Il silenzio è quasi oro

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Silvano Agosti
Silvano Agosti

di Silvano Agosti – Nel quartiere Eugenio è la sola persona che non mi ha mai avvicinato. Sono quasi cinque anni che lo osservo con curiosità. Non saprei come giustificare questo mio interesse per lui se non con la connessione dei nostri sguardi che sembrano scaturire dall’intimità di un’amicizia in realtà mai esistita. L’ho incontrato spesso in questi anni e il solo contatto tra di noi è stato ogni volta uno sguardo trattenuto e sfuggente. Poi finalmente un giorno, anzi, qualche giorno fa, mentre siedo nella veranda in legno del caffè La Dolce vita, Eugenio occupa la sedia di fronte a me mormorando “Permette?” Io sorrido all’evento e rispondo “Permetto.” “Non voglio disturbarla, lei sta leggendo.” “Meglio se mi dai del tu, altrimenti mi giro sempre per vedere dove sta Lei e non c’è mai nessuno” “Ma è così, per rispetto.” “Trattami come il mare o un albero ai quali se ti venisse il desiderio di parlare non daresti mai del Lei” Un silenzio leggero di qualche secondo, poi il ragazzo riprende “Ho deciso di tornare a parlare. Sono quattro anni che taccio. Non ho piu’ detto una parola, solo annuito o raramente ho pronunciato qualche monosillabo “Sì, Ah, Beh,No…” “Con gli estranei capisco che la cosa possa funzionare, ma con i genitori o con gli amici,,,” “I miei genitori sorvegliano solo che io faccia l’Università e anche i voti d’esame sono monosillabi. Quando chiedono “Come è andata?” Basta rispondere 28 o magari 30 e tutto confluisce silenziosamente nel piccolo mare del tempo quotidiano, coi suoi arcipelaghi di doveri ineluttabili, qualche alta marea della fretta, le grandi rive del sonno.” Parla con soavità il ragazzo e sembra che la sua voce attraversi spazi infiniti per raggiungerlo e raggiungermi. “Sicchè per quattro anni, a parte con gli esami, tu sei riuscito a non parlare mai.” “Esattamente. Ma non è difficile. Le persone hanno un bisogno enorme di essere ascoltate e se le lasci parlare poco a poco si trasfigurano e solo raramente azzardano un “e tu, come ti va?” ma già stanno pensando a proseguire il discorso e quindi basta abbozzare un “Mhh…“ e loro proseguono nel godimento di flussi ininterrotti di parole che da tanto volevano pronunciare.” “E per il saluto?” “Per il saluto è ancora più facile, basta un cenno con la mano verso la fronte.” “E come mai hai deciso di smettere?” “Intanto le persone si dimostravano sempre più eccitate ogni volta che ci incontravamo, poi mi è capitato di sentir pronunciare abbastanza spesso la parola “genio”finchè la settimana scorsa mi trovavo nella metropolitana ed è mancata la corrente. Siamo rimasti al buio una diecina di minuti durante i quali ho sentito chiaramente pronunciare il mio nome. Alcune persone che abitano nel mio caseggiato parlavano di me ed erano tutte d’accordo nel decidere che sono un genio. “E’ fantastico, ti lascia parlare e tu ti senti finalmente vivo. Poi quando finalmente parla dice cose semplici e profonde. Pensa un po’. Semplici e profonde come “Ah, sì, beh, no, mmh…” “E allora cosa trovi di male nell’essere ritenuto un genio?” “In questi anni di silenzio clandestino, ho imparato che qualsiasi attributo gli altri usino per descriverti è inesorabilmente inferiore a ciò che ognuno di noi è… ovvero inferiore all’attributo di Essere Umano. Quindi per me che conosco il vero valore dell’essere umano che è in me anche la parola genio finisce con l’essere un insulto. E’ per questo che ho deciso di riprendere a parlare.”

* Autore cinematografico

TESTO TRATTO DA www.silvanoagosti.com SU CONCESSIONE DELL’AUTORE

 

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