Italian indie e vino naturale | 🍷🥂 BARBERA & CHAMPAGNE/24

Per farvi arrivare preparati a Sanremo, trovate di seguito la mia personale selezione dei dischi più rappresentativi dell'italian indie degli ultimi 15 anni. In abbinamento il vino giusto per aumentarne l'apprezzamento

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Italian indie, collage Stefano Bergomi

di Stefano Bergomi* ([email protected]) – In giardino alcune premature margherite sono già sbocciate, inequivocabilmente suggeriscono che questo inverno è ormai prossimo al capitolo finale. Tra non molto sarà tempo di girare pagina, per immergersi in una nuova primavera, probabilmente un po’ diversa dalle tante che l’hanno preceduta.

Per molti italiani il vero rito di saluto all’inverno non sarà però bruciare la vecchia, ma seguire il Festival di Sanremo.

Ormai da tempo il Festival è una tappa obbligata nel calendario annuale, al pari delle feste comandate.  E anche se quest’anno c’è di mezzo una equivoca crisi e un governo nuovo di zecca, vedrete che saprà prendersi la ribalta, con le sue starlette, i superospiti, le polemiche.

Poi ci sono io, da inguaribile romantico e amante della musica spero sempre che da questo caos spunti almeno qualche canzone degna di nota.

Dopo aver abbracciato la musica trap nelle ultime edizioni, quest’anno il Festival sembra puntare decisamente sulla musica indie, almeno a giudicare dall’elenco dei cantanti ammessi alla competizione.

Per chi non è avvezzo alle definizioni dei diversi generi musicali, il termine indie è l’abbreviazione dell’inglese indipendent, racchiude al suo interno le produzioni di etichette minori o direttamente autoproduzioni di giovani artisti. La loro musica è spesso minimale, raccolta e intimista, e si contrappone alle patinature pop delle major discografiche.

Per farvi arrivare preparati all’evento, trovate di seguito la mia personale selezione dei dischi più rappresentativi dell’italian indie degli ultimi 15 anni.

In abbinamento il vino giusto per aumentarne l’apprezzamento.

  1. DIE (2015), IOSONOUNCANE

Iosonouncane è il progetto solista di Jacopo Incani, autore e musicista sardo.

Aveva già colpito con l’album d’esordio La macarena su Roma nel 2010, dal quale spicca la canzone capolavoro Il corpo del reato.

Nell’album Die l’autore conferma la sua predilezione per un uso colto del lessico e ragionato della sintassi nei testi, ma il focus si sposta dall’attualità e dalla denuncia sociale alla bellezza naturale della terra natia, vista dalla prospettiva di due amanti durante una burrasca, lui in mezzo al mare con la paura di morire e lei che guarda dalla riva con la paura di non rivederlo più.

Dall’apertura di Tanca, in reprise nella finale Mandria, la parte musicale elettrica si mischia perfettamente ad un’ambientazione orchestrale. Irrefrenabile il ritornello di Stormi, da canticchiare anche se è impossibile impararne a memoria le parole.

L’abbinamento geografico è con il vino Tenores di cantina Dettori (Badde Nigolosu, Sennori – Sassari). Il nome indica il canto in coro della tradizione sarda, sgraziato all’apparenza, ma in realtà potente e armonioso. Sensazioni composite richiamate anche in questo cannonau in purezza, proveniente da viti ad alberello vecchie di 60 anni, su suoli calcarei. L’approccio della cantina è abbastanza integralista, con regime di coltivazione in biodinamico, vinificazione spontanea in solo cemento, nessuna chiarifica o filtrazione, niente solforosa aggiunta. Anche verso il consumatore il modo di porsi non è dei più accomodanti, come mostra chiaramente la sezione premi del sito internet aziendale.

Uno screen dal sito Dettori

 

Il risultato nel bicchiere è però di assoluto pregio; al naso la fragranza varietale del vitigno, con in primo piano frutta rossa matura, mentre in bocca si avvertono vivi richiami balsamici, speziati, e un ricordo di macchia mediterranea.

  1. CANZONI DA SPIAGGIA DETURPATA (2008), LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA

E’ l’album d’esordio di Vasco Brondi, agli albori della sua carriera di cantautore, quando ancora si faceva chiamare Le Luci della centrale elettrica. Le canzoni incise nei primi demo sono state rielaborate dalle sapienti mani di Giorgio Canali, uno che di indie se ne intende, attraverso i suoni distorti della sua chitarra elettrica. Un aggravio rock in grado di far risaltare i testi brevi, sconnessi, di disagio e alienazione di Vasco. Su tutte rimane l’ossessione per quei “CCCP non ci sono più da un bel pò”, la melanconia di Stagnola, e il devoto omaggio a Rino Gaetano in Nei garage a Milano nord.

