di PaoloEmilio Bonzio – Una distesa di terra fertile e ubertosa, una grande pianura da sempre votata all’agricoltura e all’allevamento. A sud di Brescia la vista si apre al “tavoliere della bassa”, un letto di terra i cui orizzonti si prolungano nel cremonese e nel mantovano come un placido campo che sconfina, pressoché simile, nell’Emilia e prosegue fino ai primi contrafforti degli Appennini. Terra agricola per tradizione, la bassa è oggi in realtà un laborioso coacervo di attività economiche con una grande varietà di imprese artigiane e commerciali, senza dimenticare qualche piccola e media industria. Difficile dire se oggi la pianura bresciana sia ancora un territorio economicamente omogeneo: per l’assessore Cristina Cavallini (giunta Meletti di Manerbio, PdL-Lega) il tessuto produttivo dell’area appare piuttosto variegato in quanto “quasi in ogni paese c’è un ramo produttivo che si diversifica così nettamente dall’altro da non consentire neppure uno scambio di sinergie”. Insomma, non è un mistero se diciamo che in alcuni comuni prevale oggi il terziario (Manerbio), in altri l’agricoltura (Leno) e in altri ancora assume grande rilievo la meccanica (Verolanuova). “L’economia di Manerbio negli ultimi vent’anni – spiega Cavallini – si è letteralmente trasformata da economia produttiva di tipo manifatturiero ad economia principalmente di carattere terziario con delle nicchie di sviluppo a carattere artigianale”. Un territorio in trasformazione nel quale, secondo l’assessore Lorenzo Capelli (giunta Bozzoni di Pontevico, PdL-Lega) l’omogeneità si deve alla sua vocazione agricola anche se “negli ultimi due o tre decenni si sono insediate realtà produttive di un certo livello legate ai settori peculiari di altre zone (città e valli) per necessità di delocalizzazione e sviluppo legate anche alla migliore logistica del territorio (buone infrastrutture e disponibilità di aree ndr.)”. Nella fattispecie, “a Pontevico si sono affermate negli anni diverse attività artigianali e industriali nei settori delle confezioni, abbigliamento, edilizia, meccanica e trasformazione dei metalli, come Calibam, Citman, Roda, Eural Gnutti, Modine, Nuova Scalvenzi, solo per citare le più significative dal punto di vista occupazionale”. Non trascurabili sono anche il commercio e il settore socio-assistenziale, soprattutto per il numero di persone impiegate. L’agricoltura Invece è basata essenzialmente sulla zootecnia per la produzione di latte (bovini) e da carne (suini ed avicoli), mentre risulta quasi assente la semplice monocoltura intensiva dei terreni non interconnessa con l’allevamento di bestiame. Da Leno, l’assessore Cristina Tedaldi (lista civica Bisinella, area Pd) parla di un paese nel quale l’economia nasce e si sviluppa nel tempo principalmente sull’agricoltura: “Ancora oggi le aziende agricole e gli allevamenti presenti sul territorio sono oltre 180 ma non mancano le piccole aziende artigiane e commerciali, che insieme superano le 500 unità, oltre a un paio di medie industrie”. Interessata da una forte sviluppo edilizio, la pianura bresciana negli ultimi anni ha visto sorgere grosse strutture commerciali e capannoni che hanno trasformato il paesaggio con consistenti cementificazioni. Un rischio di cui gli amministratori locali sono consapevoli e che richiama per Tedaldi la necessità di “una programmazione dello sviluppo attenta al territorio e all’ambiente”, mentre per l’assessore Cavallini “l’interventismo dell’uomo in merito all’edificazione può costituire un volano che permette la messa in marcia di operatività sopite da tempo in altri settori”. Più realisticamente, il modello di sviluppo in essere è per Lorenzo Capelli “quello più consono all’economia della zona”, con la precisazione però che prima di occupare nuove aree sarebbe meglio incentivare il recupero del patrimonio edilizio già esistente. Ed è proprio sulla “questione ambiente” che l’alleanza PdL-Lega in consiglio provinciale ha iniziato a scricchiolare, con il Carroccio che ha alzato le barricate contro la realizzazione del polo logistico di Azzano Mella, un enorme centro di stoccaggio di prodotti alimentari che sorgerebbe lungo la S.p. IX Quinzanese. Il progetto, se realizzato, porterebbe alla cementificazione di 566mila mq di terreno agricolo, circa 3 volte la superficie occupata dagli Spedali Civili di Brescia, quasi 80 campi da calcio regolamentari, con un impatto ambientale molto serio per un paese di soli 2.700 abitanti. Nonostante l’avanzamento dell’iter procedurale, non si potrà, comunque, non tenere conto in questa vicenda della sostanziale contrarietà di molti cittadini e dei sindaci dei paesi limitrofi (Capriano, Dello, Mairano, Castelmella, Lograto). Il mondo agricolo della bassa attraversa intanto una grave crisi dovuta alla riduzione dei prezzi alla produzione e all’aumento dei costi di gestione di impresa. Ma il problema numero uno delle stalle bresciane rimane ancora quello di sostenere un prezzo adeguato del latte, con il rischio di disperdere un patrimonio genetico bovino di alta qualità selezionato negli anni. Tutto ciò avviene mentre la direttiva europea sui nitrati per l’abbattimento dell’azoto, se applicata integralmente, “vedrebbe la totalità delle nostre aziende fuori norma con una riduzione del numero dei capi allevati e conseguente chiusura delle aziende stesse” come spiega l’assessore lenese Tedaldi. A tal proposito, l’alta professionalità dei nostri imprenditori agricoli sugli aspetti energetico-ecologici è, comunque, di buon auspicio per il futuro: “Essi hanno perfettamente assimilato il concetto che gli scarti e le attenzioni sono materie prime «seconde», che se trattate diversamente dal passato generano utili necessari all’economia dell’azienda”, spiega l’assessore con delega all’Agricoltura Cavallini (Manerbio). Da Leno intanto, nel cuore della bassa agricola, è partito lo studio di un progetto pilota sulla produzione di energia e biomasse dalla trasformazione dei liquami grazie al coinvolgimento di realtà bancarie e industriali locali. Ma, per lo sviluppo economico della pianura bresciana urgono soluzioni anche al problema della viabilità, in quanto le principali vie di comunicazione con la città sono sempre più congestionate. Fra i tanti progetti che sono emersi negli ultimi anni, c’è quello dello sviluppo della ferrovia Brescia-Cremona, che, con degli scali intermedi di tipo commerciale, potrebbe sgravare, almeno in parte, l’incessante brulicare di automezzi su arteriestradali come la Quinzanese o la statale
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scusate, dov’è manebio?
cosa vorrebbe dire questo articolo vecchio di più di un anno?