Negozi che chiudono? Serve più flessibilità | di Sandro Belli

Troppi negozi chiudono. Nonostante si parli di lenta ripresa, passeggiare in città è un po’ triste. Certamente una responsabilità consistente è attribuibile ai grandi centri commerciali di periferia, ma non solo. Varie sono le cause e pochi i rimedi

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Sandro Belli con una copia del suo volume BresciaCittàGrande 2030
Sandro Belli con una copia del suo volume BresciaCittàGrande 2030

di Sandro Belli – Troppi negozi chiudono. Nonostante si parli di lenta ripresa, passeggiare in città è un po’ triste. Certamente una responsabilità consistente è attribuibile ai grandi centri commerciali di periferia, ma non solo. Varie sono le cause e pochi i rimedi. Mi permetto di suggerirne uno, che si riassume in una parola: flessibilità.

Flessibilità negli orari di transito e parcheggio: le due di giorno non sono uguali alle due di notte; il periodo caldo dell’anno non è uguale all’inverno; il sabato e la domenica sono diversi dal resto della settimana. Ciò vuol dire che divieti di transito e di parcheggio, di orari di apertura e chiusura, di obblighi e rigidità devono essere superati , e sostituiti da massima flessibilità, in gran parte personalizzata.

Un plateatico che in inverno è ben collocato al sole, in estate deve potersi spostare dalla parte opposta per godere dell’ombra. In inverno occuperà spazi più piccoli, in primavera più grandi. Una via a traffico limitato in pieno giorno, di notte è deserta e sarebbe meglio fosse a libera circolazione e quindi più popolata.

Negozi di città che hanno licenze per una attività dovrebbero essere non solo liberi ma invogliati ad integrare il loro lavoro con attività aggiuntive, meglio se complementari.

Il commercio deve essere lasciato più libero possibile, anche se, sicuramente, nel rispetto di criteri di decenza e rispetto dei cittadini. Il commercio ha bisogno di flessibilità. Flessibilità di orari, di spazio, di permessi e di innovazione.

Un ricordo significativo: alcuni anni fa, alla fiera internazionale di Hannover, sempre mi sorprendeva il fatto che la larga strada che dalla città portava alla fiera (tre corsie di andata e tre di ritorno) al mattino, all’ora di apertura dedicava tutte le sei corsie all’andata, mentre di sera tutte al ritorno. Un ampio schieramento di polizia si occupava di invertire il senso di marcia, per favorire il successo di un evento commerciale di così grande rilevanza. Un servizio utile e impeccabile

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28 Commenti

  1. Io credo che parlare, a Brescia in particolare, di commercio al dettaglio in crisi profonda e per certi versi irrversibile, non evochi solo problemi di flessibilità di orari, di viabilità, di parcheggio e nemmeno di libera fantasia imprenditoriale o libera innovazione o complementarietà di attività. Purtroppo, da una parte c’è l’imperversare dei centri commerciali “omnibus” presso i quali è ormai possibile reperire tutto comodamente ed in più con un solo viaggio, un solo spostamento, un solo parcheggio. Dall’altra c’è l’esplosione dell’ e-commerce che consente di scegliersi con calma da casa, e poi farsi recapitare, anche cose assai particolari, come, ad esempio personale, una cravatta di Marinella, una partitura d’orchestra della Bohème di Puccini, un vino biodinamico australiano: dove li vado a cercare a Brescia e perchè mai dovrei andare a tentativi ? Inoltre, ci sono soprattutto costi sempre più insostenibili, per quelle che un tempo chiamavamo botteghe soprattutto nell’amato centro storico, a fronte di ricavi davvero irrisori. Infine, pur tra tanti encomiabili sforzi recentissimi, le amministrazioni pubbliche non sono riuscite per ora a valorizzare abbastanza la città nel suo patrimonio storico, artistico, culturale nè ad attrarre così flussi costanti di turismo locale, nazionale o internaizonale. Comunque sia, ben vengano sempre le idee e gli spunti di riflessione.

