Oggi in Regione, nell’ambito della roadmap Acer-R, si è fatto il punto sulla campagna di screening in Lombardia e sulle misure attuative per utilizzare i fondi stanziati dal governo per monitorare con test rapidi – gratuti – tutti coloro che sono nati fra il 1969 e il 1989, stranieri irregolari inclusi. Una platea che per la nostra regione vale circa 3 milioni di persone.
Lo scorso 29 aprile, infatti, i ministri Speranza e Franco hanno firmato il decreto attuativo che conferma definitivamente la disponibilità dei 71,5 milioni di euro a livello nazionale, poi distribuiti alle regioni con il mandato di fare in fretta a utilizzarli. L’OMS, infatti, ha calcolato che un anno di ritardo nella diagnosi di malattia comporterà la morte di 44.000 persone in tutto il mondo nei prossimi 10 anni e qualche migliaio di queste persone saranno in Italia. La diagnosi precoce, infatti, permette di portare alla guarigione i pazienti grazie a terapie innovative che possono così evitare aggravamento della condizione di salute.
La Regione Lombardia è tra le prime ad aver strutturato un percorso dettagliato attraverso un documento programmatico per l’applicazione dello screening negli ambiti prescelti. Il documento è in fase di approvazione attraverso delibera, attesa per le prossime settimane.
“Lo screening della popolazione generale e il legame alle cure antivirali dei soggetti infetti – ha spiegato nel suo intervento di saluto ai lavori la vicepresidente ed assessore al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti, – rappresenta il primo esempio di applicazione della strategia OMS per l’eliminazione della epatite C nel mondo. Regione Lombardia è sempre stata in prima linea su questo tema e il sistema dei test rapidi svolti in concomitanza con le fasi vaccinali anti-Covid conferma le azioni di diagnosi e cura dei pazienti a rischio di progressione della malattia.”
“La Regione Lombardia ha strutturato una rete di centri epatologici in grado di trattare con antivirali diretti circa 43.000 persone affette da epatite C dal 2015 ad oggi. Questa rete di centri specialistici è ora pronta a gestire i pazienti che verranno identificati grazie allo screening per HCV. – ha dichiarato il Prof. Alessio Aghemo, Segretario AISF, Associazione Italiana per lo Studio del Fegato e Professor of Gastroenterology Department of Biomedical Sciences, Humanitas University – Stime dell’ISS ritengono che in Lombardia ci siano circa 22.000 persone sotto i 49 anni affette da epatite C non a conoscenza della loro malattia. La strategia della Regione sarà di muoversi su più linee: SerD, carceri, popolazione generale – sfruttando anche la vaccinazione COVID – per identificare i pazienti e rapidamente portarli al trattamento.”
La Regione Lombardia godrà di uno stanziamento pari a circa 13 milioni di euro, di cui circa 5,5 milioni per l’anno in corso.
“Il documento programmatico ci consente di arrivare a tutte le popolazioni indicate in decreto. Siamo in una fase avanzata del percorso di attivazione. Ora, la vera sfida, che decreterà il successo della campagna di screening HCV, è favorire un cambio di passo culturale attraverso una campagna informativa, per altro già prevista dal decreto, che affianchi gli screening e renda consapevole la popolazione grazie alla massima divulgazione su patologia, test, conseguenze e cure che portano all’eradicazione completa. – Ha spiegato Roberto Ranieri, Dirigente Medico ASST Santi Paolo e Carlo; Responsabile U.O Sanità Penitenziaria, Regione Lombardia. – Accanto all’informazione al cittadino deve esserci anche una fase attiva di training al personale sanitario e ai laboratori. In queste fasi, le associazioni di pazienti possono rivestire un ruolo determinante nell’affiancare le istituzioni.”
Il documento inquadra alcune delle modalità di intercettazione della popolazione dei nati tra il 1969 e il 1989: si ipotizza che tale popolazione venga raggiunta durante la somministrazione vaccinale per Covid-19 oppure in fase di erogazione di altre attività mediche, visite, esami o prestazioni sanitarie: ad esempio durante attività di prevenzione già attive in Regione. I soggetti sottoposti a screening che dovessero risultare positivi al virus HCV, verranno inseriti nel percorso di linkage to care ovvero gli verrà garantita la possibilità di effettuare esami di approfondimento e ricevere le relative cure farmacologiche attraverso il contatto con le strutture sanitarie preposte.
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