🔻 Parco delle Cave: chi cerca, trova🔺DAL GRUPPO G9

Con l’inaugurazione del Parco delle Cave di Buffalora e Sanpolo come PLIS (Parco Locale di Interesse Sovracomunale) nell’aprile del 2018, non è giunto a compimento, ma si è finalmente avviato un faticoso processo di ricucitura di strappi, di ricomposizione di frammenti, di risarcimento di sfregi

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Vista del Parco delle Cave, foto Laura Giuffredi

di Laura Giuffredi – Non appartiene ad un processo di puro abbellimento dell’interland cittadino, inseguendo presunte necessità di marketing turistico-amministrativo. La storia invece è lunga, quarant’anni di pensieri e ipotesi, più bisbigliate che sostenute: il boom economico degli anni ’50, l’euforia cementificatrice dei decenni successivi, l’essersi a lungo concentrati solo sul “maquillage” del centro storico, fino alle faraoniche ipotesi, di un decennio fa, della “cittadella dello Sport”, fortunatamente naufragata di fronte all’evidente crisi economica ed al cambio di passo dell’Amministrazione.

Con l’inaugurazione del Parco delle Cave di Buffalora e Sanpolo come PLIS (Parco Locale di Interesse Sovracomunale) nell’aprile del 2018, non è giunto a compimento, ma si è finalmente avviato un faticoso processo di ricucitura di strappi, di ricomposizione di frammenti, di risarcimento di sfregi: tutto ciò in una vasta area che è stata a lungo, ed in parte è ancora, dominata dalle macchine escavatrici, dai vagli e draghe per le ghiaie, dai cumuli di sabbie; e rumori di fondo continui, viavai di camion dai carichi grondanti ottimi inerti da costruzione.

Sulle “lame” tra un cratere e l’altro, qualche cascina superstite, quasi sospesa sull’acqua dei bacini artificiali, rare abitazioni, periferiche ai quartieri del sud-est: San Polo, Bettole-Buffalora, Taetto, Gerole…  L’archeologia industriale potrà fare qualche buona indagine, e così la storia economica di Brescia e del suo territorio, ma ora si sta finalmente camminando lungo la strada di un consapevole recupero di territorio.

“Rinaturalizzazione” è la parola chiave e questo significa restituire spazio alla Natura nei suoi vari aspetti, lasciandola di nuovo camminare per riprendersi lo spazio.

Non sarà facile, le ferite sono profonde e le aspettative spesso contraddittorie: c’è il partito degli ambientalisti “integralisti”, che vorrebbero veder nascere il giardino dell’Eden, interdetto agli umani, dove invece fino a 70 anni fa c’erano soprattutto lavoro contadino, campi coltivati e foraggio, tra filari di gelsi, e non foreste incontaminate; c’è chi invece vorrebbe piste ciclabili lisce pavimentate, giochi per i bambini, spazi per attività ludiche di ogni sorta, aree ristoro e pic-nic attrezzate, servizi igienici confortevoli, comode panchine e chi più ne ha più ne metta.

2. Criticità a ridosso del parco: impianti, discariche, cave ancora attive, vie di comunicazione, fonte Codisa

Tra i due estremi, la sintesi non è facile eppure è necessaria, nell’operato del Comitato di Gestione e del Comitato Scientifico, che si affiancano ai tecnici del Comune ed all’assessorato per gestire una realtà tanto complessa; ed è indispensabile  anche un’operazione continua di informazione ed “educazione” della cittadinanza rispetto al Parco, alla sua storia al suo futuro.

