🔻 100 anni di Gabriele D’Annunzio sul lago di Garda | 🔺DAL GRUPPO G9

Hic manebimus optime” (qui starò benissimo), esclama D’Annunzio il pomeriggio del 28 gennaio 1921 quando vede per la prima volta Villa Cargnacco, che lui trasformerà nel Vittoriale degli Italiani...

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Vittoriale degli Italiani, foto su gentile concessione di Pino Mongiello

di VIOLA ALLEGRI “Hic manebimus optime” (qui starò benissimo), esclama D’Annunzio il pomeriggio del 28 gennaio 1921 quando vede per la prima volta Villa Cargnacco, che lui trasformerà nel Vittoriale degli Italiani. Ha lasciato in automobile una piovosa e ventosa Venezia in mattinata, accompagnato da alcuni suoi ex ufficiali, per arrivare a Gardone Riviera alle 2.00 del pomeriggio con un sole splendente e che è giudicato di buon auspicio.

Da quando ha lasciato Fiume, il 18 gennaio, dopo il disastroso Natale di sangue che ha messo definitivamente fine alla sua impresa, D’Annunzio è ritornato a Venezia di umore pessimo, desideroso solo di ritirarsi a vita privata e non ricevere nè vedere nessuno. A peggiorare il suo stato d’animo è la, seppur provvisoria, scomoda, fredda, inospitale sistemazione nel grande appartamento al secondo piano di Palazzo Barbarigo della Terrazza sul Canal Grande, da lui affittato e stracolmo di tutto il suo mobilio, casse, bauli e suppellettili che la fedele governante, Aélis Mazoyer, ha accatastato e doverosamente custodito. Il problema più urgente diventa per il Nostro la scelta di una residenza nella quale potersi rinchiudere in cerca della “desiderosa solitudine” e del “necessario riposo”. Ma dove andare?  Avendo scartato l’eventualità di rifugiarsi all’estero, ha dato ascolto alle sempre più numerose e incalzanti sollecitazioni di amici e, soprattutto, alle fraterne insistenze di Guido Treves, suo editore, per convincersi a rimanere in Patria. Ha quindi incaricato il figlio Gabriellino di trovargli una casa sulla riviera ligure e analoga incombenza viene affidata all’avvocato Salvatore Lauro per alcune regioni dell’Italia centrale. Ma è ancora l’amico Guido Treves che lo consiglia di concentrare le sue ricerche sulla riviera del Garda, dove ci sono molti possedimenti tedeschi confiscati dal nostro Governo alla fine della guerra 1915-18.

foto su gentile concessione di Pino Mongiello

Le esigenze di D’Annunzio sono anche molto selettive: la proprietà deve comprendere “Un garage per due macchine – Una scuderia per almeno 3 cavalli – un buon pianoforte a coda Una stanza da bagno – La biancheria e l’occorrenze per la mensa – Il riscaldamento e la possibilità di accumulare ‘subito’ legna e carbone – Giardino ‘recinto’ con cancelli – Quattro camere di domestici, almeno”. Pertanto, Tom Antongini, suo devoto segretario e delegato alla pretenziosa scelta, è inviato immediatamente sulla Riviera Gardesana. Visita, dapprima, la “Villa Alcione” di Via Cure del Lino di Salò, appartenuta al poeta tedesco Otto Erich Hartleben, che parve subito non adatta allo scopo. Oggi, chi transita da quella strada, troverà al n. 26 accanto all’entrata, una targa in marmo con una poesia di Hartleben sul bel portale d’ingresso. D’Annunzio si sposta allora a Fasano dove scopre una signorile e piacevole costruzione di due piani con torretta, forse la più bella tra le case di villeggiatura dei dintorni dal cui vasto parco, attraverso un sottopassaggio, si poteva scendere direttamente alla propria darsena: “Villa Garda”, costruita dall’industriale tedesco Heydweiller, proprietario di una seteria a Krefeld. Oggi si può apprezzare la magica atmosfera di questo luogo nelle calde serate d’estate, cenando sul terrazzo dell’Hotel Villa del Sogno. Sfortunatamente, però, proprio in quei giorni, la villa era stata contrattualmente impegnata da una famiglia di Mantova. E svanisce, così, anche quello che era sembrato l’eremo ideale per il Comandante.

Dal farmacista di Gardone Riviera, Dr. Ferrari, Tom Antongini viene a conoscenza della disponibilità di una casa a Gardone Sopra di proprietà dello storico dell’arte Prof. Henry Thode: “Villa Cargnacco”.  Si tratta di una buona villa padronale di campagna del ‘700, nucleo di una tenuta rurale che comprende alcuni rustici, dei campi coltivati a vigna, orto ed oliveto, una limonaia, con una valletta boscosa da cui scende il rio di Bolzone.  Una piccola parte di quei terreni era stata destinata a giardino con spalliere di rose, siepi di lauro e di mirto, agavi e pergolati di rose e di glicini, un boschetto di magnolie e magnifiche piante esotiche.

Vittoriale degli Italiani, foto su gentile concessione di Pino Mongiello

Tra il 23 e 24 gennaio 1921 Tom Antongini visita Cargnacco accompagnato dalla governante, Maria Cobelli, e dal giardiniere, Virgilio Andreoli. Favorevolmente impressionato per il gran senso di pace e di tranquillità del luogo, per l’opulento giardino e la presenza della copiosa biblioteca – 6281 tra libri e opuscoli in quattro lingue, con prevalenza di classici tedeschi e storia dell’arte – Antongini si precipita a Venezia per relazionare il Comandante dei risultati della sua ricerca, con il risultato che D’Annunzio, dopo aver  valutato anche le varie proposte degli emissari sguinzagliati nelle altre regioni italiane, rivolgendosi al segretario rispose: “Se la casa è come tu dici, prenderò Cargnacco. Domani andremo sul Garda a visitarla”.

Il Comandante prende alloggio al Grand Hotel e, come già detto, nel pomeriggio del 28 gennaio 1921 visita Villa Cargnacco che trova avere una strana rassomiglianza con la Capponcina, la sua dimora di Settignano, sulle colline fiesolane, dove abitava durante gli anni d’amore con Eleonora Duse.  Ispezionate due o tre stanze e aperta una finestra che guardava sul giardino, la decisione è subito presa e prega il suo segretario di compiere immediatamente tutte le pratiche necessarie per ottenere la casa, raccomandandosi di ottenere l’affitto per la maggior durata possibile. Rimarrà come locatario fino al 31 ottobre 1921 quando comprerà la casa per 130.000 lire, cifra che raddoppia con l’acquisto congiunto di tutto ciò che la villa contiene.

Il 14 febbraio 1921, “come smemorato e trasognato” Gabriele D’Annunzio “col suo passo timido, quasi incerto, varcava le soglie dell’antica dimora dei Thode”. “ Sono arrivato oggi nella nuova villa […]   Il tempo è delizioso”, telegrafava a Aélis Mazoyer, la sua governante rimasta a Venezia. E un paio di giorni dopo all’Antongini rimasto in albergo: “La casa si trasforma [la stava stodeschizzando]. La pace è perfetta. Bisogna proteggerla”.

E “qui starà benissimo” fino alla fine dei suoi giorni, il 1°marzo 1938.

ARTICOLO A CURA DEL GRUPPO G9

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