📕 L’Arsura: BsNews.it riscopre le poesie “inedite” di Giovanni Ferretti, l’altro…

La storia, poco nota, del partigiano Spartaco si intreccia con quella del musicista, ex leader dei Cccp: il racconto di un libro ritrovato...

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L'Arsura, raccolta di poesie di Giovanni Ferretti del 1974, foto Andrea Tortelli

di Andrea Tortelli – Giovanni Ferretti. A Reggio Emilia si tratta di un nome molto diffuso, e il più noto a portare questo “titolo” è probabilmente Giovanni Lindo Ferretti, il poliedrico artista che fondò il gruppo musicale dei Cccp (e successivamente dei Csi e dei Pgr). Ma c’è un altro Ferretti, a Reggio, che gli fa concorrenza per virtù artistiche e che ha firmato versi almeno degni di Lindo, anche se le cronache italiane di lui ricordano poche cose e la sua morte è stata liquidata dai giornali locali “in quattro righe”.

Parliamo del partigiano Spartaco, di cui abbiamo recuperato notizie grazie a un vecchio numero della rivista locale dell’Anpi e a Ermanno “Vanni” Orlandini, ex direttore di Istoreco, sindaco, militante comunista, amico e compagno di molte avventure del Ferretti. Lo ringraziamo per averci aiutato nella nostra ricerca.

Di lui, del Ferretti, ci siamo innamorati quasi subito. Recuperando in un mercatino una vecchia copia della raccolta di poesie l’Arsura, edita da Tecnostampa nel 1974 con la prefazione di Alfredo Gianolio, intellettuale piuttosto noto in Emilia, due poesie battute a macchina e firmate e un’acquaforte originale allegata.

L’Arsura, raccolta di poesie di Giovanni Ferretti del 1974, foto Andrea Tortelli

La copia è dedicata al pittore – che una certa fama conobbe in vita – Nani Tedeschi (qui la sua biografia su Wikipedia). Si legge: “Caro signor Nani Tedeschi, sono del tutto consapevole dei limiti vari e facilmente riscontrabili in queste mie cosette. Debbo dirle che mi ha fatto tanto piacere apprendere da Vanno Orlandini che lei si sarebbe incuriosito al punto di chiedermi una copia de L’Arsura, che le mando adesso. Vedrà che ci sono anche elementi di decadenza, di rimpianto per cose perdute e per altre che mi sono sempre mancate. Per ora non mi è stato possibile fare di meglio. Ho solo cercato di impossessarmi di quel tanto.. di poesia presente in quasi tutte le cose e situazioni. Sono al corrente – e da tempo – del suo buon lavoro di pittore e di grafico e mi complimento tanto. Con tanti saluti e auguri. G.F.”.

L’Arsura, raccolta di poesie di Giovanni Ferretti del 1974: la dedica a Nani Tedeschi, foto Andrea Tortelli

Un filo sottile lega Giovanni “Spartaco” Ferretti a Giovanni “Lindo” Ferretti. Vengono da Reggio Emilia – terra che ha dato i natali a Dossetti e Nilde Iotti – e parlano una lingua comune, intrisa di storia partigiana e comunista. La curiosità è che Gianolio e Orlandini compaiono anche nelle ricerche su Lindo, basta guardare su Google. E chi non conoscesse Spartaco (come purtroppo i più), prendendo in mano il libro, potrebbe pensare che l’autore delle poesie sia proprio l’altro Ferretti. Coincidono, infatti, le date (nel caso di un Lindo agli albori), la città, i nomi citati, perfino il tono lirico.

Ma in realtà parliamo di altro. E a raccontarci chi è Giovanni Ferretti, “l’amico e per me anche compagno” Spartaco, ci pensa Orlandini in una bellissima lettera – manoscritta – che ci ha mandato pochi giorni fa, insieme alla copia di un’altra raccolta di Spartaco. Ne riportiamo qualche stralcio.

