Io ballo da sola… spero anche tu! Discoteche e balli al tempo del Coronavirus | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

Apriamo le discoteche? E, una volta aperte, ci andiamo o è troppo a rischio contagio? Ma soprattutto: c’è ancora voglia di andare a ballare o, invece, la paura ha inibito questo desiderio?

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

di Doriana Galdrisi* – Apriamo le discoteche? E, una volta aperte, ci andiamo o è troppo a rischio contagio? Ma soprattutto: c’è ancora voglia di andare a ballare o, invece, la paura ha inibito questo desiderio? A quest’ultimo interrogativo risponde, quasi senza bisogno di commenti, la situazione che abbiamo vissuto durante il primo lockdown, quello durissimo e inaspettato della primavera 2020: in quei mesi la voglia di movimento, e, quindi, anche di ballare, aumentò moltissimo, anche in seguito ai divieti che, come si sa, fanno aumentare o addirittura insorgere un desiderio che magari non si avrebbe, o non si avrebbe in maniera così forte, se non fosse proibito.

In pandemia abbiamo assistito a scene di balli e canti sui tetti, la musica e le danze erano stati degli elementi catartici ed espressivi di stati d’animo, elementi indispensabili per sentirsi meglio in quel baratro di smarrimento e di chiusure in cui eravamo improvvisamente precipitati.

Ma oggi siamo in un momento diverso: c’è bisogno di prendere delle decisioni che non sono affatto facili, seppur all’ordine del giorno come dimostra anche la vicenda della discoteca Paradiso di Brescia, chiusa pochi giorni fa perché accoglieva al suo interno decine di persone che stavano ballando accalcate e senza mascherine, in un momento, come quello attuale, in cui non è ancora permesso scendere in pista.

L’episodio conferma l’urgenza di prendere decisioni, poiché le discoteche sono forse tra le ultime situazioni a ripartire, dopo il via libera e feste all’aperto e sagre, seppur con regole ben precise. E questo sta danneggiando fortemente gli operatori del settore che, si stima, stia registrando una perdita a molti zeri.

Il tema è articolato poiché implica aspetti che spaziano dall’ambito economico a quello psicologico, passando per quello sociale e relazionale. Inoltre la discoteca è ammantata, da sempre, da un’aura di pregiudizi, luoghi comuni e miti da sfatare.

Partiamo quindi da una distinzione importante: un conto è la discoteca e un altro il ballo (e l’ascolto della musica): sono spesso intrecciati ma non sempre, perché non sempre e non per tutti l’andare in discoteca implica la voglia di ballare.

E questa precisazione introduce alcune domande basilari: che cosa è una discoteca? Chi ci va? Perché ci si va?

All’inizio era la “Febbre del sabato sera” dei mitici John Travolta e Olivia Newton-John, era la voglia di trasgressione, di emancipazione dalla famiglia e dai ruoli di genere. Ma c’era anche la voglia di ballare che non è meramente un desiderio di muovere il corpo, bensì è un piacere profondo derivate dal fatto che il ballo  crea movimenti che interrompono e cambiano le movenze tipiche, i modi soliti di muoverci legati ai ruoli sociali e alle responsabilità.

E poi c’è la dimensione relazionale: si balla in due o in gruppo e questo dà sia la possibilità di esprimere se stessi, di cambiare le posture rigide e ripetitive, di prendere coscienza del proprio corpo sia di entrare in sintonia con le persone con le quali si balla. Il ballo piace perché fa leva sulla socievolezza, sull’empatia, permettendo un potente sviluppo relazionale.

Il ballo, così come la musica, combatte la timidezza oltre a produrre effetti benefici sul nostro organismo e sulla nostra psiche: ballando entrano in circolo le endorfine, i suoni e i gesti ritmati permettono al corpo di produrre dopamina, ossitocina, serotonina, creando un effetto positivo sulle relazioni e stimolando la collaborazione. Si dice che le endorfine producano good vibration e se questo avviene con qualcun altro si crea il legame, in una danza che non è solo musicale bensì emozionale.

Ballo e musica inoltre portano a toccarsi, ad agire di concerto, a percepire il corpo dell’altro facendo entrare in gioco aspetti neurologici; si attivano cioè reti neurologiche, neuroni specifici come quelli “specchio” che portano a fare la stessa cosa di chi ci è di fronte, creando un legame tangibile.

Ma non sempre, e non in tutti i locali da ballo si creano queste condizioni positive. Infatti non tutte le discoteche sono uguali, anzi le tipologie sono assai diversificate: ci sono quelle classiche, dove vanno tutti e non si eccede più di tanto; quelle stile teatro con ospiti e animazione, quelle di tendenza con le musiche in voga al momento dirette da un dj coinvolgente e, infine, quelle borderline, caratterizzate dall’eccesso di decibel (cioè con musica troppo assordante), di alcol, di provocazioni e di violenza.

