplici elettori che auspicano un profondo cambiamento sociale, politico ed economico in seguito all’esperienza di questa pandemia.

Tutti stiamo attendendo che questa emergenza finisca il più presto possibile, ma siamo però preoccupati che questa voglia di riprenderci la normalità nasconda il desiderio di tornare esattamente come prima, come se nulla fosse successo: in economia, nei rapporti sociali, in politica, in tutti gli ambiti della convivenza civile. Sono invece molte le personalità della cultura, dell’economia e del mondo ecclesiale che stanno auspicando un cambiamento definitivo, per salvare l’umanità e il Pianeta.

Impegni di svolta radicale si erano manifestati anche in occasione della crisi economica del 2008, ma la realtà del “dopo” è stata ben diversa dai buoni propositi: il sistema economico ha creato maggiori diseguaglianze, le guerre e la corsa agli armamenti non sono cessate, gli appelli alla difesa dell’ambiente sono rimasti voci nel deserto.

Non vorremmo che ciò avvenisse anche ora e, proprio per questo, ci sentiamo in dovere di esprimere qualche auspicio che rivolgiamo in primis alla politica, ma anche a tutti i cittadini-elettori.

Durante questa pandemia abbiamo potuto assistere al manifestarsi di una solidarietà senza alcun distinguo ideologico, politico o religioso, dentro gli ospedali e sul territorio, solidarietà che richiede di essere considerata e rappresentata anche a livello politico ed istituzionale. Tutte quelle persone stanno chiedendo alla politica una conversione capace di ridarle credibilità, nella riscoperta della sua funzione di servizio disinteressato alla società nel suo complesso, ricercando partiti in grado di rappresentarne le potenzialità. È una sfida lanciata a tutte le forze politiche.

La politica deve ritornare preminente sull’economia, affinchè questa ritorni al servizio della persona e della collettività e non del solo profitto. L’impresa deve tornare consapevole della propria responsabilità, sancita dalla Costituzione, nei confronti della società e non solo dei propri azionisti. Lo Stato deve riappropriarsi del diritto/dovere di indirizzare l’economia verso il bene collettivo.

Colui che oggi più di tutti sta indicando al mondo intero le strade da percorrere per costruire una nuova umanità è senza dubbio Papa Francesco. Alcuni economisti e sociologi si stanno spendendo per offrire gambe politiche agli stimoli del Papa. Pensiamo, ad esempio, a Stefano Zamagni, a Leonardo Bechetti, Alessandra Smerilli, Mauro Magatti, ma anche a “profeti” quali Alex Zanotelli e don Luigi Ciotti.

E’ necessario progettare un modello di sviluppo economico e sociale che sia veramente a misura d’uomo e di donna, che abbia al centro la persona, il lavoro ed il  benessere collettivo perché l’attuale sistema neoliberista, smantellando lo Stato Sociale in generale, ha creato diseguaglianze in tutto il mondo e, privilegiando il profitto, ha penalizzato istruzione e cultura.

L’economia reale deve tornare ad essere prevalente rispetto alla finanza, paradossalmente l’unica forma di globalizzazione che ha funzionato, ma solo a vantaggio di pochi. Il profitto non dovrà più essere finalizzato solo all’arricchimento individuale, ma in primis alla costruzione del bene comune. Il sistema economico-produttivo non potrà più prescindere dal preservare e valorizzare l’ambiente in tutti i suoi elementi e da un uso sostenibile delle risorse naturali (non è escluso il nesso tra l’inquinamento atmosferico e la diffusione del Coronavirus).

Questa crisi è l’occasione per ripensare le “certezze” di questi ultimi decenni durante i quali la parola d’ordine è stata “privatizzare”, soprattutto i servizi essenziali quali la sanità. Di quelle scelte politiche stiamo tragicamente pagando le conseguenze in queste settimane, soprattutto in Lombardia, dove il privato è stato ampiamente privilegiato rispetto al pubblico, pure con gli scandali ai quali abbiamo assistito.

E’ necessario pensare ad una gestione soprattutto pubblica, efficiente e non lottizzata dei servizi essenziali alla persona, in primo luogo della sanità, integrata sì dal privato soprattutto no profit, ma con indirizzi e controlli stringenti finalizzati ad un servizio veramente pubblico, cioè accessibile a tutti. È indispensabile rivedere tutto il sistema della regionalizzazione della sanità: non è più sostenibile avere 20 sistemi sanitari diversi uno dall’altro, in concorrenza tra loro. Ma anche tutto il rapporto tra Stato centrale ed autonomia dovrà essere ripensato. È opportuno rivalutare l’ipotesi di un Servizio Sanitario Nazionale unitario indirizzato sì dalla politica, ma gestito da tecnici al servizio dei cittadini.

