🚵 Sonny Colbrelli: “I 25 km del Benelux Tour i più difficili di questi ultimi anni” | 🟢 L’INTERVISTA

Il sito SuperNews ha intervistato Sonny Colbrelli, ciclista azzurro (originario della Valsabbia) che ha reso il 2021 il suo anno vincendo il campionato italiano di Imola, l’Europeo di Trento, la Parigi-Roubaix e il Benelux Tour

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Il ciclista Sonny Colbrelli
Il ciclista Sonny Colbrelli

Il sito SuperNews ha intervistato Sonny Colbrelli, ciclista azzurro (originario della Valsabbia) che ha reso il 2021 il suo anno vincendo il campionato italiano di Imola, l’Europeo di Trento, la Parigi-Roubaix e il Benelux Tour. Con il suo epico trionfo nella Parigi-Roubaix, l’Italia torna a vincere a 22 anni di distanza dall’ultimo successo di Andrea Tafi. Il classe 1990 del team Bahrain Victorious è inoltre il primo italiano a trionfare nella corsa a tappe del Benelux Tour. In carriera Colbrelli ha conseguito altri importanti successi, come quello della Freccia del Brabante nel 2017, il Gran Piemonte 2018 e diverse altre classiche del calendario italiano.

Il sito ha diffuso l’intervista sotto forma di comunicato stampa, chiedendone la pubblicazione: lo riportiamo in forma integrale.

Sonny, il 2021 è il tuo anno. Il 3 ottobre scorso vinci una storica Parigi-Roubaix. Le condizioni climatiche non sono state favorevoli, pioggia e fango hanno complicato la prestazione di tutti i ciclisti. Quanto è stata difficile questa corsa, da un punto di vista tecnico?
La Parigi-Roubaix è una delle corse più dure del calendario internazionale per noi corridori. E’ complessa con il meteo favorevole, figuriamoci correrla con la pioggia e il fango che abbiamo visto in quest’ultima edizione. Per me è stato molto difficile, prima di tutto perché si trattava della mia prima Parigi-Roubaix, e poi per le condizioni climatiche che ho incontrato. Non ho corso come Van Aert e Van Der Poel, che praticano anche ciclocross e mountain bike, ma per me è stata dura soprattutto dal punto di vista mentale: bisognava trovare sempre la giusta traiettoria, la giusta scia e tentare di non incappare in un problema meccanico o in una caduta.

Con la Parigi-Roubaix l’Italia torna a vincere a 22 anni di distanza dall’ultimo successo di Andrea Tafi in maglia Mapei. Cosa si prova a riuscire in un’impresa del genere? In cuor tuo, sentivi che avresti fatto un buon risultato o addirittura trionfato in questa gara?
Riportare la Parigi-Roubaix in Italia dopo più di 20 anni è una grande emozione. Sono molto fiero, è importante per me, perché vuol dire che il ciclismo italiano non è morto. Ci vuole pazienza, puntiamo tanto sui nostri giovani. Io l’ho vinta a 31 anni, non sono più così giovane, ma per me questa vittoria è il punto di forza dal quale ripartire. Negli ultimi anni Nibali ha vinto la Milano-Sanremo, Bettiol ha vinto il Fiandre, Ganna si è laureato campione del mondo e olimpico, e questo dimostra che il ciclismo italiano sta vivendo un grande momento.

In questa Parigi-Roubaix hai trionfato sui grandi favoriti, Van der Poel e Van Aert, i due ciclisti che hanno sconvolto il panorama internazionale con le loro prestazioni. Quanto è significativo e motivazionale questo per te?
Io seguivo entrambi già tanti anni fa. Li ho sempre ammirati per le grandi imprese che hanno realizzato e per il loro praticare tutte e tre le discipline: Van Der Poel faceva mountain bike, ciclocross e strada, mentre Van Aert ciclocross e strada. Al Tour de France abbiamo visto tutti quello che ha fatto il belga: ha vinto la crono, la tappa del doppio Mont Ventoux e poi anche la volata a Parigi. Sono entrambi due astri nascenti del ciclismo, e per questo essere riuscito a batterli in questa Parigi-Roubaix per me è una grande emozione.