Il successo delle discoteche ha iniziato ad essere minato dall’introduzione di regolamentazioni, procedure, protocolli sanitari e non solo, che hanno fatto venire meno l’idea di un luogo totalmente libero, fuori dagli schemi. Questo è stato un elemento importante nella perdita di attrattiva da parte di queste realtà.

Con l’arrivo delle generazioni dei Millennials, secondo un’analisi riportata da “The Economist”, già alla fine degli anni Novanta ci fu un calo di gradimento che portò, nel 2006, ad avere il dimezzamento dei locali: da oltre 5mila e poco meno di 2.500.

Questa crisi fu favorita dalle caratteristiche proprie ai giovani nati nei primi anni Duemila: nativi digitali, sono definiti, che si divertono sfruttando le opportunità offerte dal web, dai social network; che preferiscono andare a feste private o lounge bar con wi-fi piuttosto che in discoteca.

La situazione sembrò migliorare verso il 2017/2018, poiché molti imprenditori del settore delle discoteche avevano messo in campo strategie di adeguamento ai nuovi utenti millenials, indirizzandosi verso cambiamenti più tecnologici, quindi apportando trasformazioni degli spazi e degli ambienti in moda tale da renderli avvolgenti, con video, multisensoriali, con luci, ritmi e musiche quasi ipnotici, il più possibile lontano dal reale.

La discoteca quindi tornò ad essere una meta ambita, dove ci si recava (reca) con varie motivazioni: per stare lontano dagli adulti, per vedere persone nuove, per incontrare gli amici di sempre, per farsi travolgere dalla musica, per cercare occasioni di sessualità veloce e senza impegni, per sballare e sfogarsi.

Una serie di studi ha individuato sette profili tipo dell’utente delle discoteche: dapprima gli integrati, che prendono il positivo del luogo e non hanno desiderio di trasgredire bensì di stare in compagnia. Po gli alternativi, quelli che vanno alle ricerca di sensazioni e comportamenti fuori da quelli classicamente adottati negli ambienti quotidiani di casa e lavoro. Seguono gli adattati, che ci vanno perché non sanno come impiegare diversamente il tempo libero e, al contrario, i non adattati che frequentano raramente le discoteche e se lo fanno è per obbligo sociale. Ancora: gli sballati, spesso già in stato di alterazione prima dell’ingresso e che vogliono aumentare il grado di sballo grazie all’ambiente particolarmente surreale di certi locali. Poi i violenti, che cercano solo la rissa e le provocazioni e, infine i seduttori, quelli che si recano in discoteca per cercare sesso facile, perché la disco è considerata per antonomasia, soprattutto dai più giovani, il luogo dell’ammiccamento, dell’avventura amorosa leggera, senza impegni, senza responsabilità. Questo porta, a volte, alla creazione di confusione e di rischi, anche sanitari oltre che affettivi, in seguito alla sessualità rapida, promiscua e non protetta.

Ebbene, queste sette profili come si pongono di fronte alla pandemia? C’è ancora voglia di andare in discoteca per quei motivi o la paura inibisce il desiderio? Si sente davvero la mancanza delle discoteche o, invece, oggi si preferisce un divertimento in forma diversa?

Non ci sono ovviamente risposte univoche: per esempio Francesco, 21 anni, laureando in questi giorni di luglio economia e con un media di eccellenza, racconta; “prima della pandemia andavo qualche volta in discoteca, per stare con gli amici senza eccessi e per ascoltare insieme la musica che  piaceva al nostro gruppo, per staccare dalla routine della settimana. Ma la paura del contagio ha fatto perdere la leggerezza tipica di quell’ambiente. Ora bisogna trovare un equilibrio, magari proponendo format diversi per le serate, per esempio aprendo dalle 10 alle 2, con spazi adeguati evitando gli assembramenti sulle piste. Penso di andarci prima o poi ma con cautela”.

Il lavoro da fare è quello di responsabilizzare i giovani (e non solo) e coinvolgerli nelle scelte, altrimenti c’è il rischio che scattino meccanismi psicologici quali la reattanza, ben descritta dagli studi di De Charmes e di Brehms.

Già in tempo di lockdown questo fenomeno si è manifestato: ci sono state feste non autorizzate, dove le persone andavano per trasgredire al divieto, rifiutando il blocco della propria libertà e, di concerto, il disconoscimento dell’autorità e delle raccomandazioni sanitarie.

Insomma… sulle note di Fred Bongusto va bene la… “rotonda sul mare con il nostro disco che suona” ma… attenzione a non ricadere nella febbre, non del sabato sera ma del Covid-19!

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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