🔻 Piazze… luoghi del potere | 🔺DAL GRUPPO G9

La piazza è uno spazio vuoto, dove è possibile condividere dei momenti di vita, dove il tempo scorre quotidianamente, dove le persone possono esprimersi, ma soprattutto dove l'architettura rappresenta permanentemente la storia di quel preciso centro abitato...

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Piazze bresciane, elaborazione Gloria Berardi

di Gloria Berardi Nella storia italiana, la piazza ha sempre avuto un ruolo di autorevolezza, come centro vitale dei nuclei abitati, palcoscenico dove trovare l’identità e il senso d’appartenenza di una comunità, espressione quotidiana della collettività e del potere cittadino. La piazza è uno spazio vuoto, dove è possibile condividere dei momenti di vita, dove il tempo scorre quotidianamente, dove le persone possono esprimersi, ma soprattutto dove l’architettura rappresenta permanentemente la storia di quel preciso centro abitato.

Nelle piazza italiana c’è un legame tra gli edifici che la contornano, i monumenti e gli arredi: sono gli elementi che dichiarano il suo ruolo e la sua funzione pubblica nei vari periodi storici. Ma soprattutto, nella storia italiana, sarà il rapporto tra la piazza ed il potere politico a conformare l’impianto degli spazi cittadini: dall’epoca romana ai nostri giorni, la piazza costituirà il luogo in cui il potere pubblico fa mostra di sé, si ostenta al popolo.

Il suo assetto sarà dunque determinante per l’evoluzione urbanistica anche della città di Brescia, partendo dalla sua matrice originaria, il Foro Romano. Il luogo deputato alla gestione del potere politico e religioso, simbolicamente rappresentati dagli edifici pubblici civili e dalla casa degli dei, fu l’aperta platea in cui tutti potevano essere attori e spettatori della vita collettiva. Brescia, o Brixia, era una delle città romane più importanti dell’Italia del nord e oggi, testimone di questo illustre periodo, intorno allo spazio vuoto del Foro Romano,si trova la più grande area archeologica del nord Italia . Il sito della piazza del Foro è di forma rettangolare, con una leggera pendenza da nord a sud: questo cuore di Brixia era attraversato dal Decumano Massimo, l’attuale via dei Musei, su cui si affaccia il Capitolium, o Tempio Capitolino, dal cui pronao si dipartivano due file di portici laterali, ancora intuibili negli archi e colonne che si elevano dall’antico livello del lato est. Sul lato sud esisteva la Basilica (tribunale), i cui resti sono visibili nelle case dell’adiacente piazza Labus. A nord est, ai piedi del Cidneo, sorge poi l’ampio emiciclo del Teatro romano, mentre ad ovest i portici davano accesso alle antiche Terme, sull’area secoli dopo occupata dal Palazzo Martinengo.

La piazza era dunque il fulcro della città romana, che si sviluppò all’interno delle cerchia di mura che correva lungo le attuali vie X Giornate, Antiche Mura,Tosio e Brigida Avogadro. Questo spazio perse nel Medioevo il suo primitivo valore civico e la sua denominazione, diventando piazza del Novarino, dal nome di un commerciante proveniente da Novara che aveva bottega e abitazione in quel luogo.

Nel 1897, dopo la spinta illuminista e romantica, fu chiamata piazza del Museo, dal sito museale ivi allestito, dove vennero posti i vari reperti archeologici, tra cui la Vittoria Alata, trovati durante gli scavi nell’area. All’inizio del ‘900, fu denominata, per breve periodo, piazza Giosuè Carducci. Sarà nel periodo fascista, con la ripresa del culto dell’antica Roma , che lo spazio riprese il suo antico nome di piazza del Foro.

Connessioni tra piazze di Gloria Berardi, elaborazione Gloria Berardi

Nel periodo medioevale di Brescia, il potere politico e religioso spostò ad ovest della piazza del Foro il suo centro di rappresentazione. La piazza romana è uno spazio ormai decaduto, anche a seguito delle invasioni barbariche, e si rivela l’esigenza di spostare il baricentro della città che si stava ampliando: questa dinamica porta il potere a mostrarsi in un nuovo spazio vuoto. Viene ricavata una nuova piazza sull’area già occupata dagli orti e case dal Monastero delle Benedettine dei SS Cosma e Damiano, da tempo distrutto dopo il trasferimento delle monache. La piazza, parallela a piazza del Foro, si presenta di forma rettangolare e anch’essa inclinata da nord a sud: si tende a percorrere entrambe le piazze in senso longitudinale, il percorso più lungo e scenografico, concepito con lo scopo di accentuare la percezione del potere qui rappresentato. Infatti in piazza Duomo, ora Paolo VI, si trovano, in una singolare rassegna da sud a nord, il Duomo Vecchio, il Duomo Nuovo e l’antico palazzo comunale del Broletto, con l’alta torre del popolo, “El Pegol”, elemento emergente di questo ampio spazio vuoto. Una stretta strada in salita verso nord, il vicolo di Sant’Agostino, unisce la Piazza Paolo VI con via Musei, l’antico decumano; passando sotto il volto medievale della torre cosiddetta di “Porta Bruciata” si arriva, dai portici rinascimentali, in una nuova piazza, detta della Loggia.