“Giovanni è stato un partigiano. Ha combattuto in Juguslavia contro i nazisdti, assieme ai partigiani di Tito, pur in modo critico sui metodi da questi usati nei confronti dei nemici e, soprattutto, contro l’atteggiamento negativo al limite della stupida ignoranza, verso i credenti cattolici sequestrando le chiese ed impedendo di fatto ai medesimi di divere la loro fede o, spesso, il loro ‘timore’ di Dio.

Non sono certo mancate le colpe di tali credenti o presunti tali, per l’appoggio dato ai fascisti ed ai nazisti nonché agli ustascia. Ovviamente non tutti i credenti, poiché molti di questi hanno combattuto a fianco di Tito ma in certe condizioni e contesti si tende sempre, sbagliando, a fare di tutte le erbe un fascio.

Nella clandestinità contro il regime fascista egli investì l’impegno di commissario politico in una zona del reggiano ove la predicazione prampoliana è stata molto forte e seguita e con la presenza della famiglia di Alcide Cervi e dei suoi sette figli.  Giovanni si battè contro “l’attendismo nell’intraprendere la lotta armata e non avversò, come molti dirigenti del Pci, le posizoni dei sette fratelli che iniziarono pressochè da soli la lotta armata di Resistenza.

Dopo la guerra Giovanni fu dirigente della federazione provinciale del Pci ed assunse le responsabilità di presidente della di controllo, che diresse con tanto equilibrio e saggezza, specie durante le “code” degli avvenimenti del dopoguerra, ove, purtroppo, avvennere casi di vendetta nei confronti dei fascisti. Egli avversò questi casi e per punire le colpe, spesso efferate, delle brigate nere, delle spie e dei collaborazionisti con i nazisti, ha sempre preteso il giusto processo, come prevalentemente è avvenuto.

Ricoprì anche un incarido di addetto alla propaganda visiva della federazione. Ideò slogan e manifesti che da soli parlavano e convincevano. Li disegnava egli stesso e ne curava la stampa e la diffusione. Era autodidatta ma come tanti, la lettura e l’esperienza ed il lavoro lo portarono a quella intellettualità popolare pregna di cultura, anche classica, che trovò spazio e stima anche tra la ‘pomposa’ (spesso) cultura accademica.

Fu tra i promotori della costruzione di biblioteche in ogni sezione (a Reggio ben oltre le 450) nelle quali, oltre ai testi sacri del Partito (Lenni, Togliatti e Stalin) campeggiavanpo i classici della letteratura di tutti i tempi e persino i libri e le poesie di D’Annunzio. Non essendoci la televisone e la radio era cosa rara, le sezioni diventarono (come oggi le biblioteche) luoghi di lettura collettiva, di conversazione e spesso veri e propri dibattiti, sui libri letti e sul loro contenuto”.

“Mi fermo qui”, aggiunge Orlandini, che chiude la sua lettera parlando della copia dell’altro libro inviato per posta (“Un anno lungo di più”, il titolo) e  un “cartoncino strettamente personale in cui è evidente la disillusione ed il pessimismo per come sono andate le coser fino ad allora”. “Dopo qualche anno da quelle righe – conclude Orlandini – Giovanni Ferretti morì di solitudine ed ‘annazzato’ da senilità che lo rese irriconoscibile“.

Così – senza gloria – finì un uomo che forse, con altri “padri”, avrebbe potuto diventare uno dei poeti laureati del Novecento e i cui versi certamente appaiono oggi ancora degni di nota. Spartaco, invece, si è spento nel silenzio più nero, prima che qualcuno – noi – ritrovasse quasi per caso una copia del suo libro e decidesse di raccontarne la storia. Una storia certamente degna di nota, come i suoi scritti. Leggendo l’Arsura e ripecorrendo la storia di questo piccolo ritrovamento – il libro, la telefonata a Orlandini, la lettera etc – un dubbio poi rimane: Ferretti ha ispirato Ferretti?

Due poesie battute a macchina e firmate allegate a L’Arsura, raccolta di poesie di Giovanni Ferretti del 1974, foto Andrea Tortelli
Un’acquaforte allegata a L’Arsura, raccolta di poesie di Giovanni Ferretti del 1974, foto Andrea Tortelli

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