La Polizia di Stato di Brescia ha eseguito nelle scorse ore un’ordinanza di custodia cautelare
in carcere, emessa dal Gip di Brescia su richiesta della Procura, nei confronti di un 28enne foreign fighter italiano di origini marocchine. Il giovane è accusato di “sequestro di persona e lesioni personali, aggravati dall’avere adoperato sevizie e agito con crudeltà nonché dalla finalità di terrorismo e dell’odio razziale”.
Nel giugno del 2019 – stando a quanto informa una nota della Questura – l’uomo, attualmente detenuto, era stato prelevato a Kobane (Siria) – dove si trovava in stato di cattura da parte delle Unità di protezione popolare curde – da funzionari della Digos di Brescia e della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione al termine di una complessa operazione condotta in stretto raccordo con Aise, Fbi e autorità siriane.
Stando a quanto si apprende, il 28enne era stato arrestato per “partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo”, in quanto – dopo una radicale adesione ideologica alla Jihad islamica iniziata in Italia e completata in Germania – era partito per la Siria dove era divenuto un operativo del sedicente Stato Islamico. Nel luglio del 2020, il Tribunale di Brescia lo ha poi condannato a 4 anni di reclusione, sentenza confermata in Appello.
I successivi approfondimenti investigativi sulla vicenda, condotti anche in
ambito di collaborazione internazionale, hanno trovato un punto di svolta nello scambio informativo tra le autorità italiane e tedesche che ha fatto emergere come lo stesso foreign fighter poteva essere stato responsabile anche di torture e sevizie nei confronti di almeno due persone, tra cui un adolescente, che si erano rifiutate di combattere per l’Isis ed attualmente rifugiate in Germania.
Decisiva in tal senso è risultata la testimonianza – raccolta a Dusseldorf dal Pm titolare delle indagini e da funzionari della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione e della Digos di Brescia – di una delle vittime delle presunte torture inflitte dal foreign fighter italo-marocchino: nel mostrare le cicatrici delle sevizie subite, il testimone ha infatti raccontato anche di torture perpetrate con scariche elettriche nei confronti di “detenuti” curdi appartenenti alla minoranza Yazidica al fine di costringerli alla conversione all’Islam.