Questo spazio è orientato lungo l’asse est-ovest, a differenza delle altre due piazze già descritte. Dominata dal nobile e possente palazzo della Loggia, che rappresenta il forte potere della Repubblica Veneziana, nacque con una connotazione laica e popolare. Infatti fu teatro di molti avvenimenti della storia della città che da lì presero le mosse: luogo di raduni, feste e carnevalate fu anche scena per spettacoli lugubri di condanne capitali comminate sia durante la dominazione veneta, sia durante quella degli austriaci; una sequenza che culminò nell’avvenimento che rimarrà per sempre scritto nella storia recente dell’Italia democratica: la strage di Piazza della Loggia del 1974.

Questo spazio, ottenuto dalla demolizione di edifici che ingombravano la precedente Piazza Vecchia, da un lato è limitato da palazzi e case ben integrati con il contesto di quartiere popolare, dall’altro dagli eleganti palazzi del Monte Vecchio e del Monte Nuovo di Pietà, collegati fra loro, nel mezzo, da una loggetta veneziana con sottostante portico colonnato a due arcate. Di fronte alla Loggia si eleva la Torricella dell’Orologio, sormontata da una campana sulla quale battono le ore “Tone e Batista”, due automi bronzei denominati “i Macc de le ure”, analoghi ai Mori dell’orologio meccanico in piazza San Marco a Venezia. Nel vicino ampio slargo, un tempo occupato da una colonna sormontata dal Leone di San Marco, c’è il monumento risorgimentale alla “Bella Italia”, dedicato ai caduti delle X Giornate di Brescia, la Leonessa d’Italia.

Tutt’altro discorso richiede la vicina Piazza Vittoria. Come le descritte piazze del Foro e Paolo VI, la si percorre in senso longitudinale, nord-sud. E’ una piazza degli anni Trenta del ‘900, progettata dall’architetto Marcello Piacentini: l’intervento violento del periodo fascista su antichi quartieri medievali del centro storico, che furono abbattuti per farle spazio, permane in modo lacerante, anche dopo i successivi interventi di restyling, non riuscendo ad integrarsi completamente con il resto del tessuto cittadino. Nell’impianto urbanistico fu mantenuto un collegamento con piazza Loggia attraverso il vicolo della Posta che, dopo aver attraversato l’elegante Loggetta del Monte di Pietà, sbuca in Piazza Vittoria in una delle sue migliori viste prospettiche . Qui venne eretto il primo grattacielo italiano in cemento armato, detto “il Torrione”, dal disegno intransigente e razionale tipico dell’architettura del ventennio fascista, mitigato tuttavia dall’utilizzo di materiali predominanti nell’edilizia storica locale,quali la pietra e il granito nel rivestimento del porticato e il laterizio nella torre. A nord della piazza si erge un’altra monumentale architettura che fa da fondale scenografico all’intero quadrilatero di Piacentini: il Palazzo delle Poste, con un rivestimento in bicromia marmorea bianco-ocra. Uno dei simboli del potere è, a est, la torre dell’orologio, ex Torre della Rivoluzione, dove è presente una cicatrice storica, lo spazio vuoto occupato in passato da un bassorilievo raffigurante Mussolini a cavallo. Collocato vicino alla torre dell’orologio, ma in posizione un po’ defilata, c’è l’Arengario, un elemento celebrativo dotato di un pulpito per gli oratori durante le adunanze cittadine, il cui parapetto è rivestito da bassorilievi in marmo rosso di Verzegnis, raffiguranti episodi emblematici della storia della città. Un’altra cicatrice aperta in questa piazza è stata riparata, in parte, da poco, con la ricostruzione del basamento della fontana dove, nell’assetto originale piacentiniano, era collocata la statua, rimossa nel dopoguerra, di un giovane gigante nudo, detto popolarmente “il Bigio”. Era, nelle intenzioni dell’autore, Arturo Dazzi, la rappresentazione dell’ “Era Fascista”, un colosso che volgeva lo sguardo fiero verso un punto all’infinito. Completano la piazza altri palazzi differentemente risolti e con richiami all’architettura classica, con un vasto utilizzo dell’ordine dorico e della serliana, in prevalenza destinati ad uffici. Il piano piacentiniano aveva impostazione eclettica, con molti richiami alla romanità, con ricchezza di nitidi volumi, di forme squadrate, con ampio ricorso a lucente marmo bianco. Il risultato finale sarà un sovrapporsi di stili e materiali in fabbriche mastodontiche e poco armonizzate tra loro.

Sotto la torre dell’orologio, attraverso un passaggio ad arco, si percorre la “loggia dei mercanti” o Quadriportico, oltre il quale si giunge all’arco vantiniano del Granarolo. Questo elemento architettonico assume il ruolo di cannocchiale prospettico verso Piazza Paolo VI e viceversa.

Piazza del Foro, Piazza Paolo VI, Piazza Loggia e Piazza Vittoria sono unite tra loro in un percorso che rappresenta l’esprimersi del potere cittadino e che narra i momenti politici più forti della città: scacchi della scacchiera della storia di Brescia.

ARTICOLO A CURA DEL GRUPPO G9

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