⚠️⚠️⚠️ CORONAVIRUS, l’esperto: come orientarsi nel caos normativo delle mascherine

Con il nuovo Regolamento Europeo, è stato chiarito, una volta per tutte, che non è possibile commercializzare in Europa, DPI che non siano marcati CE.

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Giorgio Taglietti

Come è cambiato il quadro normativo sulla produzione e la vendita di mascherine chirurgite nelle settimane dell’epidemia? Cosa bisogna fare oggi per aggiornarsi ed essere in regola? A queste domande risponde Giorgio Taglietti – ex responsabile del Servizio di prevenzione e protezione dell’allora Asl (oggi Ats) di Brescia ed ex consigliere ccomunale in città – che da qualche settimana, con grande spirito di servizio, ha deciso di accompagnare i nostri lettori fornendo spiegazioni validate e soprattutto utili. In poco tempo Taglietti ha ricevuto, tramite il nostro sito, diverse centinaia di e-mail con domande di chiarimento. Con grande impegno ha risposto a quasi tutte. E lo ringraziamo, anche a nome dei lettori, per la sua disponibilità.

L’articolo che segue – aggiornato al 11 maggio – è la sintesi delle risposte ad alcune delle domande più frequenti degli ultimi giorni.

MASCHERINE CONTRO IL COVID-19, COSA DICE LA NORMATIVA

Un anno fa, sulla Gazzetta Ufficiale n° 59 del 11 marzo 2019, è stato pubblicato  il D. Lgs. 17/2019, contenente “l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE n°2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/CEE del Consiglio”.

Il provvedimento, entrato in vigore il 12 marzo 2019, modifica, in pratica, la normativa nazionale in materia di Dispositivi di Protezione Individuale, in modo da renderla compatibile con il Regolamento Europeo.

L’obiettivo è di semplificare e chiarire il quadro esistente per l’immissione sul mercato di tali dispositivi, superando le differenze applicative riscontrate in passato attraverso un provvedimento identico per tutti gli Stati membri; nonché di migliorare la trasparenza, l’efficacia e l’armonizzazione delle misure esistenti.

Le principali modifiche al precedente D. Lgs. n°475/1992 apportate dal D. Lgs. 17/2019:

  • I requisiti essenziali di salute e di sicurezza elencati nel presente regolamento sono inderogabili.
  • I DPI possono essere immessi sul mercato se presenti nelle “Categorie di DPI” (Art. 4) e se rispettano le indicazioni delle “Procedure di certificazione CE” (Art. 5).
  • I DPI ritenuti conformi debbono avere la marcatura CE e il fabbricante, o il mandatario stabilito all’interno del territorio dell’Unione Europea, possono presentare la documentazione richiesta e, qualora si trattasse di DPI di II o III categoria, la documentazione richiesta negli allegati quinto, sesto, settimo e ottavo del regolamento dedicato ai Dispositivi di Protezione Individuale.
  • La marcatura CE deve seguire in toto le indicazioni riportate negli articoli 16 e 17.
  • Il fabbricante deve procedere con la valutazione di conformità e redigerne la documentazione tecnica così come richiesto all’articolo 5.
  • Il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ora saranno impegnati nella vigilanza del mercato dei DPI e potranno avvalersi delle camere di commercio per la sorveglianza degli stessi.

Le Sanzioni sono un altro punto focale delle modifiche del Decreto in oggetto.
Si sostituisce infatti il precedente articolo 14 e vanno ad elencarsi tutte le modifiche relative alla questione sanzionatoria verso i fabbricanti che immettono sul mercato DPI non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza.
Gli Oneri e i Pagamenti sono stati anch’essi modificati e sono “a carico degli operatori economici interessati”.

Ultimo aggiornamento il 3 Aprile 2024 17:28

Con il nuovo Regolamento Europeo, è stato chiarito, una volta per tutte, che non è possibile commercializzare in Europa, DPI che non siano marcati CE.