  2. Sono le stesse cause di pesante regresso che sono elencate nell’articolo “ contro il mostro Elnos” elencate in un articolo in questa rete ed oggi ribadite nel testo ‘ Bresciacittagrande 2030’ oggi nelle librerie.
    Ho tentato di suggerire dei correttivi, senza certamente pensare di avere soluzioni magiche a disposizione. Nel testo sono comprese varie proposte, fra le quali “ la flessibilità “ non mi pare trascurabile.

    • Da coniugare alle varie flessibilità elencate da Belli, vi è giocoforza anche la flessibilità del lavoro, cioè quella che ben conoscono i lavoratori del commercio, soprattutto i giovani, sotto un altro nome: precarietà, passata da acuta a cronica, anche grazie al Jobs Act di renziana memoria. La crisi, avviatasi nel 2007, per moltissimi lavoratori non è mai finita ed anzi sta ampliandosi sempre più verso quel ceto medio che se la passava non male e sta ora rapidamente scivolando in basso nella scala sociale. Ad esclusione di qualche settore di nicchia e di qualche grande città, il commercio al dettaglio è destinato a scomparire.

      • Infatti con le infinite balle che si sono raccontate negli ultimi 30 anni relative ai supermercati che creavano lavoro (sì, precario e poco qualificato in quanto il salumiere o il panettiere che prima poteva permettersi un negozio e autogestirsi è diventato schiavo del supermarket, non più invogliato a migliorare, anzi, meglio prendere uno non qualificato, lo paghi meno, ha meno pretese e tanto anche se taglia la carne o il formaggio in qualche maniera tutto è anonimo), uccidevano ol tessuto sociale di interi quartieri rendendoli dormitori, devastavano il territorio, facevano spendere mille volte di più il consumatore, attratto da mille cose inutili e superflue, lo riempivano di derrate alimentari che il più delle volte finivano nella spazzatura perchè quando ti fai il magazzino in casa devi anche saperlo gestire. Ma tutto andava bene, aumentava il pil…. Ecco alcuni devastanti effetti….

  3. Due interventi un po’ fuori strada ( anche se in parte condivisibili) rispetto a quanto volevo significare. Non son stato chiaro e mi correggo. La elasticità o flessibilità a cui volevo far cenno era prevalentemente quella dell’ente pubblico che gestisce e controlla gli orari e gli spazi per consentire una comoda e sicura attività commerciale : spazi pubblici, plateatici, parcheggi, zone a traffico limitato, licenze, obblighi e divieti, libertà di apertura e chiusura, favorire il passeggio in zona, evitare zone deserte a tutte le ore, ec…
    Il tema della precarietà del lavoro e purtroppo della precarietà anche delle attività commerciali può essere oggetto di un secondo discorso.( vedi ad es. “Il mostro Elnos” in ‘ Bresciacittagrande 2030 ‘)

    • Per tanto che si voglia venire incontro, tardivamente, ai negozi, non si riuscirà mai a farli rinascere perchè il mercato è ormai strasaturo e quindi non c’è più un pubblico di clienti sufficiente a farli sopravvivere. Bisognava pensarci prima. Inoltre, anche i centri commerciali sono in crisi, proprio perchè sono troppi e la domanda è sempre la stessa….

    • Evidentemente il nostro Sandro non vive nel mondo reale. Altrimenti si accorgerebbe che al suicidio di massa ci siamo già arrivati da molto tempo. Ed infatti ciò che propone lo dimostra ampiamente…

      • Aggiungiamoci pure che quanto proposto nel caso specifico sulla flessibilità che l’Ente pubblico preposto dovrebbe garantire ai commercianti in vari ambiti sconfina nell’anarchia che molti confondono con la deregulation e che è a sua volta una delle cause di sfruttamento dei lavoratori all’interno del concetto di flessibilità senza regole e senza controlli: altro che interventi fuori strada !

