Ma il papà c’è o no? | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

Il tema della paternità è al centro del contributo odierno della nostra rubrica, anticipata di una settimana rispetto alla solita cadenza quindicinale proprio per uscire in occasione della Festa del papà, che viene celebrata in quasi tutto il mondo, ma ogni Paese la declina in base alla sua storia e alle sue tradizioni. In Italia è il 19 marzo perché, per i cristiani, è il giorno in cui morì San Giuseppe, padre putativo di Gesù

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

È più facile per un padre avere dei figli
che per dei figli avere un vero padre”.
Papa Giovanni XXIII

di Doriana Galderisi* – Il tema della paternità è al centro del contributo odierno della nostra rubrica, anticipata di una settimana rispetto alla solita cadenza quindicinale proprio per uscire in occasione della Festa del papà, che viene celebrata in quasi tutto il mondo, ma ogni Paese la declina in base alla sua storia e alle sue tradizioni. In Italia è il 19 marzo perché, per i cristiani, è il giorno in cui morì San Giuseppe, padre putativo di Gesù.

Questa festa ci offre anche lo spunto per riflettere sull’evoluzione, sui cambiamenti e sulle trasformazioni relativamente al ruolo del padre. Lo stesso titolo, volutamente un po’ provocatorio, ci sollecita l’idea di come, nell’epoca attuale, il ruolo dei padri sia così cambiato da essere, certe volte, quasi irriconoscibile o addirittura invisibile.

Nella vita di ogni giorno i padri spesso incontrano delle frustrazioni: non è raro sentire parlare papà delusi, amareggiati, a volte un po’ intristiti dal fatto che, di fronte alle loro proposte di accudimento dei bambini, da parte dei figli stessi talvolta vi siano dei rifiuti: “Voglio la mamma”, si sentono dire, o “Quello che cucini tu non mi piace”…

Questo, oltre che mandare in crisi i padri, che da questi rimbrotti dei bambini possono avere dei rimandi di insufficienza, di critica o di incapacità, ci fa riflettere però su quali possano essere le condizioni per essere un buon papà.

Anche perché, talvolta, unitamente alle rimostranze dei figli, ci sono le critiche di mogli, compagne, partner, che, possono arrivare a svilire i tentativi di gestione dei bambini da parte dei papà.

Ci vengono in aiuto una serie di studi tedeschi, in particolare quelli di Alois Herlth dell’università di Bielefeld, che individuò dei fattori per qualificare il cosiddetto “buon papà” e tra questi vi sono ai primi posti il valore che il padre riconosce alla famiglia, la partecipazione alla vita di famiglia, il sapere stimolare il bambino nella crescita e avere una buona empatia con il bambino e il resto della famiglia.

Tradotto nella pratica questo ci porta a riflettere sul fatto che un buon padre è colui che è attento, sensibile, aperto ai bisogni dei figli.

Tant’è che una serie di nuove teorie sulla “paternità intima”, ad esempio studi condotti da Baxter del 2019 e di Soubry del 2014, evidenziano come un padre oggi debba essere una persona presente, partecipe, accudente, coinvolta.

Studi condotti nell’ambito della psicoterapia della Gestalt e ricerche dell’università di Oxford, hanno inoltre messo in evidenza l’importanza del ruolo del padre nello sviluppo emozionale dei figli, soprattutto dimostrando il fatto che, se il padre è coinvolto nell’accudimento dei figli e nella condivisione della gestione della famiglia, ciò aiuta nello sviluppo di capacità empatiche e di auto-controllo degli stessi figli.

Il ruolo psicologico del padre è fornire protezione e infondere fiducia sicurezza. Del resto già Sigmund Freud lo sottolineava, quando sosteneva: “Non riesco a pensare ad alcun bisogno dell’infanzia altrettanto forte quanto il bisogno della protezione di un padre”.

Il che sembra un discorso semplice, ma in verità si scontra spesso con la concezione che vede nella madre la principale figura regolatrice nell’accudimento e nell’educazione dei figli. Per molto tempo, infatti, gli atteggiamenti di cura, di apertura, di sensibilità di un padre verso i figli venivano considerati poco in linea con un ruolo paterno e monopolio del ruolo materno.