Tutto questo è rimasto valido fino a quando la rapida diffusione della pandemia del SARS-CoV-2, ha obbligato il Governo ad emanare decreti e circolari in deroga alla normativa in essere, con l’intento (non riuscito) di facilitare la produzione e l’importazione di mascherine. Il primo provvedimento ad essere emanato è stato il Decreto Legge 2 marzo 2020 n°9, il così detto “Cura Italia”, che all’articolo 34 recita:

  1. In relazione all’emergenza di cui al presente decreto, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, è consentito l’utilizzo di dispositivi di protezione individuali di efficacia protettiva analoga a quella prevista per i dispositivi di protezione individuale previsti dalla normativa vigente. L’efficacia di tali dispositivi è valutata preventivamente dal Comitato tecnico scientifico di cui all’articolo 2 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile del 3 febbraio 2020, n° 630.
  2. In relazione all’emergenza di cui al presente decreto, in coerenza con le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e in conformità alle attuali evidenze scientifiche, è consentito fare ricorso alle mascherine chirurgiche, quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari; sono utilizzabili anche mascherine prive del marchio CE previa valutazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità.Praticamente, mentre da un lato si apriva alla possibilità di utilizzare dispositivi costruiti in conformità a norme equivalenti alla nostra EN149:2001+A1:2009 , dall’altro si consegnavano agli operatori sanitari, i soggetti più esposti, delle mascherine chirurgiche prodotte senza alcun rispetto di norme tecniche e senza marcatura CE.
    Bastava la valutazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità che però, a quanto pare, è rimasta intrappolata nei meandri burocratici.Per cercare di porre rimedio, neanche una settimana dopo, il Ministero della Salute emanava la circolare prot.15540/P/13/03/2020 avente ad oggetto:”Mascherine in TNT – circolare informativa emergenza epidemiologica da Covid-19” nella quale si afferma che “le mascherine in tessuto non tessuto per essere utilizzate come dispositivi medici, devono avere le seguenti caratteristiche:corrispondere alle norme UNI EN ISO 14683 e UNI EN ISO 10993 ed essere prodotte da imprese provviste di un sistema di qualità”

A mio parere, anziché generare ulteriore caos, sarebbe stato sufficiente dare seguito a quanto scritto nel comma 2 perché, come evidenziato dal CDC e dal NIOSH americani e dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, i facciali filtranti FFP2 trovano corrispondenza con altri dispositivi costruiti in altre nazioni:

As shown in the following summary table, respirators certified as meeting these standards, can be expected to function very similarly to one another, based on the performance requirements stated in the standards and confirmed during conformity testing.”

N95

NIOSH
42C FR84
USA

FFP2
EN 149
2001
Europe
KN95
GB 2626
2006
China
P2 AS/NZA

1716 2012
Australia
New Zeeland

1st Class

KMOEL

2017-64
Korea

DS

JMHLW
Notification

214, 2018
Japan

Efficienza filtrante >95% >94% >95% >94% >94% >95%


Praticamente i facciali filtranti

  • N95 costruiti negli Stati Uniti secondo la norma NIOSH 42C FR84
  • FFP2 costruiti in Europa secondo la norma EN149:2001+A1:2009
  • KN95 costruiti in Cina secondo la norma GB2626 – 2006
  • P2 costruiti in Australia-Nuova Zelanda secondo la norma 1716-2012
  • 1st class KMOEL costruiti in Korea secondo la norma 2017-64
  • DS JMHLW Notification costruiti in Giappone secondo la norma 214,2018

SONO EQUIVALENTI FRA DI LORO

e quindi, come fatto dalla FDA (Food and Drug Administration) con il suo documento “Enforcement Policy for Face Masks and Respirators During the Coronavirus Disease” del
26 marzo 2020, in cui rende possibile l’importazione di dispositivi equivalenti da paesi stranieri mediante il ricorso ad una EUA (Emergency Use Authorization), così anche in Italia, anziché privilegiare la Cina, si sarebbe potuto acquistare sul mercato mondiale dei dispositivi certificati e darli in dotazione prima agli operatori sanitari e poi anche ai privati.