Chi ci ha vissuto o ci vive a ridosso, le basi le possiede: sono storie di periferia, di marginalità, di campanilismo spinto, anche come forma di autodifesa orgogliosa rispetto alla “città”, che è un altrove lontano, nei tempi e nei modi di vita. E allora custodire un albero, un campo, un argine o una siepe è rivendicazione di valori, difesa dall’accerchiamento: accerchiamento non solo da parte delle cave, dei buchi senza fondo, ma anche delle strade a veloce scorrimento che si intersecano coi loro viadotti l’una sull’altra, presso le case e i campanili. Si è arrivati a vere barricate, ad esempio contro il progetto di una discarica d’amianto. Ma ci sono, ancora oggi, presenze moleste, nonché pericolose, come bitumifici e impianti per lo smaltimento di rifiuti pericolosi: Systemambiente incombe sul parco, sul bel lago recuperato ATE 20, rinominato Bose, e la sua presenza in questo contesto è a dir poco paradossale; la ex-cava Piccinelli tace minacciosa con suo carico di scorie radioattive su via Cerca.

E merito ai cittadini attivi, con ricorso, vinto, al Consiglio di Stato,  se è stata scongiurata l’apertura dell’ennesima discarica (La Castella), a ridosso del parco, al limite del Comune di Rezzato: si è riconosciuto che la pressione di nocività sulla zone è decisamente eccessiva.

D’altra parte, se è corta la memoria di molti per ricordare da dove si viene, è pure difficile immaginare oltre ciò che abbiamo sotto gli occhi.

Infatti il parco al momento appare ancora come un arcipelago, con “isole felici” collegate da passaggi ancora incongrui (strade trafficate, percorsi discontinui…), ma la faticosa ricucitura è partita, è in corso e si spinge avanti, verso i prossimi anni che delineano nuovi recuperi, di laghi e sentieri, di sponde e cespugli, di nidi che accolgono una fauna ritrovata.

Vista del Parco delle Cave, foto Laura Giuffredi
Arnie al Parco delle Cave, foto Laura Giuffredi

A due anni dalla sua nascita, in realtà ancora molti bresciani non hanno messo piede al Parco, non hanno capito come arrivarci; ma, al di là di un’auspicabile intervento di migliore informazione (segnaletica, cartografia ecc.) da parte dell’Amministrazione, resta il fatto che l’appropriazione di quest’area da parte della città dovrà maturare consapevolmente, come esercizio di civismo (quale migliore occasione!).

Il Parco delle Cave, per com’è e per come sarà, non va dunque inteso come fiore all’occhiello, concepito dall’alto, per l’amministrazione in carica, ma come impegno da assumersi da parte della cittadinanza, già coinvolta all’inizio con la progettazione partecipata de “I segni sull’acqua”, ed ora chiamata alla custodia responsabile.

L’area non è dunque da intendersi solo come l’itinerario improvvisato di ciclisti in tuta tecnica e pedalata assistita, ma di viaggiatori dello spirito, che esercitino la ricerca della bellezza, il rispetto per ciò che li circonda, l’interesse per la Storia e per gli uomini che l’hanno popolata, riconoscendo la prospettiva di nuovi stili di vita.

Bandita la spettacolarizzazione dell’ “evento”, vogliamo auspicare la promozione del silenzio, della vigilanza discreta, dell’attenzione agli equilibri, fragili, tra uomo e ambiente, della riscoperta, perché no, di noi stessi: li possiamo definire “benefici immateriali”.

Questo richiede però non solo sensibilità e tempo, ma investimento di concrete risorse economiche da parte dei soggetti pubblici coinvolti: il Parco delle Cave deve essere inteso come un investimento a lungo termine, lungimirante quanto visionario, che potrebbe anche, con oculatezza, generare posti di lavoro sostenibile.

Molti hanno sperimentato le caratteristiche uniche di questo angolo di territorio, oltre che le sue potenzialità, nelle attualissime fasi di chiusura e confinamento che stiamo vivendo a causa del Covid-19: poter camminare, nel proprio Comune, entro uno spazio di ampio respiro, dove alberi ed acque si toccano, è stato ed è un privilegio, ed una risorsa non scontata.

Perimetro Plis Parco delle Cave di Buffalora e San Polo (in rosa; in verde il Parco delle Colline)

ARTICOLO A CURA DEL GRUPPO G9

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Ultimo aggiornamento il 5 Aprile 2024 04:23

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