Ad aiutarci sono le teorie di Donald Woods Winnicott, noto pediatra e psicoanalista britannico, che sottolineò come i figli abbiano bisogno di ciò che definì un “genitore sufficientemente buono”, cioè un genitore che non debba per forza essere perfetto o eccellente in tutto, bensì che sia in grado di trasmettere protezione, sicurezza e amore ai propri figli

Addirittura l’essere genitori “eccellenti” talvolta è un problema nella crescita dei bambini, perché per i figli si tratta di confrontarsi con una sorta di mito irraggiungibile e questo rende più difficile affermare sé stessi e operare uno dei compiti di sviluppo fondamentali che è il compito di separazione/individuazione dalle figure genitoriali.

Una cosa è certa: i papà non servono soltanto a “portare a casa i soldi”!

Due sono le caratteristiche fondamentali del ruolo paterno: l’assunzione delle proprie responsabilità nell’educazione dei figli e la funzione vicariante, ovvero di sostegno emotivo e psicologico nei confronti della figura materna, soprattutto quando questa non è dedita solo alla famiglia ma ha anche sulle proprie spalle anche il lavoro, quindi un carico psicologico e pratico decisamente imponente.

Infine la figura paterna ha anche la funzione di definire il perimetro, di dare il contenimento, la regolamentazione dei comportamenti, quella che Jaques Lacan definisce: “la funzione paterna dell’educazione al limite”.

E questo non è un aspetto semplice, perché, nel saper trovare la giusta azione normativa, gioca molto anche la propria biografia personale e la relazione avuta con il proprio padre che, se connotata da eccessiva conflittualità, o, al contrario, da mancanza di incisività o addirittura da assenza, non rende facile trovare la giusta dose di polso fermo.

Non tutti hanno la fortuna del cestista Jim Valvano, il quale ha ammesso: “Mio padre mi ha fatto il più bel regalo che qualcuno poteva fare a un’altra persona: ha creduto in me”.

E nell’esercizio della funzione contenitiva a volte entrano in gioco anche dinamiche di coppia, che possono essere connotate da note di rivalità. È il caso dei padri che esercitano quella che Éric Trappeniers, psicoterapeuta dell’Istituto di studi della famiglia di Tolosa, definisce una “maternità paterna”, cioè tendono a sostituirsi o a copiare gli atteggiamenti materni.

Oppure vi possono essere i padri che invece si contrappongono drasticamente, diventando fin troppo severi, al fine di contrastare una dolcezza o una flessibilità materna da loro ritenuta eccessiva.

O, ancora possono esserci padri che cercano in qualche modo di conquistarsi la simpatia, la complicità, l’affetto dei figli (aspetto che si osserva spesso nelle separazioni): questi sono padri che potremmo definire “papà Disneyland”.

Tutto ciò rimanda al concetto del cosiddetto effetto gatekeeping (effetto apertura o criterio dell’accesso), quanto cioè in una coppia genitoriale ciascun genitore lascia il giusto spazio all’altro in una relazione spontanea e armoniosa (studi di Lieselotte Ahnert)

E quindi, per rispondere alla domanda da cui siamo partiti: “ma il papà c’è o no?” e per poter dire che c’è e che funziona bene potremmo tenere a mente tre semplici indicazioni:

1- Il papà fa le cose a modo suo: per un padre è importante dare il via libera alla propria creatività, dare un’espressione più serena al proprio ruolo e al proprio modo di comunicare e di stare con i figli.

2- Il papà dice no: saper dire di no, ovvero la capacità di contenere, di porre dei limiti, è un elemento importantissimo nello sviluppo psicologico dei figli. Ciò deve avvenire senza il timore di essere percepiti come autoritari. Saper dire di no è espressione invece di una sana ed esemplare autorevolezza.

3- Il papà è la “spalla” della mamma: Supportare la madre, moglie, compagna, perché in questa relazione la triangolazione, la buona comunicazione e, soprattutto, il supporto emotivo e psicologico acquistano un valore che talvolta è superiore all’aiuto pratico vero e proprio.

Nel ringraziarvi per l’attenzione vi saluto con una frase di William Shakespeare che ben sintetizza il contributo che vi ho proposto oggi: “È un padre saggio quello che conosce il proprio figlio”.

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. Esperta in psicologia dello sport iscritta nell’elenco degli psicologi dello Sport di Giunti Psychometrics e del Centro Mental Training. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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Ultimo aggiornamento il 20 Aprile 2024 18:42

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