Baby gang – Cosa succede, cosa succede in città? Caro Vasco, te lo spieghiamo noi | BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

A partire dallo scorso maggio e soprattutto nel mese di settembre le cronache cittadine di Brescia sono state occupate da episodi violenti che sono accaduti in città, presentati come legati a fenomeni di baby gang...

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

di Doriana Galdrisi* – A partire dallo scorso maggio e soprattutto nel mese di settembre le cronache cittadine di Brescia sono state occupate da episodi violenti che sono accaduti in città, presentati come legati a fenomeni di baby gang. Sono apparsi sotto gli occhi di tutti i cittadini titoli come “Brescia Allarme Baby Gang”, “Piazza Tebaldo Brusato sorvegliata speciale”, “baby gang se la prende con disabile”, “Baby Gang Sanpolino e S. Polo terre di conquista”. Ovviamente i giornali sono spesso costretti, soprattutto nei titoli, a usare parole brevi e incisive per restare negli spazi e per invogliare alla lettura dell’articolo. I mass media hanno il compito di informare riguardo a quello che accade e devono farlo molto rapidamente perché le notizie invecchiano in fretta. Il compito dello psicologo è quello di capire le dinamiche che si presentano, spiegare i comportamenti individuandone le motivazioni e delineare percorsi di risoluzione dei problemi. Se quindi un caso di cronaca è una notizia, quando vi sono casi simili che si ripetono l’analisi va approfondita.

Parliamoci chiaro. Gli episodi di violenza ci sono stati, sono stati compiuti prevalentemente da adolescenti, non sono eventi da sottovalutare e le responsabilità dei singoli vanno identificate, provate, e sui colpevoli bisogna intervenire. È importante però, soprattutto quando ci sono minorenni, utilizzare linguaggi e singole parole con molta prudenza e attenzione e capiremo nel corso dell’articolo perché questa accortezza è fondamentale. Inoltre è necessario capire se le sanzioni scelte per “punire” i reati rappresentano soluzioni realmente efficaci. L’esito che dobbiamo auspicare è quello di evitare la recidiva, ovvero il ripetersi dell’episodio criminale. Un altro obiettivo dell’intervento deve essere quello della crescita morale del soggetto, che tradotto nella pratica significa ottenere cittadini migliori.

Ma cosa sono le baby gang? Come facciamo a capire se i reati sono commessi da baby gang? Le baby gang sono forme di aggregazione di giovani in bande o associazioni di criminalità organizzata in cui gli aderenti trovano nel gruppo una cassa di risonanza in grado di amplificare l’identità personale. Nella banda il giovane trova un’alternativa in cui affermare personalità, carattere e il proprio valore. Normalmente le baby gang proliferano quando ci sono situazioni di disagio personale, ad eccezione di organizzazioni di origine famigliare come la ‘ndrangheta.  In queste organizzazioni l’autorità non si genera attraverso l’imposizione, ma attraverso l’autorevolezza ovvero con la convinzione. Pur non essendo esempi virtuosi nel senso comune a cui siamo abituati nella società, i leader esercitano il proprio potere nelle baby gang attraverso il fascino, non attraverso la coercizione. Nelle baby gang prevale solitamente dunque l’autorità carismatica, che rappresenta una delle cinque tipologie di autorità identificate da Weber in poi:  formale, morale, carismatica, coercitiva, democratica. Siccome l’autorità carismatica si nutre del plauso e della narrazione eroica, la personalità di chi guida la baby gang rischia di venire accresciuta dall’eco mediatico ottenuto dalle gesta criminali. E’ importante mantenere un buon equilibrio tra la doverosa informazione e la spettacolarizzazione pluridettagliata degli episodi che si verificano.

