📕 Eccellenza | 📮 IL RACCONTO DELLA SETTIMANA/16

Il capo si faceva chiamare per cognome, era " Il Cerutti" e il suo degno tomo, il secondo paragrafo, colui che eseguiva quello che il capo disponeva, era " il Gino "...

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Umberto Tanghetti, scrittore

ECCELLENZA – racconto di Umberto Tanghetti

Il capo si faceva chiamare per cognome, era ” Il Cerutti” e il suo degno tomo, il secondo paragrafo, colui che eseguiva quello che il capo disponeva, era ” il Gino “.

Per tutti erano ” il Cerutti e il Gino ” ed erano lombardi fino al midollo, come a dire ossobuco con polenta.

Li chiamavan draghi, per la loro capacità di creare rapporti con quelli che contano, tanto che cominciarono a contare essi stessi, lombardi da generazioni, sin da quando, a Monza, si parlava ancora della monaca e non del circuito di Formula uno.

Un giorno il Cerutti e il Gino ebbero un’ idea e chiamarono un Tizio, un povero Diavolo del Giambellino, detto il Giambe, estratto a sorte aprendo a caso un vecchio elenco del telefono trovato in fondo ad un cassetto.

Il Giambe  era uno normale che non aveva competenza alcuna, uno da fatica, uno che onestamente si arrabattava e quei due gli dissero:

“Qui si gioca all’eccellenza! Dobbiamo valutare quanto reggi tu in rappresentanza dei lombardi e dimostrare al contempo quanto vale il nostro marchingegno! “

“Ué – rispose con cadenza milanese, incredulo per quell’interesse nei suoi confronti – a disposizione!  Trattasi di cosa? “

I due visionari  “burro e salvia” avevan fatto costruire per tempo una piattaforma su palafitta con tutti i crismi:

aria condizionata, legno di mogano, poster di Santi alle pareti (per via dei fitti rapporti dei propri Avi proprio con la monaca di Monza, rimasero sempre attenti a manifestare la propria predilezione per le Chiese a tre  navate almeno, effigi da mettere in risalto, statuine da baciare.. );

acqua fresca, gasata, liscia…media, direttamente  dal rubinetto;

TV satellitare, nazionale, mondiale, con grande attenzione a quella regionale, provinciale, locale.

Potevi persino dire:

“Tèh gùgol, smòrsa la televisiù!” e quella si spegneva rispondendo:

“Dacòrde, adès me smòrse!”

Roba da eccellenza, mica scherzi!

Nella doccia usciva direttamente la schiuma “soffice, morbida, bianca sembra panna sembra neve”.

Una roba da cumenda!

In fine, il fulcro di quel sistema: tre letti iper-mega-stra tecnologici tutti lucidati e molleggiati davanti ai quali c’erano  botole ad apertura a scatto con un meccanismo ben oliato e sotto a quelle, i coccodrilli;

il Cerutti ed il Gino avevano, ognuno, un trespolo estensibile proprio sopra quei letti, fatto in pelle di muflone pieno fiore lavorata a mano da sapienti manine; i trespoli erano dotati di una leva sulla destra con la quale regolare l’estensione fin oltre i dieci metri: svettavano che era un piacere!

Tutto liscio come l’olio.

Una vetrata mozzafiato vista arco alpino completava quell’ambientazione suggestiva: la pianura padana ai propri piedi incoronata dalle Alpi.

Quindi dissero : ” Uellà Giambe! Vien chi ( sempre con tono lombardo-milanese )! Ora faremo venire tanta gente (è da anni che ci lavoriamo! Ti sarai pur accorto che siamo l’eccellenza! ).

Gente che pazientemente starà in coda e alla quale faremo occupare a turno i tre letti.

Tu schiaccerai il bottone per eliminare quello che tra i tre ti sembrerà più malmesso, buono da dare in pasto ai coccodrilli e poi sotto con un altro e così via”.

Misero l’annuncio sui giornali, ne parlarono le televisioni e in tanti furono incuriositi da quel gioco d’eccellenza, la coda era interminabile.

I primi tre si arrampicarono con grande commozione, salutando tutta la platea con sventolio di fazzoletto bianco e quegli altri rispondevano con gran clamor di mani:

pareva il Titanic che salpava da Southampton.

Il verbo  “arrampicarsi” non è stato scelto a caso: la piattaforma aveva, come accesso ai letti, delle scale a pioli sull’esterno, a strapiombo sopra il vuoto in modo che, se troppo anziano o poco agile o distratto e un po’ dabbene, scivolavi cadendo in basso e non arrivavi su a fare perder tempo a tutti gli altri.

I coccodrilli sotto questi pioli eran quelli più cattivi, i più spregiudicati, quelli coi canini più affilati, quelli con la cui pelle, a fine vita, si facevano le borse di contrabbando: lì a disputarsi gli scarti umani che non arrivavano nemmeno ai letti..

Comunque, si diceva dei primi tre: 80 ,73 e 54 anni.

La scelta non fu difficile e cadde sullo ottantatreenne (e qui il verbo cadere pare presa in giro, ma lo si dice con rispetto) per quanto fosse venuto su più veloce di tutti, fischiettando.