Anche se il lavoro di Luca Francesconi (cantina Josef, Ponti sul Mincio, Mantova) trova nei vini rossi dell’Alto Mincio l’espressione migliore della sua produzione, molteplici varietà valorizzate in blend per specifica scelta aziendale, scelgo in abbinamento la sua Garganega frizzante (bianco), rifermentata in bottiglia. Un vino inconsueto, fuori da ogni schema, la miglior espressione per accompagnare i fulmini che accendono le sigarette nelle Sere Feriali di V.Brondi. Sarà per quel 15% di saldo effettuato con vitigni complementari, anche tocai, che incidono con note cedrate in una agrumata freschezza. Vino non semplice, ma mai banale, specchio fedele della singola annata dal quale nasce.

  1. IL SORPRENDENTE ALBUM D’ESORDIO DEI CANI (2011), I CANI

Nell’album la poetica di Niccolò Contessa racconta soprattutto il disincanto degli adolescenti di oggi, degli agiati quartieri della metropoli romana (Le coppie, I pariolini di diciott’anni), ma anche l’amarezza per la difficoltà del vivere (Velleità). Sul resto spicca l’iconica Hipsteria.

Il tutto su un conciliante letto di synth-pop che “ben si intona”.

In abbinamento il Serése di Cascina Belmonte (Muscoline – Brescia). Manzoni bianco con affinamento in solo acciaio. Intrigante nella brillantezza del suo giallo paglierino, il naso apre floreale (fiori di albero da frutto, come suggerisce lo stesso nome bresciano del vino), per poi comporsi di frutta (pompelmo), e vaghi ricordi in finale erbacei e minerali. In bocca domina la freschezza, con lievi punture di aspro, a rimarcarne l’inconfondibile cifra di gioventù.

  1. MAINSTREAM (2015), CALCUTTA

La copertina è il vero emblema dell’album, quella sciarpa con scritto mainstream mostrata ai turisti da un Calcutta trasandato, in bomber, capello lungo e barba incolta. Testi sempre in bilico tra una sottesa profondità e una ironica, spontanea leggerezza, su un sound minimal-pop.

Il prezzo del biglietto è ripagato dai singoli estratti dall’album, Cosa mi manchi a fare e Frosinone.

L’attitudine provinciale e uderground lega questo album al Sassella di Terrazzi Alti (Castione Andevenno – Sondrio). Ma l’abbinamento è più per contrasto, il bislacco approccio di Calcutta contro il geometrico e terso tannino del Chiavennasca di Valtellina. Nell’interpretazione dell’azienda fondata da Sirio Bozzetti il vino è coerente testimone della tradizione dei luoghi dove nasce, frutto del sudore per il lavoro manuale della viticoltura eroica di montagna, con un naso composito ed intenso, e un gusto deciso e pulito.

Vino Terrazzi alti, foto Stefano Bergomi

 

  1. SOCIALISMO TASCABILE – prove tecniche di trasmissione (2006) – OFFLAGA DISCO PAX

E’ possibile fare un intero cd musicale senza batteria? Con il loro disco d’esordio gli Offlaga Disco Pax ci sono riusciti, facendo registrare per di più un inatteso successo commerciale. Tutto si basa sulla narrativa disincantata, ma anche nostalgica e ironica, di Max Collini, in canzoni recitate, come fanno i Massimo Volume. Lo stile della band reggiana è però originale. La parte musicale abbraccia diversi generi e ispirazioni a seconda del singolo pezzo, anche con dirette citazioni di band storiche, dai Depeche Mode ai CCCP. Non manca un po’ di elettronica e sintetizzatori.

Spicca Roberspierre, ma anche Kappler e Tono metallico standard raccontano storie che meritano l’ascolto.

Il rosso Calem di cantina Monte Alto (Clusane d’Iseo, Brescia), è un base nebbiolo di buon equilibrio. Al naso in primo piano frutta rossa, richiamata anche dal nome bresciano del vino ad indicare la ciliegia durone, ma anche qualche sensazione vegetale; in bocca rimane morbido, senza eccessi, con una struttura non dominante. Piacevole espressione della territorialità del Sebino, riconoscibile come l’accento emiliano di Max Collini quando racconta le sue storie.

Vino Monte Alto, foto Stefano Bergomi

 

* Sommelier per passione

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