🔻 Ciàpa ‘l tram Balurda, uno sciopero contro le donne e Bruno Boni 🔺DAL GRUPPO G9

E’ la prima commedia di Egidio Bonomi, redattore del “Giornale di Brescia”. La scrisse nel 1979, in dialetto e in versi, per le insistenti sollecitazioni di Gianni Boninsegna, commerciante, impegnato nel volontariato per i portatori di handicap, più tardi sindaco di Brescia...

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China, per gentile concessione del pittore Eugenio Mombelli (collezione privata)

Ciàpa ‘l tram balurda

Ciàpel te che me so surda

Tric e tràc passa e va

Tric e tràc passa e va

Tri e tràc lasséla ‘ndà.

 

di Mario BaldoliE’ la prima commedia di Egidio Bonomi, redattore del “Giornale di Brescia”.

La scrisse nel 1979, in dialetto e in versi, per le insistenti sollecitazioni di Gianni Boninsegna, commerciante, impegnato nel volontariato per i portatori di handicap, più tardi sindaco di Brescia.

Boninsegna era l’animatore del San Carlo, una compagnia che recitava per l’Anfass e fu lui a “imporre” il titolo a Bonomi, ma Ciàpa ‘tram balurda è un’antica filastrocca che i bambini recitavano giocando. Si accucciavano in cerchio con in mano uno zoccolo e se lo passavano velocemente recitandola sempre più in fretta. Chi non era abbastanza svelto a lasciare lo zoccolo e a prendere quello che il vicino gli passava, era allontanato dal gioco e scontava penitenza. I bambini chiamavano lo zoccolo Tram, in omaggio alla velocità e modernità del mezzo che ancora colpiva l’immaginario popolare, benchè dal1935 fosse stato sostituito dal filobus. Il lavoro ebbe successo e fu replicato per anni da varie compagnie in Brescia e provincia.

Nella commedia, alla fermata del tram, un bigliettaio saluta le donne che scendono, scherza una vecchietta che gli risponde per le rime, dà informazione a un paesano che confonde la prefettura con una gran siùra, divide un giornalaio e un signore che stanno venendo alle mani, infine saluta la Balurda, bela, tonda e ‘n po’ sunada.

Quando il tram è in partenza la invita a salire. Ma la Balurda risponde con logica aristotelica: Drito, ciàpel te che mé so surda.

Il bigliettaio dà l’ultimo avviso: Non buscate su i scalini della predeladaaa. Un fischio e via.

Naturalmente non mancano altre filastrocche, tutte legate all’amato tram, ormai un ricordo, ma giustamente indelebile, dato che in varie città si è preso la rivincita ed è tornato.

Famoso è El tram che va a Mompià: di Santo Zubani. E’ una lunga filastrocca di cui riporto il punto saliente e il ritornello:

Sol tram che va a Mompià,

Ghé sèmper bùne s-cete

Nò ghè mai so siète

Sòl tram che va Mompià.

Segue il ritornello:

Nom cara Bice,

nom a Mompià,

se on dé felice

volom passà.

Là ghè la Fonte coi gràn canù. Ecc. ecc.

Il nostro giovanotto ben conosceva i poteri dell’acqua e ancor più della fonte, neanche avesse letto Freud.

C’è anche una pagina drammatica nella storia del tram, anticipata uno sciopero dei tranvieri dal 18 al 25 maggio 1916 in difesa di un collega licenziato. Nello scontro vinse senz’altro l’Azienda.

Nel pieno della guerra, per mancanza di uomini validi, l’azienda assume delle donne come manovratrici dei tram. L’argomento esalta i giornali da tempo costretti a riportare soprattutto le lugubri notizie della guerra.

Scrive “La provincia”, il quotidiano progressista dell’epoca: E’ da ritenersi che la Commissione e la Direzione, quando si son trovati a scegliere donne per l’ufficio di manovratore, avran cercato di accertarsi nei limiti del possibile, che abbiano i necessari requisiti di robustezza e di calma, che si richiedono per quel posto.

“Il cittadino” riporta discussioni tra la gente: Oltre alla presenza di donne bigliettarie, abbiamo avuto quella di donne manovratrici. L’ufficio di manovrare la vettura richiede robustezza e sangue freddo più facile a riscontrarsi in personale maschile. E si facevano anche osservazioni in ordine alla convenienza di un simile ufficio alla natura femminile.

Con la novità va a nozze “Il tramvai”: Prepariamoci dunque a non veder più tramvieri, ma soltanto delle tramviere. Seguono varie righe di doppi sensi che concludono: Molte han dichiarato di non aver mai preso in mano fino ad oggi un manubrio, Benedette voi, simpatiche tramvierine” Benedette le vostre morbide manine! Voi, abilmente maneggiando i docili ordigni, rinnoverete il movimento cittadino, ci ridarete la vita, favorirete la nostra espansione industriale e commerciale.

Quando i soldati tornano dal fronte nel 1919, 30.000 lavoratori si trovano senza lavoro: esplode dal 14 al 28 novembre lo sciopero contro le donne che hanno dato ottima prova di sé. L’Azienda le difende, tuttavia da 90 le riduce a 46. Non basta: La Camera del lavoro, dopo denunce, atti di forza e ispezioni a vari livelli ottiene il licenziamento di tutte le donne che da parte loro ricordano di avere dei figli e genitori da mantenere.

Ben diverso è il numero 3 del “Contatore” a 50 anni dalla nascita dei Servizi. Il sindaco Bruno Boni chiama i Servizi una grande famiglia, distribuisce medaglie d’oro all’anzianità di lavoro, ricorda la colonia di Moneglia per i bambini, gli impegni sportivi interaziendali, una gita al 39° salone nazionale dell’automobile, il clou sarà una visita a Roma e l’incontro col papa bresciano.

Anche le donne intervengono sul giornale dell’Azienda: hanno un grembiule nero e vorrebbero ingentilirlo con qualcosa di rosa, di bianco, di azzurro, sperano che l’Azienda doni loro fresco e frusciante, un meraviglioso grembiule di seta naturale o di nylon, che sia bello e abbia una tasca capace per i nostri sogni di sempre. Quel giorno, per noi donne, sarebbe davvero un altro giorno.

 

ARTICOLO A CURA DEL GRUPPO G9

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