Il diavolo non veste Prada | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

La moda al tempo della pandemia è l’argomento che propongo oggi. Lo spunto mi viene proprio da un invito ricevuto da un’imprenditrice della moda del nostro territorio, Anna Svanini, che sta organizzando una serie di incontri tra moda, scienze, arte e sport e quindi mi ha coinvolta in questo progetto

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

Come la pandemia abbia lasciato la moda … in mutande

di Doriana Galdrisi* – La moda al tempo della pandemia è l’argomento che propongo oggi. Lo spunto mi viene proprio da un invito ricevuto da un’imprenditrice della moda del nostro territorio, Anna Svanini, che sta organizzando una serie di incontri tra moda, scienze, arte e sport e quindi mi ha coinvolta in questo progetto.

Prima di parlarvene un po’ meglio vi devo però confidare che la moda al tempo della pandemia è pure un argomento che mi tocca nel profondo, perché provengo da una famiglia immersa nel settore, a partire da mia nonna Maria (che ormai molti di voi ormai conosceranno perché la nomino spesso!) per proseguire con mia mamma (che, per un certo periodo da giovane, è stata anche una modella!) e per finire con mia sorella Nicoletta. Dopo oltre 60 anni di storia, il negozio di famiglia è stato chiuso travolto da una crisi che ha investito il comparto in tutto il mondo: una crisi che, racconta Nicoletta Galderisi, “è dovuta principalmente alla disponibilità di spesa delle persone”. “La nostra clientela, di cui una buona parte era straniera, era abituata a capi di qualità ed eleganza, quindi con un certo costo. La pandemia ha fatto mettere al primo posto il prezzo, e inoltre i capi più fashion hanno lasciato il posto ad un abbigliamento comodo, pratico, da usare sempre soprattutto in casa”.

La pandemia ha prodotto un calo della domanda, una maggiore attenzione dei consumatori verso la spesa, un sostanziale passaggio allo shopping digitale e una nuova mentalità: less is more. Ha obbligato le aziende della moda, secondo McKinsey & company (una società internazionale di consulenza manageriale che ha prodotto vari studi sulle problematiche e le tendenze del settore) ad adattare le strategie di vendita e pure di marketing, tenendo conto del fatto che un’economia fiacca, un potere di spesa limitato, la disoccupazione e la crescente disuguaglianza sociale probabilmente impediranno alla domanda di moda di tornare già quest’anno ai livelli pre pandemia.

Questa crisi ha sollecitato la ricerca di modalità di vendita diverse da quelle tradizionali, soprattutto nell’ambito dell’e-commerce.

Con lo sviluppo della vendita on line, si rivoluziona il rapporto tra venditore e cliente così come il contesto dello shopping. Vengono meno alcune esperienze gradevoli, legate alla  piacevolezza dell’entrare nel negozio, del toccare con mano i vari con mano i vari tessuti, del sentire il profumo che in molte boutique viene diffuso, insieme alla musica, per accompagnare la piacevolezza della visita, cui si aggiunge la gentilezza di commesse e commessi, ma pure il piacere di provarsi gli abiti… tutto ciò nella vendita on-line non c’è anche se vi sono dei tentativi di iniziare a sviluppare sfilate sul web e riprodurre l’ambiente del negozio on-line, quindi condurre il cliente negli acquisti attraverso una sorta di negozio virtuale che è diverso dal catalogo al quale magari si era già abituati. La vendita on line ha tuttavia anche degli aspetti positivi: è sempre fruibile in ogni momento e per lo shopping non c’è bisogno di togliere tempo dalla giornata di lavoro; è possibile avvicinarsi in modo discreto e silenzioso, per cui si possono visitare i negozi virtuali in tranquillità e spesso in molti casi è anche possibile rivedere l’acquisto fatto e rendere il capo se non risulta poi di gradimento.

Come vi ho anticipato all’inizio, cari lettori, l’idea di affrontare l’argomento moda e outfit è scaturita dalla telefonata di Anna Svanini, che mi ha proposto di partecipare ad una serie di “salotti”, come li ha definiti, collegati al settore della moda. Si tratta di incontri on line per approfondire il rapporto tra moda e arti, moda e scienze, moda e musica e, non poteva mancare, moda e, tra le scienze, la psicologia.

Ho accettato molto volentieri di partecipare anche perché la moda è strettamente collegata al benessere psicologico, all’immagine di sé e anche ai ruoli che ciascuno di noi esercita nella vita.

La moda, se vissuta correttamente, dovrebbe emozionare, dare un senso di giocosità, oltre che aiutare a valorizzare la propria fisicità, qualunque essa sia. Il modo di vestirsi e di apparire pubblicamente, sono elementi strettamente connessi alla personalità e talvolta anche a delle problematiche, a dei disagi, spesso tenuti nascosti e che sono connessi spesso al rapporto con il proprio corpo e con la propria identità. Tra le problematiche legate all’immagine corporea, alla fisicità e al benessere psicologico, vi sono quelle, di cui in questo periodo si parla molto, legate ai disturbi del comportamento alimentare.