Nelle baby gang spesso si fa l’errore di pensare a ragazzi che abbiano perso completamente il senso delle regole, non capiscano la propria posizione nella società, non conoscano obblighi e doveri. Al contrario, nelle gang le regole esistono, sono anche ferree, le gerarchie di potere sono precise: peccato che non rispettano valori positivi per la società! Il gruppo assume una presenza forte, un valore molto importante che sopperisce le regole esterne adulte. Il soggetto appartenente alla banda si identifica con il gruppo, e per rafforzare la propria identità compie l’azione criminale.

Cosa differenzia le baby gang dal “semplice” bullismo? Per capirlo è importante identificare i punti in comune. Quello che salta agli occhi come similitudine è principalmente l’esercizio della violenza. Anche nel bullismo ci può essere un gruppo, spesso ci sono degli spettatori, e gli spettatori assolvono i compiti di deresponsabilizzare l’azione violenta e di diffondere la responsabilità, ovvero affievolire la percezione della colpa. La grande differenza tra bullismo e la baby gang è nella scelta della vittima delle azioni: nel caso del bullismo è una persona o un ristretto gruppo, nel caso di baby gang invece sono condotte violente antisociali espressione di microcriminalità.

In entrambi i casi, bullismo e baby gang, abbiamo a che fare con giovanissimi. Quando si parla di adolescenti non bisogna dimenticare due processi importanti che le menti non ancora giunte a completa maturazione stanno vivendo. Il processo di emulazione, ovvero elevare alcune figure dominanti a modello per identificarcisi. Questo può accadere con gli insegnanti, i genitori, altre figure adulte. Ma accade anche con i coetanei, che possono vantarsi di essere stati attori di “azioni spettacolari”. Da qui il desiderio di emulazione amplificato dall’eco mediatica di cui sopra.

Il secondo processo da tenere in considerazione è quello di cristallizzazione: accade quando vengono affibbiate delle etichette, quasi fossero stigmate, che in qualche modo bloccano il normale processo di sviluppo della persona, come se l’identità venisse tatuata addosso e resa immodificabile.

Dobbiamo anche evidenziare che il comportamento è legato a diversi fattori che si intrecciano tra loro. Gli adulti spesso vedono che i ragazzi conoscono il modo giusto di comportarsi, e allo stesso tempo c’è incoerenza tra il pensiero e l’azione. Va detto che nei giovani alcune aree cerebrali sono ancora in maturazione: è il caso della corteccia prefrontale che è la parte deputata alla regolazione del comportamento, controlla gli impulsi, permette il ragionamento assennato. Questo ci spiega anche come mai gli adolescenti (maschi o femmine che siano) tendano ad essere più impulsivi o più aggressivi.

Come intervenire? Le azioni possono essere di contenimento e di educazione. È importante creare opportunità e interessi differenti. Non è sufficiente punire o mettere in campo delle manovre coercitive e a dirlo sono i tassi di recidiva nella criminalità minorile a fronte di interventi sanzionatori.

Per quanto riguarda la prevenzione, non si può mai sottolineare abbastanza quanto le famiglie siano in difficoltà nel gestire la complessità del quotidiano e quindi sono spesso sole nel gestire questo compito. I genitori sono equilibristi nell’organizzare il proprio lavoro e la gestione dei figli che oltre alla scuola hanno tutte le attività sportive e interessi extra curriculari. Servono azioni collettive che vadano a lavorare sulla prevenzione quindi sulle emozioni, sulla comunicazione, sulla relazione: la famiglia non va lasciata sola. Possono essere utili percorsi sulla maturazione del senso della legalità e lo sviluppo di un sano pensiero critico. Il pensiero critico è la capacità di discernere, di effettuare valutazioni in modo indipendente.

Cosa fare poi quando i casi di delinquenza e di criminalità giovanile vengono individuati? La risposta è importante e si riassume in una parola: dipende. Gli interventi devono essere necessariamente mirati e la cosa più sbagliata sarebbe trattare tutti nello stesso modo. Se si vogliono evitare recidive, la prima cosa da fare è capire il soggetto che si ha di fronte.

Ci sono diversi studi che si occupano di analizzare la personalità dei soggetti per capire quali percorsi potrebbero essere più efficaci.