Gianni Moscon era riuscito a mettere le fondamenta di una grande azione solitaria, ma è stato ostacolato prima da una foratura e poi da una caduta che lo hanno condizionato nel momento decisivo della corsa, chiusa al quarto posto. Hai avuto modo di parlare con lui a fine gara? Non deve essere semplice accettare un imprevisto del genere in quel determinato momento della gara…
Ho sentito Gianni dopo la corsa, con lui ho un bellissimo rapporto. Mi è dispiaciuto molto, non lo nego. Bisogna essere realisti: quel giorno Gianni meritava quella corsa più di chiunque altro, perché è sempre rimasto con la testa del gruppo. Purtroppo, a causa della foratura e della caduta non è più riuscito a trovare il giusto feeling con la Parigi-Roubaix. E’ davvero un peccato, perché poteva giocarsi una grandissima corsa. Tuttavia, Gianni è ancora tanto giovane e sicuramente sentiremo parlare di lui nelle prossime edizioni della Parigi-Roubaix, perché si addice tanto alle sue caratteristiche e farà senz’altro bene.

Sei stato protagonista anche nella sesta tappa del Benelux Tour: nella Ottignies-Louvain-la-Neuve-Houffalize di 207,6 km hai dato spettacolo con una fuga solitaria di 25 km, che ti ha permesso di conquistare la tappa e la maglia di leader. Qual è stato il momento più duro della gara?
Sì, quel giorno ho provato con questa azione, mai intrapresa prima singolarmente, e quelli sono stati i 25 km più duri che ho corso in questi anni, perché c’era un gruppo di corridori di altissimo livello e sapevo di non dover mollare fino alla fine. Sono stati 25 km interminabili per me, anche perché il percorso non era pianeggiante, ma era fatto di tanti sali e scendi che mi costringevano a spingere sia in salita che in discesa.

Sagan, Valverde, Ewan, Trentin e Nizzolo sono solo alcuni dei tuoi avversari storici, cui si sono aggiunti di recente Van der Poel, Van Aert ed Evenepoel. Con il belga della Deceuninck ci sono state un po’ di discussioni nel corso del campionato europeo. Che tipo di rapporto c’è tra voi veterani e questi giovani ciclisti? E come interpreti l’atteggiamento di alcuni di loro in alcune fasi della corsa?
Sono giovani emergenti, hanno voglia di fare e strafare. Li capisco, ero così anche io. Certo, io non ho vinto quanto loro in questo pochissimo tempo, ma rientra tutto nella norma, hanno ancora tanto da imparare. Sono dei fuoriclasse, ma a volte il carattere così impulsivo porta loro a fare dei piccoli errori. Sicuramente, con il passare del tempo, questo cambierà e andrà tutto a loro favore.

Negli anni hai dimostrato non solo una crescita costante, ma anche di uscire fuori soprattutto nella seconda parte della stagione. In questo 2021 hai colto l’occasione della Roubaix in autunno per vincere meravigliosamente la Classica per eccellenza. Si spera che il prossimo anno tutto tornerà alla sua tradizionale collocazione, e dunque anche la Roubaix, corsa cui sicuramente non mancherai. Dal momento che arriverà giusto qualche settimana prima della Milano-Sanremo, gara in cui tu potresti avere veramente pochi rivali, pensi di fare una preparazione specifica per farti trovare questa volta al 100% della forma in primavera anziché in autunno?
Sì, questo sarà il mio grande obiettivo: confermare il grandissimo finale di stagione di quest’anno. Dopodiché, mi concentrerò nell’arrivare alle Classiche con la mia condizione fisica attuale, a partire dalla Milano-Sanremo.

Oltre a provare a fare bene nelle gare di un giorno, parteciperai molto probabilmente a un Grande Giro come velocista di punta della tua squadra. Quale sarebbe il tuo traguardo ideale per la vittoria di una tappa in un Grande Giro?
Nelle volate di gruppo faccio fatica a prendere posizioni, ma se venisse fuori uno sprint caotico con un po’ di curve potrei dire la mia. Per me l’ideale sarebbe arrivare con 40-50 corridori e batterli in volata.

Obiettivi e piani futuri alla luce di questi grandissimi traguardi?
Il mio obiettivo è quello di confermare la grandissima stagione di quest’anno, a partire dalla Milano-Sanremo, per poi concentrarmi sul Fiandre, sull’Amstel e sulla Parigi-Roubaix. Cercherò in tutti i modi di mantenere la condizione di questo fine anno.


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