Quella volta in cui mi sono innamorato delle west coast IPA | 🍷🥂 BARBERA & CHAMPAGNE/22

Voi credete nell'amore a prima vista? E in quello al primo sorso?

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Birreria, lavagna e gessetto, foto da Stefano Bergomi

di Stefano Bergomi* ([email protected]) – Voi credete nell’amore a prima vista? E in quello al primo sorso?

Per quanto riguarda il primo Stephanie Ortigue, docente della Syracuse University negli USA, ha determinato che sentimenti di amore possono verificarsi già dopo 0,2 secondi dal primo contatto visivo con qualcuno.

A me rimane il dubbio di come saperlo riconoscere, visto che il colpo di fulmine appare così repentino.

Magari ha ragione la Szymborska. Nei suoi versi in prosa (Piccola biblioteca Adelphi, 2017) distrugge l’ipotesi di un sentimento improvviso, optando in favore di un fato che lungamente combina un incontro, destituendo in definitiva i due amanti dalla possibilità di scelta reciproca. In pratica è il destino che li vuole insieme, e non possono sottrarsi.

Se non vi piace la poesia, potente affidarvi alla pop-dance di Kylie Minogue, con la hit del 2002 Love at first sign. All’apice del successo internazionale, la cantante australiana racconta la bellezza di perdere la testa per qualcuno (And everything went from wrong to right, And the stars came out and filled up the sky).

In attesa che gli studi delle neuroscienze ci diano le risposte definitive, mi concentro sul secondo tipo di innamoramento, avendolo provato direttamente.

Questo è il racconto di quando ho conosciuto ed amato la birra west coast IPA

 

E’ un venerdì umido di un tardo autunno di molti anni fa.

La settimana lavorativa in ufficio è stata intensa. Per la pausa pranzo penso di meritarmi un premio, se non altro per assecondare l’incontenibile voglia di anticipare l’imminente week-end.

Abbandono le piste battute verso i consueti locali, prendendo la macchina per un giro in cerca di ispirazione.

Durante il tragitto noto una birreria aperta. Ci sono già stato, solo una volta alcune settimane prima, per una birra con gli amici di sabato sera. C’era gente e chiasso, ma anche invitanti boccali ricolmi di birra con cappelli di schiuma. Entrando ero stato subito rapito dalla grande lavagna sopra al bancone. Un buon modo per segnalare la selezione di birre alla spina disponibili in degustazione. Ognuna individuata dal proprio nome commerciale, il birrificio che la produce, lo stile e la relativa gradazione alcolica.

Anche se agli albori del rinascimento, qualcuno puntava già forte sul fare apprezzare al pubblico le produzioni elitarie di piccoli birrifici italiani indipendenti.

Decido che un panino con birra sono la soluzione giusta per soddisfare la mia voglia di pausa pranzo alternativa.

Il locale si presenta spoglio del trambusto serale, in un’atmosfera raccolta ma non dimessa. Troneggia dappertutto una sensazione di total relax, anche negli avventori, non numerosi e all’apparenza habituè.

E’ il momento dell’ordinazione e i miei occhi sono ancora incollati alla lavagna. Non so decidermi. Non è ancora il momento dello studio matto e disperatissimo, con gli stili birrari da imparare a memoria come fossero la tavola periodica degli elementi quando c’era da preparare l’esame di chimica. Sono solo un pivello alle prime esperienze con la birra.

Ma qualcosa ho già imparato nel mio percorso di formazione.

Ad esempio ho imparato che non mi piacciono le lager, mentre nelle belghe la maltatura mi stufa già al secondo sorso.

Ho solo una vaga idea che le IPA (Indian Pale Ale) siano birre amare, a causa delle elevate quantità di luppolo utilizzato per la preparazione.

Mi butto su una West Coast IPA, sommando il nome intrigante e la volontà di assaggiare qualcosa di mai provato prima, ma anche sottraendo la voglia di interloquire con l’oste nel timore di palesare la scarsa conoscenza in materia.

Primo sorso.

Destro in faccia direttamente da Mike Tyson.

Secondo sorso.

Sdraiato sui binari a contare i vagoni del treno che mi passano sopra dopo essere stato investito.

Solo più tardi scoprirò con una ricerca in internet che le west coast sono una variante delle ipa, con uno stile d’interpretazione divenuto celebre dapprima sulla costa occidentale degli Stati Uniti, e da lì diffusosi nel resto del mondo.

A farla da padrone sono i luppoli americani, che donano sensazioni fruttate, con l’agrume a ergersi imperioso. In bocca colpisce per il gusto secco e l’evidente nota alcolica, con un lunghissimo finale amaricante.

Sono seduto al tavolino della birreria con la faccia da ebete, non mi spiego come si possa concepire una birra con così tante sensazioni diverse eppure farle sembrare perfettamente amalgamate, per un sorso di piena bevibilità, fresco e aromatico al contempo.

Ho il cuore grondante, trafitto dalla freccia di cupido.

Consigli di assaggio:

Spaceman – Birrificio BREWFIST (Lodi)

Antesignana delle west coast ipa all’italiana. Un successo travolgente e inaspettato, che l’ha fatta diventare l’icona di Brewfist. Il birrificio è situato a Lodi e la produzione continua da oltre dieci anni con quantitativi sempre in incremento.

Gusto secco e affilato, su un’avvolgente sensazione agrumata.

Centennial Galaxy – Birrificio HAMMER (Seregno)

Nell’ampliamento della propria gamma il birrificio Hammer, situato nella provincia bergamasca, ha pensato anche ad una west coast, interpretata senza eccessi. L’utilizzo di lieviti specifici donano un gusto morbido, a bilanciare i consueti luppoli per una composita sensazione di frutta tropicale, anche di bergamotto.

* Sommelier per passione

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