Tolotti (Pd): non ho rancori, ma tornerei a far politica solo in quinta fila

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di Andrea Tortelli – Un anno fa è stato nominato dal sindaco come consigliere (senza gettone di presenza) della Fondazione del Teatro Grande. Ma da circa sei anni Franco Tolotti è ben lontano dalla politica attiva. Un silenzio da galantuomo, educato. Per una figura che nella sinistra ha fatto un percorso politico importante. Dalla svolta Bolognina, con la sua prima tessera, Tolotti è stato infatti segretario del Pds/Ds per un decennio (1991 al 2001), consigliere comunale (1994-2007, Martinazzoli e Corsini), parlamentare (2001-2008) e infine segretario provinciale del Pd. Poi dal 2009 il silenzio.

Non la si vede e sente da un po’… Che fine ha fatto?

Le stagioni della vita, come si aprono, si chiudono. La mia stagione politica è iniziata nel 1989, con l’adesione al Pds. Per venti anni mi sono impegnato e ho avuto diversi livelli di responsabilità. Poi è arrivato il momento di dedicarmi ad altro. Sono tornato a fare l’insegnante a tempo pieno.

Sta dicendo che si è autorottamato?

Nel 2008 ero stato eletto segretario del Pd brescano. Un anno dopo – con il congresso che aveva visto contrapposti Bersani e Franceschini – sono state azzerate tutte le cariche. Ed io sono decaduto. Da quel momento ho deciso di farmi da parte, ma senza rancori. La politica mi ha dato davvero molto.

Davvero non è stanco o deluso?

Un po’ deluso sì. Ma non tanto per le vicende che mi hanno coinvolto. Mi spiace piuttosto che il Pd abbia assunto forme diverse da quelle in cui speravo: questo partito, di cui resto un iscritto, è nato per mettere insieme il meglio delle culture politiche che lo hanno formato, ma talvolta sembra aver sintetizzato soprattutto i difetti di quelle esperienze.

Non è renziano?

All’ultimo congresso mi sono schierato con Bersani. Anche se – mi sia concessa la battuta – alcuni antirenziani mi rendono il premier quasi simpatico…

Con Bersani, insieme a lei, allora c’erano anche Claudio Bragaglio e Paolo Corsini, due figure con cui lei ha avuto anche momenti di forte frizione politica in passato.

Non ci vedo nulla di strano. Sarà un ragionamento un po’ fuori moda, ma ritengo che in politica le scelte vadano fatte sulla base dei valori e delle convinzioni, non delle simpatie. Non mi piacciono i cerchi magici. Poi certo, se ripenso a vicende come quella del 2008 – con la mancata ricandidatura alla Camera – qualche rammarico ce l’ho.

Cioè?

Ero reduce da una legislatura durata soltanto un anno e mezzo, in cui avevo anche esercitato responsabilità significative come quella di vicepresidente della commissione Finanze. Ma non sono stato nemmeno reinserito nella lista, e non dico in posizione utile per l’elezione. Questo mi ha ferito. Anche se capisco l’aspirazione legittima di un sindaco (Paolo Corsini, ndr) in procinto di terminare l’esperienza in città e capisco che il partito abbia visto in lui una figura di maggiore spicco e audience rispetto a me.

Ferita ancora aperta?

Chiusa…

Dunque con Corsini vi sentite?

Sono fuori dalla politica, ci sono meno occasioni. Ma quando abbiamo avuto modo di incontrarci non ci sono stati problemi.

Torniamo a Brescia. Il segretario provinciale, ora, è Michele Orlando. Come sta lavorando?

Michele sta lavorando bene: è una persona assolutamente equilibrata, è giovane, ma ha già avuto modo di fare un’importante esperienza amministrativa come sindaco di Roncadelle. Poi certo, capisco che anche lui si trovi a volte ad affrontare difficoltà legate al fatto che nel Pd spesso sembra prevalere l’appartenenza alle aree rispetto a quella al partito. A me capitò nel 2008: da segretario feci di tutto per cercare di ricomporre la frattura a Ghedi, ma non ne sono stato capace. Una vicenda che si è chiusa con il “capolavoro” di perdere un Comune di tradizione amica.

Del sindaco Emilio del Bono, invece, che pensa?

Fare il sindaco di questi tempi è diventato molto impegnativo, non soltanto per le risorse economiche sempre più scarse e i bisogni crescenti dei cittadini. Detto questo Emilio sta lavorando bene. La città – con uno scatto ulteriore rispetto ad alcune cose avviate da Paroli – sta dando evidenti segni di risveglio soprattutto sui fronti della vivibilità e del fermento culturale. E lui, grazie a questa esperienza, è maturato molto nel rapporto con la città.

Che consiglio gli darebbe in vista del prossimo turno elettorale, nel 2018?

Un consiglio non richiesto?

Glielo chiediamo noi.

Gli direi di star tranquillo. A volte Emilio è un po’ reattivo di fronte alle critiche e nei suoi panni probabilmente lo sarei pure io. Ma la nostra base elettorale ha una grande fiducia in lui e bisogna lavorare per allargarla. Le premesse per una conferma – scenari nazionali e sua disponibilità permettendo – ci sono tutte.

Lei invece? Tra un anno sarà in pensione. Se il partito o il sindaco dovessero chiamarla e chiederle di tornare a impegnarsi che risponderebbe?

Ringrazierei, ma rifiuterei. Non ho nipotini, ma fare il nonno non mi dispiacerebbe. E sono sincero quando dico che la mia stagione politica si è chiusa, tanto più a fronte di un clima in cui chi si impegna politicamente è quasi costretto a chiedere scusa. Intendiamoci: sono pronto a dare ancora una mano. Ma non in prima fila e nemmeno in seconda. In quinta fila, se serve.

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