La scelta del percorso da intraprendere (ad esempio individuale o gruppale) è correlata alle caratteristiche psicologiche di funzionamento del soggetto (grado di ansia, docilità, psicopatia, introversione, maturità…).

Nel campo penale, copre fondamentale importanza l’istituto della messa alla prova: il giovane che abbia compiuto un reato costruisce insieme alle autorità e agli assistenti sociali un percorso di redenzione che permette di uscire o evitare il carcere minorile in varie forme (prescrizioni come il coprifuoco, domiciliari, comunità) e che se viene compiuto raggiungendo gli obiettivi prefissati estingue il reato compiuto dal minore (permettendo una forte riduzione della recidiva e del desiderio di continuare una vita criminale). Brescia ospita uno dei due Uffici Servizi Sociali per i Minorenni della Lombardia competente per le provincie di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova, che negli ultimi anni ha dato risultati molto interessanti.

Più in generale la vita collettiva può essere migliorata, nel medio periodo, prestando attenzione al cogliere i fattori di sofferenza psicologica che non sono ancora emersi nei bambini o nei giovani, in modo da intervenire in tempo prima che diventino problemi. Sviluppare l’attenzione preventiva è importante, e da tempo fortunatamente Brescia è all’avanguardia, con la formazione pedagogica che ha caratterizzato il nostro territorio e con un’attenzione alla salute (anche psicologica) molto alta. Tanto che sempre più persone si rivolgono a specialisti come me per capire se c’è qualcosa che non va, dal punto di vista psicologico, come sorta di atteggiamento di prevenzione finalizzato al benessere personale e non solo quando c’è un evento o un trauma che spinge ad affrontare un disagio.

C’è una correlazione tra quanto sta accadendo e le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria? Molte persone con cui mi è capitato di parlare tendono a correlare, ovvero ad associare in maniera quasi diretta, gli episodi di violenza di gruppo con il sistema di restrizioni e di contenimento che tutti noi stiamo subendo a causa del coronavirus. Gli studi ci dicono senz’altro che la limitazione della libertà, sia essa una limitazione significativa o continuativa, genera tensione e picchi di impulsività. La necessità di drenare la tensione aumenta, in queste situazioni.  In realtà gli eventi negativi quando accadono “fanno più notizia”, ma Brescia negli ultimi mesi ha fatto molto per prevenire e intervenire prontamente: fin dai primi giorni di lockdown ha messo in campo risposte esemplari di sostegno, tra cui i percorsi di soccorso psicologico, che vengono presi a modello da altre città italiane.

Questa escalation di violenze non può essere attribuita solo alle restrizioni e alle misure di contenimento imposte per l’emergenza sanitaria. Il rischio è di aumentare l’elenco che identifica le possibili cause colpevoli delle situazioni come la società moderna, internet, i videogiochi… Ribadisco che i fenomeni sono complessi e come tali vanno affrontati (nella criminogenesi sempre vi sono molte teorie che convergono, proprio per questo è un fenomeno complesso).

Dobbiamo tenere lo sguardo attento sulla nostra società, una società che molti definiscono fluida (in cui cambiano di continuo le tradizioni e i punti di riferimento, soprattutto per i giovani). Gli occhi devono continuare a mantenere la prospettiva della complessità, ovvero unire lo sguardo scientifico allo sguardo sul pensiero quotidiano. Interpretare e capire la realtà richiede il sostegno di analisi scientifiche che con questa rubrica vorrei portare alla conoscenza del maggior numero di persone possibili, perché il sapere scientifico abbia un’utilità concreta nella vita di ogni persona e serva ad aumentare la capacità di risolvere al meglio possibile i problemi, superare le crisi, in altre parole vivere meglio. Se la psicologia è lo studio della persona e dell’uomo, dall’uomo parte e all’uomo deve tornare… senza perdersi per la strada. Controllare il gps, prego!

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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