🔻 Sesso selvaggio e tenero amore illuminano gli ulivi tra Riva e Gargnano | 🔺DAL GRUPPO G9

Gli anni sono il 1912-1913 sul Garda. Coincidenze sospette: David Herbert Lawrence e Frieda von Richthofen.  Franz Kafka, Felice Bauer e la “svizzera”...

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Disegno di Laura Giuffredi, Kafka e Felice Bauer

di MARIO BALDOLI* Gli anni sono il 1912-1913 sul Garda. Coincidenze sospette: David Herbert Lawrence e Frieda von Richthofen.  Franz Kafka, Felice Bauer e la “svizzera”.

Amori diversi, ma con molte somiglianze tra i due scrittori, a dispetto dei critici.

Il maggior punto in comune tra Lawrence e Kafka: padri cattivi, castranti.

Quello di Lawrence, inglese, minatore sposato ad una maestra, a volte ubriaco, a volte violento. Quello di Franz, commerciante brutale col figlio che avrebbe voluto continuasse la sua attività economica invece di scrivere senza guadagnare.

Madre morbosamente affettuosa quella di Lawrence, con odio verso il marito. Incapace di capirlo e quindi di comunicare con lui, quella di Kafka.

E poi: la malattia polmonare che li porta a morire di tbc. “Mezza Europa ha i polmoni malati” scrive Franz all’amica Milena Jesenska. Lui muore nel 1924, Lawrence nel 1930.

Una giovinezza che passa allegra con gli amici, ma ambedue hanno problemi sessuali: Lawrence non sa staccarsi dalla figura materna che mina la sua sessualità, la sua famiglia è povera, qualche lavoro, pochi soldi. Franz non sa amare le donne a cui si lega (di altre non sappiamo per la loro reticenza a parlarne nelle interviste raccolte dopo la morte), frequenta i bordelli con qualche senso di colpa, è laureato in giurisprudenza, impiegato, mestiere che detesta, ma per cui è discretamente pagato.

Nello stesso anno, il 1912, conoscono i loro due amori: Frieda e Felice (ma si usa dire che quello di Kafka fu più attaccamento che vero amore).

Non sono solo scrittori, Lawrence lascia 5.000 lettere. Quelle di Kafka sono distrutte dalla Gestapo, ne restano 750 inviate a Felice che dovette venderle per bisogno negli anni Cinquanta, evidentemente con qualche censura.

A questo punto cominciano le differenze. Kafka è un ebreo praghese, frequenta, come gli altri ebrei, scuole di lingua tedesca, vive da estraneo in famiglia, immerso in un mondo intellettuale. La sua opera, che nel testamento voleva distruggere, è salvata avventurosamente dall’amico Max Brod, e le sue lettere dalla ex fidanzata Felice Bauer, ambedue ebrei che portano con loro migliaia di fogli dell’amico fuggendo all’arrivo dei nazisti nella Repubblica Ceca.

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Felice, finito il fidanzamento con Kafka, sposa un bancario, ha due figli e tiene anche dopo il matrimonio le lettere che Kafka le aveva scritto nei cinque anni di fidanzamento. Max porta in salvo i racconti e i romanzi dell’amico Franz e alcune lettere che Milena gli aveva scritto. Così si salvò l’opera del più grande scrittore del Novecento.

Lawrence a 16 anni comincia a lavorare in una fabbrica di strumenti ortopedici. A causa di una violenta polmonite deve lasciare il lavoro, diventa maestro. All’università segue i corsi di botanica. Chi legge i suoi romanzi gode il fluire delle stagioni e il profumo di centinaia di fiori.

A casa di un suo professore d’università Lawrence conosce la moglie di lui, la baronessa Frieda von Richthofen, bellissima, occhi azzurri-marrone, una grande cultura che le viene dal mondo germanico e da quello anglosassone. Lei ha tre figli e sei anni più di lui (dettaglio per psicologi). Lui ha pochi soldi, ha scritto un romanzo di discreto successo Il pavone bianco.

Quel giovane alto e segaligno, che non parla di cose futili ma arriva subito ad un centro erotico, la seduce. Ora lei odia il marito e si fa odiare, gli rivela di aver avuto rapporti sessuali prima di sposarlo, fugge con Lawrence verso il sud, l’Austria italiana e poi l’Italia. C’è il fascino di tanti che vi hanno scritto, ma soprattutto si sa che lì la vita costa poco e loro non hanno soldi (lei non è fuggita con la cassa, come Elena la spartana). Compiono il lungo viaggio in treno e a piedi sopportando la pioggia battente che s’infila nel colletto, le scarpe coperte di fango, dormono dove capita, un casotto pieno di fieno, una porcilaia abbandonata. Frieda mostra una capacità di adattamento straordinaria, crolla solo quando arrivano a Trento, si siede in piazza con alle spalle il monumento di Dante e piange. Ma vede un cartello con l’illustrazione di Riva. Si incanta a guardarlo, vanno a Riva, austriaca, ma italiana come un gelataio, scrive Lawrence. Vi si fermano qualche giorno, poi alcune informazioni li inviano a Villa di Gargnano. La scelta della parte occidentale del lago mostra quanto poco gli importasse di Goethe.

Vi restano dal settembre del 1912 all’aprile del 1913. Affittano il primo piano di villa Igea, oggi riconoscibile per una targa che ricorda lui solo, è posta non sulla villa, ma sulla casa d’angolo e si trova troppo in alto per essere vista. Le lettere di Lawrence scritte dal Garda sono state tradotte dagli studenti del liceo “Fermi” di Salò, con introduzione di Anita Loriana Ronchi e pubblicate dall’Ateneo di Salò.