In pandemia c’è stato un notevole aumento dei disturbi alimentari, in particolare di quelli legati all’iperfagia, tra questi vi è stata la comparsa di nuove tipologie di fenomeni come il grazing, cioè fare spuntini spesso durante la giornata e pure di notte, per sedare con il cibo gli attacchi di ansia che impediscono il sonno.

Il cibo, del resto fa parte di quel trittico di elementi (psicofarmaci, alcol e cibo) che hanno la funzione di modulare e normalizzare le emozioni corporee negative.

L’abbigliamento è coinvolto nel discorso dell’alimentazione e del rapporto che le persone hanno con il loro corpo: nella moda si cerca spesso un modo per risolvere i problemi con la propria immagine corporea, a volte pure peggiorando la propria figura, tramite la scelta di capi che non stanno bene indossati sul proprio corpo ma che vengono acquistati solo perché di tendenza.

Lo conferma anche l’esperienza di mia sorella Nicoletta, che ha dichiarato: “Il desiderio di quasi tutti i clienti è quello di acquistare un abito, un capo di vestiario, che faccia sembrare più magri e anche le donne già snelle spesso rifiutano vestiti che le fanno sembrare un po’ più piene, sebbene tali capi migliorerebbero il loro aspetto”.

Il rapporto con la moda invece dovrebbe basarsi su tre caratteristiche: dovrebbe essere un rapporto piacevole, in cui cioè si trova gradevolezza e, perché no?, un senso di giocosità; dovrebbe essere un rapporto che migliora la persona esteriormente ed interiormente e, infine, dovrebbe essere arricchente, portare a consapevolezza di sé, sicurezza nella propria identità.

La moda dovrebbe essere un’esperienza evolutiva e non un’esperienza vissuta con sofferenza per la paura di non essere all’altezza, di non possedere ciò che gli altri possiedono.

In questo senso il rapporto con la moda diventa assertivo, si parla infatti di “moda assertiva”, concetto che si riferisce alla capacità di vestirsi e di agghindarsi in modo conforme ai propri gusti e alle proprie caratteristiche fisiche e psicologiche, senza soggiacere ai dettami della tendenza del momento. Se infatti è ormai chiaro a tutti che l’abbigliamento è una sorta di veicolo di trasmissione di significati, di modi di essere, di volontà, di ruoli, ciò che spesso non si sa è che, nel rapporto con la moda, talvolta non si è per nulla assertivi, cioè in grado di salvaguardare il proprio punto di vista, ma, al contrario, si è passivi o aggressivi, quindi si subiscono e si impongono stili e modalità di espressione che non tengono conto o dei propri gusti, del proprio carattere oppure del contesto.

La persona bella non è quella perfetta nelle forme, bensì quella che esprime, attraverso ciò che indossa, il proprio carattere, la propria capacità di piacersi, di vivere con leggerezza le situazioni, di portare con grazia i vestiti e, last but not least, di fare dell’ironia con se stessa.

Insomma, psicologia e moda hanno molto in comune, poiché il modo in cui un individuo si veste esprime tanto del suo essere, mostra ampie parti della sua personalità consce e inconsce.

Gli psicologi possono quindi colloquiare con il settore del fashion, non tanto per “dire” alla persona come si deve vestire bensì per mettere in moto un processo emotigeno che prduca l’effetto di rendere ciascuno consapevole di se stesso, dei punti forti, delle proprie caratteristiche; consenta dunque l’affermazione proprio carattere, la sua identità, la sua unicità (quella che viene detta variabilità individuale) anche attraverso un abito

La psicologia può aiutare a migliorare il rapporto con la propria fisicità e a ridurre, o eliminare, i complessi che colpiscono spesso soprattutto le donne, che si vedono piene di “difetti” (gambe grosse, fianchi larghi, braccia cadenti, rughe…). Chi vive questi complessi è afflitto da un’idea di perfezione per altro non realistica e contemporaneamente da una visione di bellezza che è più ideale che reale, perché la bellezza vera nasce dall’armonia tra carattere, linguaggio corporeo, espressione. In quest’epoca purtroppo il ridicolizzare il corpo è un elemento che contribuisce ad aggravare l’insicurezza ed il cosiddetto fenomeno del “body shaming”.

Uno degli obiettivi principali della moda è quello di contribuire al benessere psicologico e, perché no, anche proprio alla salute psicologica delle persone.

In tempi di pandemia quindi la moda, può diventare un elemento di sorpresa, piacevole, e pure di gioco, che può risvegliarsi anche in chi ha dovuto cambiare le proprie abitudini lavorative, i propri stili di vita e di socialità.

Insomma in pandemia… “Il re è nudo!”, come nota il bambino della celebre fiaba. Ecco, dovremmo imparare a guardarci con occhi nuovi, come se fossero quelli di un bimbo, privi di condizionamenti.

Grazie per l’attenzione, arrivederci tra 15 giorni

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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