Fatture false, maxi-sequestro della Finanza anche nel Bresciano

I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Varese hanno sequestrato beni mobili e immobili nelle province di Milano e Brescia per un valore complessivo di oltre 5,5 milioni di euro

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Foto Guardia di finanza di Varese

I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Varese hanno sequestrato, su ordine del Pubblico Ministero della Procura di Busto Arsizio, beni mobili e immobili nelle province di Milano e Brescia per un valore complessivo di oltre 5,5 milioni di euro.

I provvedimenti – chiarisce una nota della finanza – sono conseguenza di indagini scaturite dopo arresti e perquisizioni eseguite a dicembre a carico di due aziende lombarde che hanno beneficiato, annotando in dichiarazione le fatture per operazioni inesistenti emesse da alcune società cartiere, di ingenti e indebiti risparmi d’imposta.

Il sequestro rappresenta un altro importante tassello nell’ambito delle articolate investigazioni di polizia economico-finanziaria svolte dalle Fiamme Gialle di Busto Arsizio in seguito all’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare nei confronti degli amministratori di fatto delle suddette società missing traders, le quali limitavano la propria esistenza a un periodo di tempo brevissimo e strettamente funzionale a creare l’evasione di cui beneficiavano “i clienti” delle medesime società, per poi sparire senza lasciare alcuna traccia.

I “clienti”, ora destinatari dei provvedimenti patrimoniali, una volta pagate le fatture false ricevute, ottenevano la restituzione del denaro contante (corrispondente all’importo indicato nella fattura emessa) al netto di una provvigione variabile costituente il compenso per il “servizio” reso dal sodalizio criminale. Tale sistema permetteva anche a soggetti possessori di ingenti quantità di denaro contante, di dubbia provenienza, di ripulire il denaro reinserendolo nel circuito legale.

L’analisi della documentazione, sequestrata nel corso delle perquisizioni del 13 dicembre scorso nelle sedi delle società utilizzatrici, non ha fatto altro che confermare i fittizi rapporti commerciali ed ha permesso di ricostruire l’effettivo ammontare di quanto portato in deduzione, per le annualità 2018 – 2019 – 2020, pari ad oltre 16 milioni di euro. Tali costi illeciti hanno generato indebiti risparmi d’imposta ai fini IRES ed IVA pari ad oltre 5,5 milioni di euro per tali società, operative nel settore del recupero e del commercio di metalli ferrosi.

Oggetto dei sequestri preventivi sono state ingenti somme detenute sui conti correnti delle società, sui conti personali, fondi pensione, denaro contante, quote societarie ed immobili nella disponibilità degli amministratori indagati.

A fronte di tali elementi, il GIP presso il Tribunale di Busto Arsizio, nel decreto di convalida, ha dato atto che i beni oggetto di sequestro preventivo d’urgenza sono da ricondurre alla commissione dei delitti per i quali si indaga e rappresentano il profitto conseguito con la frode scoperta ed ha convalidato i decreti di urgenza in considerazione della gravità dei fatti in esame e della natura particolarmente volatile dei beni oggetto di sequestro.

 


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Ultimo aggiornamento il 14 Aprile 2024 13:47

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