Eccone una: Il lago è bello come il principio della creazione (…) Le montagne sono ammantate di neve. Oggi mi sono recato lontano tra le colline e ho raccolto manciate di rose di natale selvatiche. Questo è uno dei più bei paesi del mondo.

Il 23 dicembre: Frieda e io siamo qui insieme da tre mesi, soli in questo grande appartamento. Dovreste vedere la luna sorgere da dietro le montagne innevate dall’altra parte del lago. Di notte le luci di controllo mi divertono saltellando e deviando bruscamente per catturare quei poveri contrabbandieri. (…) Di solito il lago è di un blu intenso, un colore bellissimo e molto soleggiato. I fichi sono maturi proprio ora, e l’uva, miglia e miglia di vigneti, e le pesche. Stanno anche raccogliendo il granoturco. E’ tremendamente bello.

Invidia la gente: Invece di seguire misteri, dovremmo guardare noi stessi e dire: “Mio Dio, sono me stesso”. Ecco perché mi piace vivere in Italia. La gente è così ignara. Essi sentono e vogliono solamente: essi non sanno. Noi sappiamo troppo. No, noi pensiamo solo di sapere così tanto. Una fiamma è una fiamma perché è se stessa, e noi abbiamo dimenticato noi stessi (…) l’italiano nel sole si bea e raccoglie nelle vene una vendemmia ch’egli distillerà la notte, nell’estasi della gioia sensuale, l’intensa bianco-fredda estasi delle tenebre e del chiaro di luna, il rauco, distruttivo piacere felino, i sensi coscienti e che gridano tra gli spasimi del piacere. A Gardola di Tignale entrano in una locanda. Le locande sono il salotto della famiglia: cani, bambini, pentole, farabutti e grandi focolari aperti dove ci si siede, si beve spumante, un amabile vino bianco frizzante, ad una lira al litro.

Nell’amore intenso tra lui e Frieda trovano posto anche terribili litigi. Lei fatica ad ottenere il divorzio, soffre i sensi di colpa per aver abbandonato i figli, a volte soffre l’indifferenza di lui. Lui scrive: Questa faccenda logorerebbe il cuore della ruota di una carriola.

E’ un periodo molto creativo. Lawrence riscrive Figli e amanti, romanzo ampiamente autobiografico, da molti ritenuto il suo capolavoro, scrive racconti, dipinge in acquarello, chiede continuamente soldi ai suoi editori. Gli ultimi giorni li passano a San Gaudenzio di Muslone, sempre innamorati del paesaggio e delle persone.

E Kafka? Era già stato a Riva con i fratelli Max e Otto Brod nel 1909, e da lì a Brescia per assistere alla prima gara internazionale di volo aereo, della quale scrisse un umoristico resoconto pubblicato dal giornale “Bohemia” (ne abbiamo parlato in un precedente articolo su questo giornale). A fine 1912, innamorato di Felice, scrive vari racconti, tra cui La condanna, rivede il romanzo Il disperso, che poi Max Brod titolerà America e un capolavoro, La metamorfosi. Nel 1913, per sfuggire alla tensione con Felice, torna in Italia: Venezia, Desenzano, Riva al Sanatorium von Hartungen, una casa di cura dove si praticavano metodi naturali per la guarigione di varie malattie, soprattutto nervose e polmonari. Vi andarono anche i fratelli Mann, per citare gli ospiti più famosi.

A Riva conosce una ragazza cristiana, forse svizzera, di 18 anni, un dolce, tenero amore che nasce il primo ottobre e finisce il 12, quando lui deve tornare a Praga. Passeggiano insieme nel parco e fanno gite in barca.

Franz nel suo Diario: Dolcezza della malinconia e dell’amore. Riceverne il sorriso nella barca. Questa era la cosa più bella. Sono incapace di scrivere qualcosa di decisivo per il ricordo, ogni cosa si ribella a diventare parola scritta. Quando lui parte, lei lo accompagna alla stazione e scoppia in lacrime. Si sono promessi di non scriversi lettere, di tacere i loro nomi, e così avviene.

Il suo rapporto con Felice, che viveva a Berlino, era stato un amore soprattutto epistolare, anche due lettere al giorno, due fidanzamenti, incomprensioni costanti, coltelli girati nella piaga, mancanza di amore fisico. Nel 1914 scrive Il processo e Nella colonia penale, un racconto lungo che scosse Hannah Arendt: Il mondo di Kafka è senza dubbi un mondo terribile. E oggi sappiamo, forse meglio di vent’anni fa che esso non è solo un incubo, ma che riflette in maniera molto precisa la struttura della realtà in cui siamo costretti a vivere. La grandezza della sua arte è che ancora oggi riesce a dare le stesse sconvolgenti impressioni di allora e che l’orrore della Colonia penale non ha perso nulla della sua immediatezza malgrado la realtà delle camere a gas.

*L’AUTORE

Mario Baldoli, laureato in filosofia, insegnante in un liceo, giornalista, è stato direttore responsabile di “Tuttogarda” (2004-2005), periodico della Comunità del Garda. Dal 2009 è direttore della rivista online www.gruppo2009.it, collabora alla rivista “Atlante bresciano”. Due suoi saggi si trovano alla Library of Congress of Washington.

ARTICOLO A CURA DEL GRUPPO G9

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