🟢 Rolfi: la Brescia di Del Bono e Castelletti è poco ambiziosa, io voglio pensare in grande | 🔻 L’INTERVISTA

Rolfi è assessore uscente all'Agricoltura in Regione, ma già nel 2013 - quando era il numero due della Loggia, con delega alla Sicurezza - si ipotizzò una sua candidatura a sindaco contro Del Bono. In primavera l'ex vice di Paroli si troverà ad affrontare proprio la vice del primo cittadino uscente...

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Fabio Rolfi, foto da ufficio stampa

di Andrea Tortelli | “La Brescia di Del Bono e Castelletti è poco ambiziosa: io voglio pensare in grande. Oggi credo di essere pronto per dare il mio contributo e ritengo che un elettore moderato si riconosca più nella mia proposta che in quella del vicesindaco, la cui candidatura è espressione della sinistra”. A dirlo – in un’intervista esclusiva a BsNews.it – è Fabio Rolfi, aspirante sindaco del centrodestra alle elezioni amministrative della città.

Rolfi è assessore uscente all’Agricoltura in Regione, ma già nel 2013 – quando era il numero due della Loggia, con delega alla Sicurezza – si ipotizzò sua candidatura a sindaco contro Del Bono. In primavera l’ex vice di Paroli si troverà ad affrontare proprio la vice del primo cittadino uscente…

Perché la decisione di lasciare la Regione e tornare a Brescia. E’ un ritorno di fiamma?

R – Amo Brescia, la mia città, come allora. Ma dieci anni fa i tempi non erano maturi. C’era un sindaco al primo mandato, Adriano Paroli, che ambiva giustamente a ricandidarsi. E io avevo ancora un’esperienza amministrativa limitata. I diversi ruoli che ho ricoperto in Regione mi hanno consentito di allargare gli orizzonti e di crescere. Avrei potuto ricandidarmi come consigliere: la volta scorsa sono stato il più votato della Lombardia nella Lega (9.600 preferenze, ndr) e stavolta, da uscente, forse sarei partito da una posizione avvantaggiata rispetto a tanti. Ho deciso di fare una scelta più complicata. Oggi penso di avere l’esperienza giusta e l’età giusta per offrire a Brescia un cambio generazionale e un cambio di visione rispetto al passato. Brescia deve essere più ambiziosa.

D – Fratelli d’Italia ha tentennato a lungo: adesso c’è?

R – Il centrodestra è unito per definizione. Sono convinto che Fdi ci sarà perché la ritengo una componente centrale della mia coalizione, sia per il consenso elettorale che muove, sia per le idee che porta, SIA per i candidati che esprime. Rispetto la loro dialettica interna, ma nel frattempo io proseguo perché per vincere bisogna toccare ogni angolo della città. Abbiamo vinto le elezioni politiche insieme, abbiamo stravinto le regionali insieme e vinceremo e governeremo anche a Brescia insieme.

D – E Italia Viva? Da mesi lei è al lavoro per allargare il più possibile il fronte che la sostiene…

R – Da candidato sindaco voglio parlare con l’intera città, coinvolgendo tutti i “liberi e forti” che intendono a darmi una mano a costruire una Brescia ben governata e ambiziosa. Lo faccio senza preconcetti, anche andando oltre il centrodestra, perché oggi guidare una città non è questione di partito, ma di progetti. Quanto a Italia Viva, che ha annunciato l’intenzione di correre da sola al primo turno, rispetto la loro decisione e sarò felice di dialogare anche con loro se lo vorranno: in quella formazione vedo competenze e idee interessanti, in linea con la mia proposta di centrodestra urbano.

D – Secondo alcuni, Laura Castelletti è per lei il più ostico degli avversari, tra gli esponenti del centrosinistra. Come giudica il suo operato da vicesindaco e da assessore alla Cultura? Vede punti di debolezza nella sua candidatura?

R – Hanno legittimamente scelto una persona che rappresenta il centrosinistra: più la sinistra che il centro, visto che ad appoggiarla è stata inizialmente l’ala più estrema della coalizione. Non cadrò nella bassezza di criticare strumentalmente il suo operato: a differenza di Del Bono, non ritengo i miei avversari culturalmente inadeguati e li rispetto, partendo dalla convinzione che tutte le amministrazioni operano per fare il meglio possibile. Castelletti ha fatto cose condivisibili e cose meno condivisibili. Io mi candido per fare di più.

D – Lei chiede il voto ai bresciani in alternativa a loro, cosa la distingue dagli avversari? Che critiche muove all’esperienza Del Bono?