I partiti devono ridare alla politica una forte valenza pedagogica nei confronti della società, ispirata ai valori costituzionali della dignità di ogni persona e di tutte le persone, della solidarietà, dell’uguaglianza e della pace, abbandonando la rincorsa spasmodica del consenso.

Non vogliamo una politica che speculi sull’immigrazione per raggranellare voti, mettendo in secondo piano temi essenziali alla nostra convivenza. Certo, l’immigrazione è questione complessa che deve essere governata con intelligenza, ma senza condizionamenti ideologici e con l’obiettivo di una positiva integrazione, non certo attraverso provvedimenti quali i “decreti sicurezza”. L’emergenza del coronavirus ci ha posto di fronte ad una verità scontata, ma non sempre riconosciuta: gli uomini e le donne di ogni etnia, di ogni provenienza sono tutti uguali nella fragilità di fronte alle evenienze naturali.

E’ necessario uscire dalla logica delle alleanze militari che rappresenta l’alibi per scaricare su altri la responsabilità di abnormi spese belliche e del mantenimento di focolai di guerra sparsi in tutto il mondo. Le ingenti risorse sprecate nelle armi devono essere investite per difendere le persone dalle malattie e dalla povertà: questa è la difesa che serve.

Vogliamo che i partiti diventino luoghi di elaborazione partecipata di programmi e di preparazione di una classe dirigente capace di assumere ruoli istituzionali con una impostazione morale e culturale fondata sui valori della Costituzione. Abbiamo bisogno di statisti che pensino al bene comune e non di politici concentrati solo sulle prossime scadenze elettorali; necessitiamo di politici che, una volta assunti incarichi istituzionali, non siano più uomini di  parte, ma autorità responsabili di tutti i cittadini.

Le istituzioni non dovranno più essere utilizzate strumentalmente per costruire consenso al proprio partito, perciò sarebbe opportuno che almeno gli incarichi istituzionali più importanti fossero dichiarati incompatibili con responsabilità dirette di partito.

Ai partiti spetta il ruolo di costruire partecipazione democratica tra i propri iscritti ed i propri elettori, favorendo il consenso attraverso proposte di contenuto programmatico e non propagandistico e alimentando un confronto/dibattito scevro da ideologismi, ma non privo di visioni ideali e culturali.

Chiediamo a tutti i partiti di farsi carico di questa necessità di cambiamento che attraversa larghe fasce di cittadini ed elettori, di diventare luoghi dove uomini e donne possano esercitare una cittadinanza attiva e contribuire a costruire un mondo diverso, di diventare soggetti politici dove si possa coltivare la speranza di una società e di una umanità nuove. Un’ultima, ma non meno importante sollecitazione, senza voler scadere nella demagogia: che vengano eliminati tutti i privilegi di cui godono ancora oggi parlamentari e consiglieri regionali per eliminare almeno un appiglio, non infondato, della retorica dell’antipolitica.

Dante Mantovani – Angelo Savani – Emanuela Hoc – Matteo Savani – Luciano Pendoli – Andrea Garzoni – Nicoletta Postiglione – Bruno Ghidoni – Clara Signorelli – Mauro Spiller – Donatella Saiani – Gabriele Spiller – Andrea Franchini – Fabrizio Molteni  – Angiola Mantovani – Gianni Rossini – Stefania Romano – Luciano Faverzani – Franco Serra – Fabiana Conti – Augusto Berardi – Domenica Currò – Angelo Scaroni – Paolo Mostarda – Fabio Basile – Pierangelo Milesi – Renzo Fracassi – Centina Bazzana – Ernesto Paroli – Sara Mantovani – Maurizio Billante – Angelo Alioto – Luigi Bazzana – Lia Matti – Alessio Bonetti – Mariella Mentasti – Lino Molinari – Giuseppina Imelda Rigosa – Matteo Franceschini – Paolo Mancino  – Angelo Onger – Simona Bonometti – Maurizio Panelli – Elisa Mantovani –  Gabriele Morosini

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