  4. Difficile in città per Bresciacittagrande o per le Università e per professori ed esperti incaricati dalla Amministrazione pubblica proporre innovazioni o indicare prospettive, sia in tema urbanistico che commerciale o sociale, sul futuro di Brescia.. Le innovazioni o gli studi sul futuro della città sono tutti, indistintamente, fantasiosi, irreali, quando non addirittura ( vedi Bresciaoggi – la Leonessa ) figli di “ molta prosopopea”. Ci si deve chiudere tutti nel presente, al massimo nel prossimo biennio ; si devono “ risolvere piccoli problemi”. Zero progettualità, zero creatività, ciò che si vede in altre città avanzate non si può proporre. È comprensibile che il signor Cheula non riesca a cogliere il senso di proposte tipo ‘ cablare la città per attuare quanto proposto da Wanis Kabbaj, o non sappia che cosa sia’ l’effetto fotocatalitico sui cementi’ , o come si legge ‘un piano urbano a tre livelli’ ma ciò che scrive sulla sua rivista ‘ Brescia selection’ non è accettabile. Penso sia sciocco continuare a rianalizzare il passato, a lodare l’antico, e per contro a offendere chi prospetta un futuro più positivo, più internazionale, più tecnologico, più creativo.

    • Leggendo questa ultima accorata nota di Belli, mi sovviene, solo come pensiero, la “fine” della musica classica con l’avvento della dodecafonia, quando creatività, superamento del passsato, abolizione delle regole classiche, avanguardie melodiche ed armoniche, diversa creatività, persino la tecnologia nella musica, presero il sopravvento sulla tradizione pensando di annientare un glorioso passato duranto centinaia di anni. Un salto culturale, si diceva, che avrebbe cambiato in meglio e per sempre la storia della musica. Stranamente, dopo decenni, non si eseguono quasi più e da nessuna parte pezzi dodecafonici e nel mondo c’è una sorta di restaurazione totale, a partire dall’Estremo Oriente, della tradizione classica. Leggevo i calendari delle stagioni sinfoniche ed operistiche a Berlino, Parigi, New York, Vienna, ma anche in Cina, Australia, Sud America: non c’è quasi più traccia delle avanguardie atonali e dodecafoniche. Certo, nessuna analogia con la progettualità di una città, ma non sempre le novità sono migliori del passato, non sempre scardinare ciò che già funziona significa automaticamente progredire, non sempre cose troppo strane sono migliori di cose troppo semplici…

      • É vero. E facendo gli opportuni distinguo, penso con nostalgia e rammarico al mercato della frutta di piazza rovetta, con la nonnina infreddolita che vendeva solo i limoni, oppure alla fruttivendola di contrada pozzo dell’olmo, o ai tanti negozietti nelle periferie di brescia (borgo trento, lamarmora, fornaci, prealpino, ecc) o di molti paesi (gardone vt pare un mortorio) ormai scomparsi e inghiottiti dai supermercati che sembravano l’avanguardia e il futuro. Invece, qualcosa di importante è scomparso per sempre. Il problema peró è che non è più possibile ricreare queste situazioni. Proprio perchè sono economicamente insostenibili.

  5. A Stradivarius ricordo che dopo la musica classica è nato, si è diffuso, e continua a svilupparsi sia il jazz sia il rock. Entrambi coinvolgono molti milioni di persone ed hanno avuto molta influenza sui costumi. ( anche se spesso non positiva) e grande peso nell’arte e nelle emozioni.. Quanto alla futura tecnologia, sia la domotronica che la Smart city hanno due fondamentali aspetti : uno, gaggettistico ipermoderno un po’ voluttuario, l’altro molto più umanizzante, di grande aiuto per persone deboli, per anziani e persone sole, formidabile per migliorare le ns città e le periferie, utile per migliorare la comunicazione fra la gente, per consumare meno risorse naturali, ec..

    • Scusi, Belli, forse Lei non sa che la musica jazz e rock sono dal punto di vista musicale una banalizzazione estrema e totale della musica classica, dal punto di vista sia armonico, sia melodico che della scrittura musicale. Non si tratta di quindi di un’evoluzione musicale positiva o innovativa, bensì di involuzione e semplificazione, segno del degrado della musica da arte a produzione di suoni attraverso automatismi preordinati o, peggio, semplicemente di rumori ritmati. Lo sviluppo del jazz e del rock non esiste: è sempre la stessa solfa, musicalmente parlando, con l’aggravante che se si tratta di canzoni di musica leggera, i testi di oggi sono di gran lunga peggiori di quelli sdel passato.