R – A Del Bono e Castelletti rimprovero innanzitutto l’autoreferenzialità, l’idea di una città chiusa che basta a se stessa e che pensa di risolvere tutti i problemi nel perimetro amministrativo. Questa è una città poco ambiziosa, mentre io voglio lavorare per una grande Brescia con vocazione sovracomunale, perché su temi come la metropolitana, il traffico o l’inquinamento non possiamo ragionare restando dentro i confini del capoluogo. Il secondo nodo, a mio avviso, è quello del rapporto con le persone e del coinvolgimento vero dei cittadini nei processi decisionali: vanno evitate imposizioni come quella avvenuta in via Veneto, dove un intero quartiere era contrario al progetto di riqualificazione promosso dalla Loggia e il Comune è andato avanti come un panzer. Io ho la volontà e l’umiltà di pormi all’ascolto. Da mesi sto frequentando i quartieri e i mercati per ascoltare i cittadini. Un candidato sindaco non può rimanere chiuso nel centro storico, pensando di sapere già tutto…

D – Possiamo definirla il candidato della periferia?

R – Sono nato in periferia (Badia) e vivo in periferia (Violino): non vedo niente di negativo in questa definizione. Anzi…

D – Ma la sfida di lungo periodo è trasformare Brescia in una città metropolitana come Milano?

R – Con le leggi attuali non sarebbe fattibile: nelle città metropolitane non esistono le Province e questo sarebbe impensabile per un territorio tanto esteso come il nostro. Di certo, però, va potenziato il coordinamento con i Comuni dell’hinterland. Del Bono aveva annunciato la giunta dei sindaci: si sono riuniti per qualche mese, poi – quando qualche amministrazione ha cambiato colore politico – non è più stata convocata. Ecco: io voglio ripartire da lì, indipendentemente dai partiti di riferimento dei sindaci, per ragionare insieme su come migliorare su tutti quei temi che superano i confini comunali.

D – Sul digitale (questione cara ai nostri lettori) e l’innovazione che propone?

R –  Digitale, intelligenza artificiale, gestione e sicurezza dei dati (tanto più in una città vittima di un costosissimo attacco informatico) sono elementi indispensabili per caratterizzare il cambiamento delle città e attrarre investimenti. Ovviamente uniti a semplicità e velocità della pubblica amministrazione. Io voglio che Brescia diventi la capitale italiana dell’innovazione. La “cittadella dell’innovazione” di Brescia – per fare un esempio – è un’idea lanciata dagli imprenditori della leonessa per creare un luogo dedicato all’innovazione e alla sperimentazione delle nuove tecnologie: condivido la direzione, va studiata la sostenibilità del progetto. Ma la questione di fondo rimane quella di pensare in grande. Con la Tav Brescia si trova a 34 minuti da Milano: non possiamo perdere questo treno.

D –  La sicurezza, invece, è ancora un tema centrale per Brescia?

Assolutamente sì. Basta andare nei fine settimana in piazza Vittoria, parlare con un commerciante di via Milano o della Stazione oppure ascoltare un residente della Torre Cimabue di San Polo. Purtroppo la città è rimasta intrappolata nella logica radical chic del centrosinistra bresciano, che bolla certi problemi come banali e secondari, affermando di non avere le competenze per affrontarli. Ecco – senza alimentare la contrapposizione sociale – io voglio che il Comune di Brescia torni a interessarsi di sicurezza urbana e controllo del territorio, attraverso un maggiore presidio dei punti sensibili e magari riaprendo alcuni distaccamenti di periferia della Polizia locale anche in forma mobile e con pattugliamento misto con le Forze dell’Ordine.

D – “Senza alimentare contrapposizione sociale”: cosa intende? Come intende affrontare la questione immigrazione?

R – Parlare di sicurezza non significa prendersela con gli immigrati. Il centrodestra urbano che sto costruendo punta a coinvolgere anche loro: ho già avuto incontri interessanti con le comunità pakistane, marocchine e sikh a riguardo. Il mio obiettivo è la vera inclusione delle persone perbene, anche attraverso il loro coinvolgimento nel governo della città. Per questo vorrei istituire un consigliere delegato all’immigrazione. Voglio essere il primo sindaco che porta in Loggia un rappresentante degli immigrati che da anni vivono stabilmente e legalmente a Brescia. Gli stranieri non possono essere soltanto portatori di voti o oggetto di retorica politica: l’inclusione deve essere un processo concreto, che parte dal coinvolgimento e dalla responsabilizzazione.

D – Ha parlato di consiglieri delegati. Per la giunta ha già qualche idea? Sarà politica o tecnica?

R – Penso a una squadra politica e tecnica, ma è presto per far nomi. Con le liste sceglieremo insieme le figure più adeguate al ruolo. Di certo il primo criterio, in particolare su alcuni assessorati, sarà quello della competenza e il sindaco avrà la propria autonomia.

D – Un’ultima domanda. La sfida per la Loggia si gioca al centro. Cosa risponde a chi dice che un moderato guarda con più interesse a Castelletti rispetto a lei?

R – Castelletti moderata? Credo che il voto dei cattolici e dei moderati, a Brescia, possa trovare maggiore sintonia con la mia proposta rispetto alla sua. Ma ovviamente saranno gli elettori a dirlo. Io non faccio polemiche strumentali contro i sacerdoti, né scendo in piazza con il Gay pride, pur ritenendola una legittima manifestazione di pensiero.

Fabio Rolfi, foto da ufficio stampa

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