Quando vaccinarsi è una questione di… feeling! | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

Non si sa ancora se sia stato un gesto prodotto da un disagio psicologico o da un gesto esibizionista, oppure se sia stato un vero e proprio atto di terrorismo pianificato, fatto sta che l’attentato contro il centro vaccinale di Brescia fa riflettere

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

Quando vaccinarsi è una questione di… feeling!
I processi psicologici nella presa di decisioni sulla salute in pandemia

di Doriana Galdrisi* – “Questione di feeling/Solo di feeling/Così per scherzo tra di noi/Improvvisando un po’”… cantava Mina e questa canzone mi riecheggia nella mente pensando a tutto ciò che sta succedendo attorno alla questione dei vaccini.

E’, in effetti, anche una questione di feeling, quindi di emozioni, ma non è affatto uno scherzo! Eppure c’è davvero chi sta improvvisando un po’, un po’ troppo direi.

Non si sa ancora se sia stato un gesto prodotto da un disagio psicologico o da un gesto esibizionista, oppure se sia stato un vero e proprio atto di terrorismo pianificato, fatto sta che l’attentato contro il centro vaccinale di Brescia fa riflettere.

All’alba di sabato 3 aprile una molotov è stata lanciata contro una delle sedi cittadine dove sono in corso le vaccinazioni contro il Covid, in via Morelli, e questo episodio ci segnala prima di tutto la presenza di tensioni, di contrapposizioni dure, aggressive e, come in questo caso, criminali.

Il tema vaccini fa paura, inutile nasconderselo, anche perché la storia ci insegna che la diffusione di timori no vax è una questione consolidata e presente sin dal 1800 con la comparsa dei vaccini.

Ne è un esempio ciò che avvenne quando lo studioso Edward Jenner introdusse la vaccinazione contro il vaiolo: si scatenarono delle reazioni forti, con attacchi e vignette satiriche anche disturbanti, come quelle che rappresentavano esseri umani con arti di animali che sarebbero comparsi come reazione al siero. Eppure era un’epoca in cui le morte erano numerosissime e non si riusciva a contare il numero dei decessi tanto era elevato: era il periodo del vaiolo…

Questo per farci riflettere su come il rifiuto alle vaccinazioni nasca da una sommatoria di reazioni che non sono però da collegare all’ignoranza. E’ un errore credere che chi si oppone ai vaccini sia una persona non istruita, non acculturata, perché, al contrario, spesso a rifiutare i vaccini e all’interno dei movimenti no vax vi sono persone colte, di status sociale medio alto. Persone, insomma, che hanno tutti gli strumenti per scegliere e decidere.

Ecco, scegliere è proprio la parola chiave per capire i processi psicologici di decisione, che sono sempre complessi, ancor di più quelli che riguardano la salute. Ben due premi Nobel per la scienza sono stati attribuiti a psicologi che studiarono proprio i meccanismi alla base dei processi decisionali.

Dapprima Herbert Simon, insignito del Nobel nel 1978: egli introdusse il concetto di razionalità limitata, evidenziando come nei processi psicologici decisionali entrino in gioco anche fattori emozionali (questioni di feeling, appunto) che condizionano molto la direzione che verrà seguita.

Poi, nel 2002, il premio andò allo psicologo Daniel Kahneman, che approfondì gli studi del decision making all’interno di una situazione di incertezza: dimostrò come nei contesti di allarme e di stress la mente segua vie economizzanti, cioè abbia la tendenza a prendere decisioni attraverso quelle che Kahneman definì euristiche mentali, cioè delle scorciatoie di pensiero. Strade più facili che non si fondano sull’analisi completa e dettagliata dei dati o delle informazioni, bensì su sommatorie più veloci ed impulsive nel raggiungere delle conclusioni.

Insomma, nelle prese di decisione su questioni che riguardano la salute, entrano in gioco una serie di meccanismi descritti dal modello: risk-as-feeling (proposto da George Freud Loewenstein), rischio come emozione, il che significa prendere una decisione non solo e non tanto in base ad informazioni e analisi approfondite quanto su fattori emotivi.

Siamo chiamati a scegliere se vaccinarci o meno e sulla nostra scelta pesano molti fattori: ve ne sono tre di molto importanti: la percezione del rischio, l’incertezza sull’efficacia dei vaccini e, alcuni studi recenti ci dicono che ha un peso anche l’esperienza di vaccinazioni relative all’influenza.

Ancora, a questi elementi se ne aggiungono che creano ostacoli decisionali come, per esempio, pensare che vi sia una cospirazione; questa risulta tendenza molto diffusa e bloccante, o interferente, con le scelte decisionali.

La molotov contro il centro di via Morelli mette in evidenza il peso soprattutto di due di questi aspetti: l’idea dell’esistenza di una cospirazione e la percezione alterata del rischio che, a sua volta, è fortemente influenzata dall’andamento ondivago e diacronico (cioè la presenza in più luoghi geografici con intensità e gravità diverse di questa pandemia) e influisce molto sul grado di percezione del pericolo, tendendo a ridurlo, quasi per effetto anche di una sorta di fenomeno di irrealtà.

Per concludere: la contrapposizione violenta ai vaccini è un dato noto; porsi in una posizione di irrigidimento, chiudere il dialogo con i no vax, non è positivo e porta solo ad esasperare le tensioni e a creare degli estremismi che, soprattutto in questo momento di fragilità e di crisi, non sono utili ad uscire dalla confusione.

Al contrario, la strada da seguire è quella dell’apertura al confronto, perché i messaggi basati sulla paura non sono efficaci: ad azioni violente non bisogna rispondere in modo simmetrico, cioè con altrettanta violenza, bensì tenendo aperta la linea del dialogo.

Del resto non è una questione di feeling ma di storia, che ci ha insegnato come i vaccini abbiano letteralmente salvato la specie umana dall’estinzione.

“… e chiamale, se vuoi, emozioni…” (Lucio Battisti docet).

NOTA: Care lettrici e cari lettori, questo articolo è extra ed è espressione della necessità di confronto e di comprensione di questo periodo. Nuovo appuntamento tra 15 giorni. Grazie per l’attenzione. Dottoressa Doriana Galderisi.

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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Ultimo aggiornamento il 14 Aprile 2024 17:58

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