  6. Continuo…per consumare meno risorse naturali, per disinquinare le città, per progettare le aree urbane su tre livelli, per costruire una Casa dell’immagine co tecniche multimediali, ec.
    Questo è il senso e il contenuto di ‘ Bresciacittagrande 2030’

  7. Che la musica di Chopin sia uguale al rock di Bob Marley mi pare un po’ tirata, non solo per le tecniche strumentali, per le armonie e per l ‘insieme, ma anche per i sentimenti e il tipo di emozioni che suscitano e per il coinvolgimento popolare. Mi viene in mente Eraclito : tutto scorre….e nulla resta uguale nel fuoco del tempo ! Quanto ai testi certa musica francese, la poesia d De Andre’, qualche testo di Paoli o di Guccini, sono di indubbio alto livello

    • Belli, le consiglio di prescindere per qualche secondo dalle emozioni, dai sentimenti e dal coinvolgimento popolare. Parliamo solo di musica, dal setticlavio ai tratttati di armonia: la musica coisiddetta leggera (rock e quant’altro) si ferma a molto prima di Bach, mentre Chopin, visto che lo cita, è su un altro pianeta rispetto all’abc meschinello di Bob Marley. In quanto ai testi, se vuole leggersi quelli di De Andrè, Paoli o Guccini e poi magari quelli Di Francesco Maria Piave per la Traviata, di Illica e Giacosa per la Boheme o di Arrigo Boito per l’Otello, poi mi faccia sapere come stiamo a livello artistico…

    • Solita ramanzina “impegnata” sessantottesca radicalchic che porta a mettere sul piedistallo come geni assoluti i soliti cantautori che hanno fatto la loro fortuna canora sul momento politico sociale del paese e sulla gioventù di allora (oggi nonni che si ergono saggi) divenuta mercato. Io, per converso, preferivo e preferisco ascoltare la musica classica e, quando mi va di canticchiare qualcosa di più quotidiano e non pesante, mi rivolgo verso orietta berti o little tony (in fondo, anche i testi delle loro canzoni parlano di vari aspetti della vita e non sono da snobbare…).

      • Condivido in toto, compresa la nota sulla Berti e Little Tony, più autentici di Guccini e più nostrani di Paoli o De Andrè.

  8. “…Cara musica
    che parli di sensibilità e di ali
    che battono un’aria che non regge il mio peso
    ma respira col freddo le stanche note della notte….
    La musica è ovunque, ti detta il respiro..”
    Tratto dal testo teatrale ‘ Un’amicizia che continua ‘, spettacolo di cui ho scritto il testo e in parte la musica ( violino, violoncello, piano ) portato in scena al teatro San Carlino, dedicato a un musicista poeta che, ancor più di Guccini e De Andre’, e certamente più di Orietta Berti, ha accompagnato la mia vita : Claudio Rocchi, amico carissimo.

    • E si vede dai ragionamenti che fa. Tipitipitì cosa fai, tipitipitì con chi sei, tipitipitì cosa vuoi, quando l’amore non c’è….

  9. Pure compositore il Sandro ! Complimenti, veramente, in quanto ad onniscenza. Ma solo in parte, ci dice Belli. E ci è difficile allora capire cosa voglia dire: compose in chiave di sol (per il violino), in chiave di fa e contralto (per il violoncello) oppure di sol più fa (per il pianoforte) ? Traccia melodica, traccia armonica o entrambe? Qualche spunto o la partitura ? Un vero e proprio trio o le parti singole ? Insomma, ci tolga la curiosità, perchè potrebbe collocarsi musicalmente tra Bob Marley e Frèderic Chopin senza che lo si sappia nei Conservatori, dove in particolare “si trova” la musica.

  10. Non credo che da Tarantola in centro vi sia ancora qualche copia del CD del filmato di ‘Un’amicizia che continua’ ( testo, musica, foto di presentazione )
    …poi…torniamo in tema !

  11. Il tema l’abbiamo già sviscerato e già conosciamo le funeste conseguenze di un’espansione abnorme di centri commerciali. Se poi aggiungiamo, come abbiamo ampiamente esposto, i danni della globalizzazione, siamo ancora a ripetere al nostro quanto puerili e fuori dalla realtà siano le sue teorie. E poi, è meglio non spaziare su altri argomenti: rischiamo di arrivare alle stesse conclusioni….

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