Ma non è finita qui, a complicare ulteriormente le cose, ecco che il 17 marzo viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n°70 un nuovo Decreto Legge, il n°18 del 17 marzo 2020, che all’articolo 15 recita:

Disposizioni straordinarie per la produzione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale.

  1. Fermo quanto previsto dall’articolo 34 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, per la gestione dell’emergenza COVID-19, e fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, è consentito produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale in deroga alle vigenti disposizioni.2. I produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche di cui al comma 1, e coloro che li immettono in commercio, i quali intendono avvalersi della deroga ivi prevista, inviano all’Istituto Superiore di Sanità una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa.
    Entro e non oltre 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’Istituto Superiore di Sanità ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa.
    L’Istituto Superiore di Sanità, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel presente comma, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti.3. I produttori, gli importatori dei dispositivi di protezione individuale di cui al comma 1, e coloro che li immettono in commercio, i quali intendono avvalersi della deroga ivi prevista, inviano all’INAIL una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi e dichiarano che gli stessi rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa.
    Entro e non oltre 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’INAIL ogni elemento utile alla validazione dei dispositivi di protezione individuale oggetto della stessa.
    L’INAIL, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel presente comma, si pronuncia circa la rispondenza dei dispositivi di protezione individuale alle norme vigenti
  2. Qualora all’esito della valutazione di cui ai commi 2 e 3 i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, impregiudicata l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore è fatto divieto di immissione in commercio.Praticamente, a meno di cambiamenti dell’ultima ora, chiunque intenda produrre mascherine di tipo chirurgico deve connettersi al sito dell’Istituto Superiore di Sanità e scaricare la modulistica necessaria alla pratica di validazione, mentre coloro che intendano produrre dispositivi di protezione individuale, devono fare la stessa cosa, ma collegandosi al sito dell’INAIL.

Relativamente alla Regione Lombardia, la validazione delle mascherine chirurgiche è stata affidata al Politecnico di Milano che, con propria nota tecnica V 4.0 del 4 aprile 2020, ha indicato dettagliatamente come devono essere costruite e i materiali da utilizzare.
A titolo puramente informativo, alla data di oggi il Politecnico ha effettuato controlli su oltre 600 prototipi: soltanto DIECI avevano i requisiti di sicurezza, il resto era cotone senza nessuna capacità filtrante!

Resta infine da valutare il discorso di tutte quelle mascherine filtranti, NON chirurgiche, prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti disposizioni sull’immissione in commercio.

Per tali prodotti, non soggetti, quindi, ad alcuna valutazione dell’INAIL o dell’ISS, e che, per la loro destinazione, non si configurano come Dispositivi Medici e pertanto non possono essere utilizzati dagli operatori sanitari durante il servizio, è esclusa l’applicazione delle procedure straordinarie di cui all’articolo 15, ma è previsto che il produttore garantisca che le mascherine non arrechino danni o determino rischi aggiuntivi per gli utilizzatori secondo la destinazione d’uso prevista dai produttori stessi (circolare Ministero della Salute del 18/3/2020 n. 3572).

Sfruttando tutto questo caos normativo, vi sarete, certamente, accorti che sul web stanno allora comparendo una marea di annunci che mettono in vendita:

–  mascherine spacciate per chirurgiche, ma ottenute con svariati materiali (anche di
recupero) che non possiedono le caratteristiche tecniche necessarie a rispettare tutti i
requisiti di sicurezza;

–  mascherine messe in commercio con la dicitura “in attesa di validazione da parte
dell’Istituto Superiore di Sanità”, ma fino a quando non arriva tale validazione, non è
dato di sapere se possiedono i requisiti di sicurezza e pertanto non possono,
ovviamente, essere vendute;

–  mascherine di cui non viene indicata la provenienza e la composizione, spacciate per
FFP2, dotate addirittura di falsi certificati che nulla hanno a vedere con i report dei test
da parte di un organismo notificato.

Vi invito pertanto a prestare la massima attenzione e a non affidare la vostra sicurezza al caso, perchè siamo esseri umani fragili, ma unici, irripetibili e importanti.

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