Era un bel tipo, ma dovendo fare delle scelte, il Giambe “lasciò andare lui”, il più vecchio. ( Non riusciva a dire e nemmeno a pensare il verbo uccidere o condannare a morte, lo trovava inappropriato per il gioco dell’ eccellenza! ).

Schiacciò il bottone, il letto si impennò coordinato in maniera mirabile con l’apertura della botola e i coccodrilli festeggiarono.

Andò avanti così parecchio tempo, la coda lungo il marciapiede era assai copiosa, ma sulla piattaforma le scelte d’eccellenza, ormai, si facevano di fino: “labor limae”.

Eran su una di 56, uno di 51 e uno di 48: scendeva l’età media per uno strano meccanismo, quasi fosse selezione naturale;

tuttavia, nel gioco d’eccellenza non bastava l’anno di nascita per decretare la condanna, troppo facile!

Si doveva considerare tutto e quel quarantottenne era messo proprio male: asma, bronchiolite, appendicite, una suocera pesante, l’alito puzzone, scoreggiava a sua insaputa, quasi come se gli avessero acquistato un appartamento vista Colosseo, con quello sguardo come a dire:” Mica sono stato io! “..

Fu lui a finire in pasto ai coccodrilli.

Era, quella, la coppa dei Campioni, mica pizza e fichi.

La gente, incuriosita, sgomitava per salire, arrivava a frotte e lui cominciava un poco ad esser stanco, come se avvertisse la tensione per quel ruolo, come ad avere un crampo al dito che pigiava quel bottone.

Ogni tanto guardava su sui trespoli e il Cerutti e il Gino  a loro volta lo scrutavano dicendo: “Avanti, avanti! ” sempre nello stesso modo, roteando la manina assieme alle parole, con cadenza ripetitiva, con quello stesso vuoto modo di sciorinare incitamento, tanto che cominciò a chiedersi se la risposta non fosse registrata..

Intanto i coccodrilli eran satolli e cominciarono anch’essi a stufarsi di mangiare, cominciarono a guardarsi intorno.

Si erano così organizzati per parare il “botolato” che finiva giù volando, volevano salvarlo: alcuni paravano e altri coccodrilli valutavano dando il voto alla parata, tirando su le palette con i numeri..

I rettili che stazionavano sull’ esterno organizzarono bische clandestine per scommettere su quale sarebbe stato il migliore gesto atletico e così anche la gente cominciò a distrarsi e saliva sempre meno sulla piattaforma: quei voli così spettacolari si diradarono vieppiù.

Il Giambellino in quel momento si accorse che qualcosa cominciava a vacillare e guardava verso l’alto con sempre maggiore diffidenza: “Avanti, avanti!” Gli dicevano quei due, ma sempre con lo stesso tono.

Un Tale sdraiato in uno dei tre letti, un trentacinquenne sveglio e ormai stufo per l’assenza di ricambio, disse, guardando anch’egli verso l’alto:

“Per me quei due son mica veri! Da quanto è che stanno lì?

Non vanno mai in bagno?

Non cambiano mai la mascherina?

Non discuton mai di coefficienti matematici?”

“È vero! – disse lo schiaccia-bottone – sono giorni che ne butto giù a frotte e loro sempre a dirmi “Avanti, avanti!” Ma io non sono abituato a tutto questo, non sono vaccinato!”

“Quanto al vaccino, non si preoccupi, qui nessuno è vaccinato e chissà per quanto tempo! Pare si vada bene oltre ottobre! ” disse il trentacinquenne.

“Sapete cosa c’è – decretó il povero Giambe – io mi son stufato, qui non arriva più nessuno, ora vado a colloquiare!”

E salì sul primo trespolo: “Avanti, avanti!” seguitava il Cerutti e il Giambe lo toccò.

Gli rimase in mano il braccio, era di cartone!!

Con un registratore che diceva: “Avanti, avanti!.

E pure quell’altro era di cartone!!! Anche il Gino!

Si girò guardando verso il basso e gridò a tutta la platea: “Signori, il gioco d’eccellenza termina qui, io sono stanco e questi son di cartone!”

Ci fu un rompi le righe generale.

Rimase un unico problema: la Lombardia adesso di coccodrilli è piena! Ed in tanti a versare lacrime!

Occhi aperti nelle passeggiate, specialmente lungo i fossi!

Tramonto, foto generica da Pixabay UMBERTO TANGHETTI, CHI E’?

UMBERTO TANGHETTI, CHI E’?

Umberto Tanghetti, nato il primo ottobre 1977 ad Alcamo (Tp) da padre bovegnese e madre alcamese, cresce e vive a Concesio. Dopo la maturità classica al liceo Arnaldo di Brescia, prosegue gli studi a Padova, dove si laurea in chimica e tecnologia farmaceutiche.
Oggi lavora in farmacia a Brescia ed è tornato a vivere a Concesio.
“Non ho mai pubblicato per nessuno – scrive presentandosi – non ho miti letterari, ma grande stima per molti intellettuali: amo Calvino,i paesaggi di Čechov, la profondità di Dostoevskij… Ma se dovessi citarne solo uno citerei Primo Levi tirato dalla vita sui libri per testimoniare l’impossibile”.

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