Indagine Confartigianato: “Fiducia e fatturato reggono, ma pesa l’incertezza”

Investimenti: alla domanda se nel 2022 ha messo in campo azioni di sviluppo, oltre la metà (51,8%) ha risposto positivamente. In particolare attivando una o più di queste azioni: innovando processi e prodotti (48%) assumendo nuovo personale (33%), investendo in ricerca sviluppo (25,9%), trovando nuovi mercati (25,9%).

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Eugenio Massetti, foto da ufficio stampa

Lo stato attuale di salute delle imprese artigiane bresciane emerge da una instant survey, un sondaggio flash, realizzato da Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale nelle due settimane centrali di luglio, concomitanti con la crisi politica in atto e le sempre presenti tensioni sul mercato dell’energia; dei costi legati alle materie prime e ai loro ritardi; all’incalzante inflazione e dei cantieri rallentati causa caos bonus edilizi e blocco crediti. Vi emerge che il fatturato nel primo semestre ha retto. Così come le imprese artigiane bresciane hanno investito in processi produttivi e personale, nonostante la carenza cronica di forza lavoro (che ha superato in media il 50% dei profili mancanti o difficile da reperire nella stragrande maggioranza dei comparti) e dell’instabilità politica con la crisi politica che ha portato allo scioglimento dell’esecutivo guidato da Mario Draghi e dato il via alla campagna elettorale estiva che si somma alle problematiche in corso per chi fa impresa. Con l’incertezza sul futuro che addensa nubi all’orizzonte sul più prossimo futuro.

«Il positivo segnale di tenuta – con la metà degli intervistati che ha registrato sostanziale tenuta o aumento, così come la voglia di reagire mettendo in campo azioni di sviluppo e investimento sono di fondamentale importanza soprattutto se visti al netto di tutte le difficoltà che stiamo affrontando. Un segnale positivo che però fa il paio con un pessimismo crescente sul prossimo futuro e sull’autunno in particolare» commenta così il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti.

Il sondaggio ha coinvolto oltre 500 imprese (560 per la precisione), un quarto delle quali (25%) operanti nella metalmeccanica, il 15% nell’edilizia, trasporto 11%, il 10% nel legno e arredo e, a seguire, gomma-plastica (9%), autoriparazione 6,4%, benessere 6%, comunicazione 4,6%, altro (12,6%). Tra i rispondenti il 42,9% ha fino a 3 dipendenti, oltre 2 su tre ha tra i 4 e i 9 dipendenti (39,3%), da 10 a 15 dipendenti il 10,7% oltre i 15 il 7,1%. Età eterogenea, con prevalenza tra i 48 e i 59 anni, netta prevalenza di titolari e legali rappresentanti (67,9%), uomini 60,7% contro il 39,3% delle donne.

Alla domanda sul fatturato, nei primi 6 mesi del 2022: il 35,1% ha risposto che è rimasto sostanzialmente invariato, il 26,2% è aumentato fino al 10%, il 16,7% ha registrato aumenti superiori, mentre circa il 22% ha segnalato cali (dal 10 al 30%). Tra i settori dove si registra una prevalenza di imprese che prevedono per il prossimo semestre una dinamica stazionaria del fatturato: il manifatturiero, il terziario e l’alimentare. Meno fiducioso il comparto Costruzioni e Trasporti con previsioni in calo.

Investimenti: alla domanda se nel 2022 ha messo in campo azioni di sviluppo, oltre la metà (51,8%) ha risposto positivamente. In particolare attivando una o più di queste azioni: innovando processi e prodotti (48%) assumendo nuovo personale (33%), investendo in ricerca sviluppo (25,9%), trovando nuovi mercati (25,9%).

Rispetto al prossimo semestre del 2022 la previsione è stazionaria per il 50% degli intervistati, peggiore per il 26,8%, in miglioramento per il 23,2%. Meno bene la propensione agli investimenti: nella seconda metà del 2022 il 41,4% degli intervistati è propenso ad investire, il 58,9% no.

«Oltre alle difficoltà di chi lavora e produce oggi, c’è malumore e molta attesa. E lo sappiamo che ciò che mina la piccola impresa è l’incertezza, dunque gli imprenditori stanno resistendo, ma in un momento drammatico come questo il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale e i provvedimenti con l’autunno rischiano di tardare: mi riferisco ai bonus legati al mondo dell’edilizia, alla riduzione dei costi dell’energia e l’impatto dell’inflazione, alle risorse e al piano del PNRR da portare a compimento» prosegue il presidente Massetti.

Il balzo dei prezzi delle commodities energetiche sta portando le imprese a: assorbire i maggiori costi perlopiù riducendo i margini nel 43% dei casi e/o scaricare parte sul cliente finale aumentando i prezzi nel 37%. Nel sondaggio si è chiesto quali azioni si ritengano più idonee per affrontare il presente, ma soprattutto il futuro dell’impresa: al primo posto la sostenibilità energetica legata all’efficientamento energetico (30,9% dei casi), l’ampliamento del numero dei committenti (27,7%), l’attivazione di nuovi canali di vendita, la formazione e il capitale umano (21%).

Accesso al credito: se nel 2022 restante si ha intenzione di attivare una o più forme di accesso al credito, il 61% ha risposto che non intende attivare misure di accesso credito, il 39% sì, finalizzato nel 25,5% dei casi a sostenere investimenti in macchinari e digitalizzazione e per ristrutturare il debito il 9,1% dei casi.


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